Massimo Giannini per “Affari & Finanza - la Repubblica”
BONALDO STRINGHER
Formidabili, quegli Anni '20. Alla Banca d' Italia, Tempio inviolabile e impermeabile a qualunque incursione degli "infedeli" della politica, il governatore Stringher sceglieva il suo futuro successore al vertice della Banca d' Italia con un "metodo" semplice. Lo racconta Guido Carli nelle sue memorie: il candidato veniva prima torchiato a dovere dal capo del Servizio Sconti, poi sottoposto al test finale: due chiodi di ferro intrecciati tra loro, da districare nel minor tempo possibile. Un giovanotto, Donato Menichella, se la cavò in pochi secondi. E così Stringher decise che sarebbe diventato un grande governatore.
Sono passati quasi cent' anni. Oggi la Banca d' Italia non è più quel Tempio inviolabile. E dopodomani Ignazio Visco leggerà le sue Considerazioni Finali senza sapere se per lui saranno le ultime, o se dopo di lui ci sarà un altro Menichella, o se invece gli "infedeli" avranno la meglio e piazzeranno l' Alieno, cioè un esterno di loro fiducia. Sarebbe la Caduta del Muro di Via Nazionale. La fine di un mito, l' autonomia istituzionale come "alterità" radicale, che finora ha conosciuto la sola "eccezione" (immediatamente metabolizzata dalla "regola") di Mario Draghi.
LA PRIMAVERA CALDA
DONATO MENICHELLA
Tra l' assemblea annuale della Consob celebrata l' 8 maggio, e quella di Bankitalia fissata il 31, l' autunno caldo delle nomine è già cominciato a primavera. Giuseppe Vegas scade il 15 dicembre, e dopo sette anni non è rinnovabile. Ignazio Visco scade il 31 ottobre, e dopo sei anni è invece rinnovabile. Ce n' è abbastanza per scatenare l' assedio di una politica agitata dal demone populista.
Non solo Grillo, il vernacoliere del Vaffa anti-élite. Ma anche Renzi, l' alfiere della rottamazione a giorni alterni. E persino Berlusconi, il cavaliere dell' inciucio a tutti i costi. Tutti pronti a trasformare in una Rai qualsiasi due istituzioni di garanzia, sulle quali si gioca un pezzo di credibilità del Paese. In un' Italia "normale" non ci sarebbe nulla di scandaloso se dopo una seria e responsabile disamina dell' operato di Vegas e Visco di questi anni il "sistema" si esprimesse per una forte discontinuità.
guido carli 2
I due "vigilanti" avranno senz' altro fatto il loro dovere "a legislazione vigente" (e insufficiente). Ma è evidente che nella rete dei controlli in questi anni qualcosa è sfuggito. E quindi cambiare si può. In altre democrazie moderne, molto più stabili e attrezzate della nostra, questo succede senza che si gridi alla lesa maestà. Accadrà alla Fed americana a febbraio, quando scadrà il mandato di Janet Yellen. Alla Banca centrale giapponese ad aprile, quando lascerà Haruhito Kuroda. Alla Bundesbank nel 2019, quando l' uscita di scena toccherà a Jens Weidmann.
Hai fatto male? Lasci. Hai fatto bene? Raddoppi. Ma l' Italia non è un Paese normale. Non siamo normali per ragioni economiche. Abbiamo il secondo debito pubblico del mondo. Un sistema bancario gravato da 345 miliardi di crediti deteriorati lordi. Mps appesa a una "ricapitalizzazione precauzionale" da 9 miliardi. Le due banche venete con più di 15 miliardi di depositi già bruciati. I mercati che hanno già cominciato la ritirata dai titoli tricolore. La Bce che ad ottobre avvierà il "tapering", cioè la riduzione progressiva degli acquisti di Btp.
