Maurizio Belpietro per la Verità
Pochi giorni fa il Corriere della Sera ha ricordato le terribili immagini del 2020, quando nella notte del 18 marzo una colonna di camion dell'esercito trasportò nei cimiteri di altre regioni i morti della provincia di Bergamo. Settanta mezzi militari carichi di bare attraversarono in un silenzio irreale la città.
CORONAVIRUS - BARE A BERGAMO
Dopo la vittoria della Nazionale a Wembley, le stesse vie percorse dal funereo corteo sono state teatro di altre immagini, ma questa volta di festa. Un simbolo di riscatto, hanno scritto sui social: «È bello, bellissimo». Tutto dimenticato, dunque? No, per niente. Anche noi siamo felici che in via Borgo Palazzo non ci fossero gli autocarri carichi di vittime, ma i tifosi dell'Italia. Tuttavia, nonostante le magnifiche parate di Gigio Donnarumma e l'altrettanto magnifico gol di Leonardo Bonucci, non abbiamo nessuna voglia di archiviare ciò che è accaduto a Bergamo nel marzo dello scorso anno. E credo che insieme a noi, a voler ricordare, ma soprattutto capire, siano in tanti, per di più tra i familiari delle persone scomparse.
All'inizio della mia carriera ho lavorato a Bergamo per quattro anni, conosco benissimo la Valseriana da cui è partito il primo focolaio e ad Alzano Lombardo, il cui ospedale è divenuto tristemente famoso anche ai siciliani, sono nate le mie figlie. Dunque, diciamo che, pur non avendo perso nessuno a causa del Covid, ho un motivo per capire come un paese con meno di 15.000 abitanti, famoso per le Cartiere Pigna, quelle che hanno sfornato quaderni per generazioni di studenti, sia diventato la Wuhan italiana.
esercito a bergamo per portare via le bare 3
Ovviamente non sono a caccia dell'untore o del paziente zero: sono alla ricerca delle responsabilità. In particolare, di coloro che in quei primi giorni di marzo dello scorso anno, quando si capì che, a differenza di ciò che ci era stato raccontato da Speranza e compagni, il virus era già fra noi, non fecero ciò che era necessario, ovvero chiudere.
Per settimane, già all'epoca ci si interrogò sulle ragioni che spinsero le autorità a non dichiarare Alzano e dintorni zona rossa. Erano i giorni dei brindisi solidali, quando Milano e Bergamo non si fermavano, con sindaci e governatori pronti a manifestare vicinanza alla comunità cinese. Erano i giorni in cui Attilio Fontana, avendo indossato davanti alle telecamere una mascherina chirurgica, veniva preso in giro perfino da ministri e capi della Protezione civile.
esercito a bergamo per portare via le bare 4
Ma erano soprattutto i giorni in cui a un certo punto ad Alzano arrivarono centinaia di uomini delle forze dell'ordine e dell'esercito. Tutto sembrava pronto per dichiarare zona rossa la Valseriana o per lo meno una parte di essa. Invece, gli uomini in divisa pernottarono per qualche giorno in albergo e poi se ne andarono, salvo ritornare dieci giorni dopo con i camion per caricare le bare e portarle in altre regioni, perché i cimiteri di Bergamo erano al collasso.
l esercito porta le bare fuori da bergamo
Ecco, è passato oltre un anno da quei giorni, ma ancora non sappiamo chi ordinò il dietrofront, facendo ritornare in caserma i militari. E purtroppo, nonostante la voglia di capire perché non si intervenne subito ma si preferì tergiversare lasciando che il virus corresse, rischiamo di non saperlo. Già, perché nonostante le molte inchieste, nonostante le molte interrogazioni, lo Stato non ha alcuna intenzione di alzare il velo su quanto accaduto.
bare a bergamo
Il Tar aveva dato ragione ai familiari delle vittime che chiedevano l'accesso agli atti per capire chi avesse deciso di far rientrare i militari senza dichiarare la zona rossa, ma l'Avvocatura dello Stato è ricorsa al Consiglio di Stato e ieri i magistrati amministrativi hanno sentenziato che la decisione del Tar non era ben argomentata, dunque hanno respinto la richiesta. Alzano e dintorni dovevano essere isolati, come accaduto a Codogno o a Vo' Euganeo, già il 2 marzo, ma inspiegabilmente qualcuno decise il contrario. Anzi, costrinse soldati e forze dell'ordine già accampati nei paraggi a levare le tende.
conte speranza
Così, a distanza di un anno e quattro mesi, ancora non sappiamo come e perché la Valseriana divenne il lazzaretto d'Italia. E dire che fino a poco tempo fa a Palazzo Chigi dettava legge un uomo come Giuseppe Conte, oggi aspirante leader di un movimento che aveva fatto della trasparenza una delle sue ragioni di crescita. Non erano loro, i grillini, quelli che volevano aprire il Parlamento con un apriscatole per mostrarne i segreti al popolo? Non erano i 5 stelle a volere la diretta streaming per rendere tutto pubblico? Bene, ora hanno un'occasione straordinaria: chiedere la desecretazione di quegli atti, per far sapere ai parenti delle vittime chi preferì girare i tacchi invece di intervenire.
