Rocco Cotroneo per corriere.it
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Prima di arrendersi all’evidenza, hanno tenuto aperte le loro chiese - o templi, come preferiscono chiamarli - fin quando hanno potuto, incuranti dell’affollamento. Ma in nome della guerra alla pandemia maligna, opera del demonio, non hanno rinunciato a chiedere libertà piena e una franchigia alle restrizioni. Lassù c’è qualcuno che li appoggia in tutto, e non è il padreterno, ma Jair Messias Bolsonaro, il capo di Stato più negazionista del pianeta.
Disputa teologica
E così in un Paese dove il coronavirus è assurto a disputa più teologica che scientifica, il legame tra le chiese evangeliche brasiliane e il governo di estrema destra si è ulteriormente consolidato, in nome di una lotta alla pandemia del tutto originale. A differenza dei cattolici che hanno seguito tutte le disposizioni di Roma e l’esempio del Papa.
Vescovi e apostoli pentecostali battono duro attraverso la capillarità dei social e influenzano la politica: vorrebbero continuare a poter ricevere i fedeli, quasi tutti in quartieri poveri e favelas, e temono di perdere l’enorme flusso che arriva loro attraverso la decima obbligatoria. Denaro senza il quale non possono tenere in piedi mega strutture con decine di migliaia di sedi e pastori, giornali, catene di radio e televisione e naturalmente il tenore di vita elevato dei loro leader, in centinaia di sigle diverse tutelate dall’esenzione fiscale e dagli obblighi contabili.
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La lobby politica
Sono decine e decine i parlamentari a Brasilia legati al voto evangelico e dedicati a sostenere la causa nella lobby più potente del Brasile. Lo stesso Bolsonaro deve loro l’elezione, così come molti amministratori locali, come il «vescovo» Marcelo Crivella, sindaco di Rio de Janeiro. Con un bilancio di vittime che si sta impennando, seppure in ritardo rispetto a Europa e Stati Uniti, in Brasile i luoghi di culto evangelici hanno via via dovuto chiudere i battenti. Obbedendo alle disposizioni di governatori e sindaci, e costretti dall’atteggiamento della grande maggioranza dei cittadini, che si sono imposti la quarantena quando hanno potuto.
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Satana e quarantena
Lo scorso 26 marzo, Bolsonaro era riuscito a inserire le chiese nella lista dei «servizi essenziali» che avrebbero dovuto continuare a funzionare. Leader religiosi con milioni di fedeli come Edir Macedo e Silas Malafaia assicuravano che l’apertura si rendeva necessaria per consentire le preghiere che avrebbero annientato la piaga. Il primo, leader della potente Universal del Regno di Dio, scriveva che il virus era una tattica satanica, nulla di più di una semplice influenza e che i fedeli non si sarebbero dovuti preoccupare. Malafaia intanto sposava e rilanciava le teorie di Bolsonaro sui danni dell’isolamento sociale, sulla fame che provocherà tra i più poveri, con danni assai maggiori di quelli del virus.
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Scacco a Bolsonaro
Poi la forza degli eventi ha prevalso e per Bolsonaro è arrivato lo smacco. Il suo decreto di flessibilizzazione delle chiusure, che comprendeva i luoghi di culto, è stato fermato dalla giustizia. Il Brasile sta arrivando rapidamente alla cifra di 1.000 morti e le comunità più povere, dove gli evangelici dominano la scena religiosa, sono diventate vere e proprie bombe biologiche a tempo. Dalle voci nell’etere, i pastori invitano ad assistere ai culti online dove possibile, ma soprattutto a non dimenticare i versamenti mensili, sempre attraverso la rete. Un giovane e sveglio imprenditore del web, Rafael Lazzaro, ha raccontato al sito Agencia Publica come la sua app per le donazioni online «Eu Igreja» abbia avuto un boom senza precedenti. Tecnologie di oggi applicate a schemi di sempre: dalle loro magioni in Florida i leader evangelici ringraziano.
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