I MOTIVI POLITICI
Non siamo normali per ragioni politiche. Abbiamo un sistema bloccato, con una maggioranza instabile, un tripolarismo immobile e un meccanismo elettorale ingestibile. E un governo ammaccato, che in autunno deve fare una maxi-manovra con la minaccia delle elezioni anticipate e dell' esercizio provvisorio. In questo inquietante "sommario di decomposizione" chi si assume la responsabilità di rivoluzionare gli assetti, non tanto in Consob, quanto soprattutto in Banca d' Italia? Ci provano. Ma non ci riusciranno. A impedirglielo saranno i Guardiani della Continuità.
IGNAZIO VISCO
Il primo (il più potente) si chiama Sergio Mattarella. Il secondo (il suo attendente) si chiama Paolo Gentiloni. Il terzo (il più influente) si chiama Mario Draghi. Contro la riconferma di Ignazio Visco, che dopodomani nelle Considerazioni Finali stilerà la sua ferma auto-arringa, è all' opera una Resistibile Armata. Ne fa parte Silvio Berlusconi, che non ha gradito la "sentenza" con cui Palazzo Koch ha imposto a Fininvest di ridurre dal 18 al 10% la sua quota in Mediolanum.
IL FRONTE NAZARENO
Ma la guida Matteo Renzi, con il suo (appassito) Giglio Magico. Il neo-leader del Pd è partito all' attacco del governatore usando la "clava" della commissione parlamentare d' inchiesta sulle banche. «Se c' è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino all' aprile 2018 - ha detto agli amici del Foglio - è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire». Più chiaro di così l' ex premier non poteva essere.
Renzi scarica su Bankitalia colpe che sono anche sue. Non ha mai digerito il modo in cui Visco ha gestito l' applicazione della direttiva Ue sul bail in (mentre il primo a sottovalutarne o a tacerne la portata fu proprio lui). E non ha digerito neanche il modo in cui la Vigilanza ha gestito la crisi di Banca Etruria. Maria Elena Boschi sul Corriere della Sera ha accusato Via Nazionale che "un anno fa suggeriva a Banca Etruria un' aggregazione con la Popolare di Vicenza" guidata da Zonin, poi quasi fallita a sua volta.
VISCO MATTARELLA1
Il rilievo non è peregrino. È vero che il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo accusò per iscritto il cda di Etruria per aver "lasciato inevasa" la proposta di acquisizione e aver rifiutato l' integrazione con "un partner di elevato standing". Ed è altrettanto vero che se quella fusione fosse andata in porto, visto il crac successivo di Vicenza, il bagno di sangue per i risparmiatori sarebbe stato anche maggiore.
Ma quello che la Boschi non dice (e che ora ha meritoriamente rivelato Ferruccio de Bortoli) è il suo gigantesco conflitto di interessi: proprio in quel periodo lei stessa chiedeva a Ghizzoni di far comprare dal colosso Unicredit la banca aretina di cui suo papà Pierluigi era vicepresidente. Dettagli, per la Consorteria Toscana di rito renziano. Che dunque in Banca d' Italia vorrebbe fare piazza pulita, e portare da fuori un "economista del consenso" come Marco Fortis, il professore più "pro-ciclico" e governista in circolazione.
Per riuscirci bisogna "mascariare" Visco, e la Commissione parlamentare d' inchiesta è utile per questo. Cammino tortuoso Ma per l' ex premier il cammino è accidentato. Come si sostiene al piano nobile di Palazzo Koch, e come conferma uno dei più importanti rappresentanti del mondo bancario del Paese, "dalla commissione potrebbe uscire un risultato che non indebolisce, ma piuttosto rafforza la Banca d' Italia". Senza i vincoli del "segreto d' ufficio" (al quale è altrimenti tenuto) Visco potrà esibire tutti gli interventi di Vigilanza effettuati in questi tre anni.
ignazio visco mario draghi
Su Mps, su Etruria e le altre tre banche in risoluzione, sulle Venete, su Carige, su Bari e su tutte le altre non transitate sotto il controllo diretto della Bce. «Lì si capiranno molte cose. E cioè che Via Nazionale, con i poteri che la legge gli mette a disposizione, ha fatto tutto quello che poteva. La stessa cosa, semmai, non si può dire della magistratura ». Gli esempi non mancano. Il crac di Banca Marche: la Vigilanza segnala "gravi irregolarità" nel 2010, ma la Procura di Ancona misteriosamente apre un fascicolo contro Massimo Bianconi solo nel 2013.