CONSIGLIO DI STATO
Da Agi.it
Esercito a Nembro marzo 2020
I cittadini non possono sapere sulla base di quali atti 400 uomini e donne, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito, vennero inviati in Val Seriana il 5 marzo 2020 e poi ritirati 3 giorni dopo, determinando così la mancata “zona rossa” in anticipo sul lockdown nazionale che potrebbe avere contribuito a fare di questo territorio in provincia di Bergamo uno dei focolai Covid più micidiali al mondo.
È questo l’esito, almeno per ora, di un complesso iter di accesso agli atti cominciato quasi un anno fa dall’AGI con una richiesta al Ministero dell’Interno di poterli consultare.
Esercito a Nembro marzo 2020 4
Lo ha deciso il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso del Ministero di sospendere la decisione presa all’inizio di giugno dal Tar che aveva invece ordinato di renderli pubblici entro 30 giorni perché non ci sarebbero state «ragioni di sicurezza o militari» a impedirlo. E nemmeno ragioni di segretezza giudiziaria perché il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani, chiamato a esprimersi dal Tar sul punto, ha scritto che divulgare i documenti non rovinerebbe le indagini.
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Il primo «no» del Ministero all’AGI era arrivato il 6 novembre dello scorso anno. Si negavano «gli atti inerenti l’impiego e il ritiro dei militari nelle zone dei Comuni di Nembro e Alzano» richiamandosi alle «cause di esclusione» previste dalla legge cioè «la sicurezza e l’ordine pubblico», la «sicurezza nazionale», «la difesa e le questioni militari», «“la conduzione dei reati e il loro perseguimento».
Il Tar, a cui l’AGI si era rivolta attraverso un ricorso scritto dall’avvocato Gianluca Castagnino, ha respinto la tesi del Ministero sottolineando che l’accesso civico «è finalizzato a favorire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche».
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Secondo i giudici Francesco Arzillo e Daniele Bongiovanni, rendere pubbliche le carte non comporterebbe nessun pericolo perché «la richiesta è stata formulata nel settembre 2020 quando la questione della ‘chiusura’ delle aree era superata da tempo», «si tratta di un’attività di impiego di militari in un ambito toponomastico e temporale circoscritto e non si inquadra in un contesto più ampio finalizzato alle modalità di contrasto al crimine e di tutela della sicurezza pubblica, tanto che una loro divulgazione vanificherebbe la strategia individuata dalle forze di polizia» e la stessa Procura ha detto che non sono atti coperti da segreto.
Consiglio di Stato
Per questi motivi, l’organo di giustizia amministrativa aveva ordinato di rendere accessibili gli atti nel giro di un mese. Ma il Ministero dell’Interno si è visto dare ragione dal Consiglio di Stato al quale aveva chiesto di sospendere la decisione del Tar.
Nell’ordinanza firmata dal presidente Michele Corradino e dall'estensore Giovanni Pescatore, i giudici dicono che ha ragione il Ministero a lamentare che il Tar non abbia spiegato bene perché non ci sono ragioni contrarie alla divulgazione. Manca solo un ultimo «gradino» ora: la decisione nel merito del Consiglio di Stato la cui data è ancora da fissare. In questi casi, è raro che il merito «smentisca» la sospensiva.
Agi - Agenzia Italia
Rischia dunque di restare un mistero sulla base di quali atti Governo e Regione, entrambe ne avevano facoltà, decisero di non dare corso al suggerimento degli esperti del Cts che il 5 marzo scriveva: «I dati in possesso rendono opportuna l’adozione di un provvedimento per inserire Alzano Lombardo e Nembro nella ”zona rossa”».
Val Seriana
Così come era già accaduto per Codogno e altri Comuni del Lodigiano che, in termini di vite e contagi, hanno pagato un prezzo meno severo di quello della Val Seriana.
«Si tratta dell'ennesimo e inaccettabile tentativo di insabbiare la verità su quanto successo nella bergamasca più di un anno fa. La strage di Bergamo non sarà un'altra Ustica né una delle altre stragi italiane finite con un nulla di fatto. In Italia ci sono stati più di 120 mila morti ufficiali. Che la politica si prodighi a fare in modo che alcuni documenti non vengano messi a disposizione dei cittadini, evidentemente la dice lunga sulle responsabilità di molti». Così Consuelo Locati, la legale che guida il pool di avvocati impegnati nella causa civile contro Governo e Regione Lombardia per conto di 500 familiari, commenta il ricorso vinto dal Ministero dell'Interno davanti al Consiglio di Stato.
giuseppe conte roberto speranza
«E soprattutto - prosegue - è un altro gesto di indifferenza becera verso tutti i familiari, rei evidentemente di chiedere legittimamente gli atti con cui la politica ha deciso delle vite di tutti. L'ordinanza ha più il sapore della politica che della giustizia. E ancora una volta abbiamo la sensazione forte che la politica continui a uccidere astrattamente più del virus».
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Arrivano reazioni anche dalla politica. Secondo il deputato di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami «non ci vuole un genio per capire che in quei documenti sono contenute informazioni scomode che il governo non vuole vengano divulgate per non subirne le conseguenze».
maurizio belpietro sulla terrazza dell atlante star hotel (1)
ALZANO LOMBARDO