Pa.Ru. per “La Stampa”
FRANCESCO BOCCIA SI PRESENTA CON LA MASCHERINA ALL'ORECCHIO E BORRELLI SE LA RIDE
«Basta divisioni tra rigoristi e aperturisti, se è opportuno restringere - come io penso - allora che sia un sì collettivo». Hai voglia a sbracciarsi con appelli all'unità, come fa il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia.
Uno iscritto sin dalla prima ora al partito dei rigoristi ma allenato a dover mediare con le Regioni, dove anche governatori di peso del Pd, come l'emiliano Stefano Bonaccini, premono a favore di negozianti, balneari, discotecari e quanti reclamano un allentamento della stretta. Presentando i libri contabili in rosso. Ma facendo pesare anche il loro ruolo di "grandi elettori" quando ce n'è bisogno.
ROBERTO SPERANZA E DARIO FRANCESCHINI
La realtà è che la spaccatura tra partiti, Regioni e persino scienziati si ripropone pari pari anche questa volta, alla vigilia della preannunciata stretta di Natale. Caldeggiata nel governo dal consolidato trio Speranza, Franceschini e Boccia, quest'ultimo tacciato di essere addirittura «ipocondriaco» dai renziani schierati con l'ala aperturista più per esigenze di visibilità che per fede.
La tesi portata avanti dai rigoristi è più o meno sempre la stessa: «Ogni decisione assunta in ritardo provoca un aumento dei contagi e dei morti, che dopo aver pagato un prezzo salato alla pandemia imporrebbero dopo in forma più aspra e duratura la restrizioni che dovremmo decidere ora».
SILVIO BRUSAFERRO
Su questa linea hanno trovato l'appoggio degli uomini di peso del Cts, come il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro e quello del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli. Anche se poi gli stessi scienziati del Comitato non è che siano tutti così rigidamente schierati sulla linea del rigore.
Basti vedere l'ultimo verbale del Cts, partorito dopo una giornata di conclave e che ha irritato il ministro Speranza, che chiedeva una indicazione chiara delle misure da adottare anziché fumosi giri di parole, ai quali ha dato ordine di non apporre la loro firma ai suoi tre rappresentati ministeriali, capitanati dal super esperto direttore della prevenzione, l'ex Iss Gianni Rezza, che aveva proposto senza mezzi termini un'Italia rossa dalla Vigilia all'Epifania.
GIUSEPPE CONTE CON MASCHERINA
Soluzione che non convince il premier Conte, da tempo più mediatore che rigorista, da quando ha captato che il vento del consenso gira ora da un'altra parte. Ma i partiti stessi l'occhio lo buttano più che sui bollettini della Protezione civile sui sondaggi elettorali, che trascrivono il malumore di una popolazione stressata e preoccupata dalla situazione economica del Paese e dei propri bilanci familiari.
Salvini sa che la rabbia di artigiani, commercianti, piccoli imprenditori è quella del suo popolo leghista e da tempo ha sposato la linea aperturista, mettendo quando può il dito nella piaga delle divisioni tra gli scienziati nominati dal governo per indicare il da farsi.
IL FOTOMONTAGGIO DI SALVINI MELONI E TAJANI CON UN MALATO DI CORONAVIRUS
Non a caso la sua alleata Meloni si è mostrata sempre più prudente, cavalcando sì la protesta degli autonomi, ma senza dimenticare la paura pandemica di parte dei suoi elettori, quelli che lavorano nella pubblica amministrazione. Peccato che il virus si muova infischiandosene dei sondaggi e dei calcoli di bottega.