Il crac Veneto Banca: i primi rilievi della Vigilanza sono del 2009, la Procura di Treviso si muove contro Vincenzo Consoli solo nel 2016, ma nel frattempo vengono fuori viaggi in Brasile con il comandante della Guardia di Finanza trevigiana, regali di lusso al presidente del Tribunale Giuseppe Schiavon, ricche consulenze legali a Ippolita Ghedini moglie del procuratore Michele Dalla Costa. Il crac Carige: Bankitalia segnala "violazioni" nel 2010, Giovanni Berneschi viene arrestato solo nel 2014, ma intanto si scopre che l' ex procuratore capo Francesco Lalla e il giudice Roberto Fucigna avevano chiesto più volte favori al patron della cassa genovese.
L' elenco potrebbe continuare. E svelare, intorno alle famose o famigerate "banche del territorio", un groviglio di omissioni e collusioni molto più complesso, Un sistema di potere del quale hanno fatto spesso parte le toghe, e nel quale la Banca d' Italia non ha strumenti per intervenire.
renzi con il padre suo e di boschi e rosi di banca etruria stile amici miei
I GUARDIANI DELLA CONTINUITÀ
Visco queste cose le accennerà, con il linguaggio "cifrato" delle Considerazioni Finali. Le dice spesso, con un più rilassato slang napoletano, agli amici che in questi giorni gli vanno a parlare e ai quali confida "a volte mi viene davvero voglia di mandare tutti a quel paese". E soprattutto le ha spiegate al Capo dello Stato, con il quale i rapporti sono sempre più solidi e stretti.
Già a fine ottobre 2015, nel pieno della bufera su Etruria-Marche-Carichieti- Cariferrara, Mattarella intervenne pubblicamente per difenderlo, esaltando "la preziosa e fondamentale azione di vigilanza della Banca d' Italia". Nell' ultimo anno il governatore ha varcato la soglia del Quirinale almeno cinque volte. L' ultima è stata forse risolutiva. «Il presidente della Repubblica lo ha rassicurato - racconta un amico comune annunciandogli che ha già concordato tutto con Gentiloni: la rottamazione in grande stile non passerà. Anche Draghi lo ha ribadito: in un momento così delicato non possiamo permetterci di cambiare i vertici delle due più importanti autorità di controllo dei mercati: all' estero daremmo un segnale di debolezza destabilizzante».
ghizzoni boschi etruria
Quindi, salvo sorprese, nessun Alieno calato da fuori. Nè Fortis né Lucrezia Reichlin (già capo della ricerca Bce). Nè Andrea Enria (direttore dell' Eba a Londra) nè Ignazio Angeloni (membro della vigilanza Bce). «Anche perché - come avverte un illustre ex di Via Nazionale, ora passato ad altri e alti incarichi all' estero - io che li conosco bene vi dico che se gli imponessero un governatore 'esterno' un minuto dopo scatterebbero dimissioni di massa ». Ma a questo punto, continuità per continuità, diventa improbabile anche l' ipotesi di una promozione da dentro. Né Salvatore Rossi (direttore generale) né Fabio Panetta (vicedirettore generale con delega sulle banche).
