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    IL CINEMA DEI GIUSTI - RITORNANO JO, MEG, AMY E BETH MARCH, LE “PICCOLE DONNE” DI LOUISA MAY ALCOTT, PER LA GIOIA DI GRANDI E PICCINI, IN UNA NUOVA VERSIONE PIÙ MODERNA E, OVVIO, ULTRAFEMMINISTA, E GIÀ IN ODORE DI TANTE NOMINATIONS AGLI OSCAR - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Ritornano Jo, Meg, Amy e Beth March, le Piccole donne di Louisa May Alcott, per la gioia di grandi e piccini, in una nuova versione più moderna e, ovvio, ultrafemminista, e già in odore di tante nominations agli Oscar.

    PICCOLE DONNE PICCOLE DONNE

     

    In questo Piccole donne scritto e diretto dalla regista di punta Greta Gerwig, già candidata a ben cinque Oscar senza vincerne nessuno per il suo precedente Lady Bird, c’è ovviamente un cast di primissima scelta, da Saoirse Ronan, che fa Jo con tutte le sue pazzie e la sua determinazione, a Emma Watson, la più giudiziosa e triste Meg, dall’emergente Florence Pugh, che è una Amy per nulla sciocchina, a Eliza Scanlan, che è la dolce e sfortunata Beth. Nessuna di loro è americana, la Ronan, pur nata a New York, è irlandese, la Watson e la Pugh inglesi e la Scanlon è addirittura australiana, ma fanno un bel quartetto di attrici di gran classe, le meno note Pugh e Scanlon le avete viste nell’horror Midsommar la prima e nel notevolissimo Babyteeth la seconda.

     

    Rispetto ai loro ruoli sono più o meno della stessa età delle ragazze March delle altre celebri versione della MGM, visto che la Jo di Katharine Hepburn nella meravigliosa versione firmata da George Cukor nel 1933 ne aveva 24, e quella di June Allyson nella versione a colori di Mervyn LeRoy del 1949 ben 32, mentre quella di Wynona Ryder del 1994, solo 23.

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    Forse l’ultimo Piccole donne, già femminista e di fatto il primo diretto da una donna, l’australiana Gillian Armstrong, aveva delle sorelle March un po’ più giovani, soprattutto se pensiamo a  Kirsten Dunst che ne aveva 12(e infatti divideva il ruolo con una attrice più grande) e Clare Danes che ne aveva 15. Ma devo dire che il cast delle quattro sorelle è perfetto, come sono perfette nei loro ruoli Laura Dern e Meryl Streep come la mamma e la zia delle ragazze, e i maschi, soprattutto Timothée Chalamet, nel ruolo di Laurie, e Louis Garrel, che fa Frederic Baher, non sono certo delle figurine di contorno, e sono ben più giovani dei maschi presenti nei film precedenti.

     

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    Per rendere più moderno il racconto, sembra su indicazione di Meryl Streep, la Gerwig ha scritto una serie di dialoghi legati al matrimonio e di battute che devono spiegare al pubblico di oggi le scelte delle ragazze. Come quello di Amy al bel Laurie quando spiega perché si sia indirizzata a un matrimonio di convenienza e non d’amore: “Non sono un poeta, sono solo una donna.

     

    E come donna non ho modo di fare soldi, non abbastanza per guadagnarmi da vivere e sostenere la mia famiglia. Anche se avessi i miei soldi, cosa che non ho, sarebbero di mio marito nel momento in cui ci saremmo sposati. Se avessimo figli, non apparterrebbero che a lui. Sarebbero di sua proprietà.”

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    Amy diventa così una ragazza che ha capito come va il mondo e sa che non vuole fare la vita da povera della sorella Meg, che si è sposata per amore, e non ha la forza di cambiare le cose e lottare come Jo. Come accade in Marriage Story di Noah Baumbach, il film del marito di Greta Gerwig girato più o meno contemporaneamente a questo e nel quale ritroviamo anche Laura Dern, gran parte della forza del racconto è proprio nelle scene di dialogo a due tra i personaggi.

     

    Il racconto segue il presente, con Jo a New York che vuole diventare scrittice, ha rifiutato il matrimonio con Laurie e è tornata nella casa di Concord, Massachuttes, a trovare Beth malata, mentre Amy è con la zia a Parigi, ma sono continui i rimandi al passato, con le quattro ragazze felici a casa della mamma e Laurie che è il loro amico del cuore. Girato e impaginato benissimo, grandi costumi e scenografe perfette, il film soffre di un po’ di leziosità, forse evidenziata dalla musica di Alexandre Desplat, e a tratti fa un po’ rimpiangere le vecchie versioni, penso soprattutto a quella meravigliosa di George Cukor con Katharine Hepburn, Joan Bennettm Jean Parker e Edna May Oliver come zia March, ma anche a quella di Wynona Ryder, che mi piacerebbe rivedere.

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    Le battute moderne, in realtà, funzionano, anche se un po’ tradiscono la prosa della Alcott. Delle quattro ragazze le più brave sono la Ronan e la Pugh, mentre Emma Watson, entrata all’ultimo per sostituire Emma Stone, ha un po’ meno ruolo. Se Louis Garrel è un po’ legnoso con quel nasone pensoso, Timothée Chalamet dà al film una leggerezza e un glam che non ci aspettavamo. Già in sala.

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