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    IL CINEMA DEI GIUSTI - CON “MIA” IVANO DE MATTEO TORNA AL CINEMA SOCIALE ATTENTO AI TURBAMENTI DELLE CLASSI MEDIE DELLA BORGHESIA ITALIANA E AI CONFLITTI FRA PADRI E FIGLI. UN CINEMA CHE UNISCE LA RICERCA DELLE PICCOLE STORIE DI TUTTI I GIORNI AL MÉLO FAMILIARE AI CONFLITTI DI CLASSE. IN “MIA” L’ELEMENTO NUOVO È LA TOSSICITÀ DEI RAPPORTI FRA RAGAZZI, DOVE UNA QUINDICENNE FRAGILE PUÒ VENIR ROVINATA DA UN BULLO PIÙ GRANDE CHE… VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

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    Roma. Quartiere Marconi. Piccola borghesia. Sergio e Valeria, cioè Edoardo Leo e Milena Mancini, hanno una figlia quindicenne troppo bella, Mia, l’inedita Greta Gasbarri, che cade nella trappola di un ventenne bulletto e possessivo, oggi si dice tossico, di classe più alta, Riccardo Mandolini, che la vuole tutta per sé. Mia sarai sempre mia, le scrive sotto casa. Si spingerà troppo in là, esasperando un’altra tossicità, quella paterna.

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    Con “Mia” Ivano De Matteo torna al cinema sociale attento ai turbamenti delle classi medie della borghesia italiana e ai conflitti fra padri e figli che De Matteo, che, assieme alla sua cosceneggiatrice Valentina Ferlan, ha già trattato con eccellenti risultati fin dai tempi di “La bella gente”, “Gli equilibristi”, “I nostri ragazzi”. Un cinema che unisce la ricerca delle piccole storie di tutti i giorni al mélo familiare ai conflitti di classe.

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    In “Mia” l’elemento nuovo è la tossicità dei rapporti fra ragazzi, dove una quindicenne fragile e ancora ragazzina può venir rovinata da un bullo più grande che non solo le impone nuove regole, ovviamente sue e non condivise, ma la vede ancora come facile preda da sottomettere. Il modello, insomma, è ancora un intreccio di soprusi e reazioni da mélo matarazziano, che sopravvive ancora nei tempi di cellulari e social

     

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    Ma Ivano De Matteo lavora benissimo sia sulla scrittura dell’intreccio, sia sui diversi strati sociali, sia sulla geografia della Roma che descrive, sia sui cambiamenti umorali che attraversano i suoi personaggi. Non solo non abbandonandoli mai, ma accompagnandoli nelle loro scelte, giuste o sbagliate che siano, con uno sguardo che non diventa mai un giudizio morale o una qualche giustificazione, ma solo un'attenta descrizione. Evitando cioè di scivolare, da regista, nella tossicità del sentimentalismo. Al punto che le mosse del padre possono essere sì le mosse che da padri, spettatori, potrebbero essere anche le nostre, ma non c’è nessun tentativo di forzare verso quella direzione.

     

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    Questo rende il cinema di De Matteo qualcosa di assolutamente originale, di estremamente onesto nel panorama italiano. Come è originale e di grande ricchezza visiva il suo modo di girare, in 35 mm con bellissimi movimenti di camera (il direttore della fotografia è Giuseppe Maio). Chi gira più in 35 mm in Italia oggi? Chi ha tutta questa voglia di fare davvero del cinema? Non solo. All'interno di questa struttura visiva, narrativa, sociale, fa funzionare benissimo i suoi attori.

     

    Edoardo Leo riesce a passare dai toni della commedia al dramma alla perfezione, è credibile come fosse un Valerio Mastandrea più giovane, Milena Mancini è un volto nuovo e ormai consolidato del nostro cinema. I due ragazzi, Greta Gasbarri e Riccardo Mandolini, figlio nella realtà di Nadia Rinaldi, sono sorprendenti, senza contare i cammei di Giorgio Montanini e Vinicio Marchioni. In sala dal 30 marzo.      

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