Lo stesso Renzi, da quello che si capisce, se ne sarebbe fatto una ragione. E questo spiegherebbe anche l' ultimo "cedimento" del Pd alla Camera sui tempi di approvazione della Commissione parlamentare d' inchiesta, nuovamente slittati martedì scorso. È inutile "armarla", se il fortino di Palazzo Koch è già blindato dai corazzieri del Colle. La prova definitiva? Dopodomani proprio Mattarella sarà seduto al posto d' onore nel Salone dell' Assemblea, ad ascoltare le Considerazioni Finali di Visco. Nessun presidente della Repubblica l' ha mai fatto. Più "blindatura" di questa...
lucrezia reichlin
TENTAZIONE MERCATISTA
Alla Consob sembra tutto più facile. O forse tutto più difficile. Dipende dai punti di vista. È più facile perché c' è una certezza: Giuseppe Vegas chiude il suo ciclo a metà dicembre, e per statuto non può essere rinnovato. In giro nessuno si straccia le vesti per questo. L' ex viceministro di Tremonti nel governo Berlusconi ha attraversato con discreti danni reputazionali sia la vicenda Etruria (con l' autorizzazione benevolmente concessa ai rosei prospetti informativi dei bond di una banca sull' orlo del default) sia la vicenda degli "scenari probabilistici" (inopinatamente eliminati dai prospetti sulle obbligazioni subordinate).
Vegas si è difeso attaccando, all' assemblea dell' 8 maggio. Sugli "effetti distorsivi" della direttiva sul bail in, sul decreto salvabanche del 2015 che ha "minato la fiducia nelle banche", sui maggiori poteri richiesti e negati alla Commissione. Tutto inutile. Chi si fa un giro ai piani alti di Piazza Verdi, si sente dire questo: "Purtroppo è vera l' accusa che ci muovono: in questi anni abbiamo tutelato più le banche dei risparmiatori". Non c' è altro da aggiungere. In Consob la discontinuità è davvero irrinunciabile.
giuseppe vegas
E allora tutto è possibile. La nomina spetta al governo, e dunque a Gentiloni e Padoan. Ma in questo caso il peso dell' azionista di maggioranza (il Pd renziano e ormai di nuovo Nazareno) sarà determinante. La soluzione interna porta verso uno dei tre commissari più prestigiosi e preparati, Giuseppe Maria Berruti (decisamente in vantaggio su Di Noia e Genovese). Ma ha due "difetti": è un magistrato (voluto in Consob proprio dal governo Renzi), e in Cassazione ha presieduto l' Ufficio Centrale elettorale responsabile della "traslazione" del quesito referendario sulle trivelle, notoriamente inviso allo stesso Renzi. Secondo "l' esprit florentin" (e a dispetto dei molti complimenti che gli dispensa la Boschi), potrebbe essere considerato "inaffidabile".
La soluzione esterna porta ovunque e in nessun luogo. Come teme un altro ex Grand Commis: "Può rispuntare ancora Fortis, oppure possiamo ritrovarci un capo di gabinetto dirottato da un ministero, oppure un bel politico trombato. Per la Consob sarebbe un suicidio, ma si sa, le esigenze di aggiustamento politico di una maggioranza sono infinite". Verissimo, purtroppo. E allora non resta che formulare auspici, di qui al prossimo autunno.
SFIDE INCROCIATE
Carlotta De Franceschi
Il mercato finanziario e la Borsa vanno incontro a sfide cruciali. La legge sulle banche popolari da rischedulare. Il Mifid2 che parte da gennaio 2018 con nuovi presidi a tutela dei risparmiatori, e richiederà un sicuro braccio di ferro tra le Vigilanze nazionali e l' Esma. Se tutto questo è vero, sarebbe ora di riportare su quella poltrona non solo un giurista, ma anche e soprattutto un economista che conosca a menadito i mercati finanziari, nazionali e internazionali.
Servirebbe un altro Spaventa, o un altro Padoa- Schioppa. Se ne conoscete qualcuno, segnalatelo Renzi, che invece pare stia pensando a un altro "petalo" del solito Giglio Magico: Carlotta De Franceschi, giovane bocconiana che tra i suoi titoli, oltre a Goldman Sachs, vanta soprattutto una consulenza col governo dell' amico Matteo. Incrociamo le dita, in attesa che venga fuori qualcuno capace di sciogliere i chiodi di Bonaldo Stringher.