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Marco Giusti per Dagospia
Reno, Nevada, ai tempi dell'incontro Tyson-Douglas, finito con la vittoria finale per ko di Tyson. E' li' che si svolge uno dei film più belli e commoventi del Festival di Roma, "The Motel Life" opera prima di Gabe e Alan Polsky. Un film diretto da due fratelli che mette in scena la triste storia di altri due fratelli, Frank e Jerry Lee Flannagan, interpretati dall'Emile Hirsch di "Into The Wild" e dallo Stephen Dorff di "Somewhere".
Orfani di madre da quando erano quindicenni, il padre se ne era andato prima, i due Flannagan sono soli al mondo. E Hirsch difende Dorff, che ha perso una gamba da piccolo, cercando di prendere un treno in corsa assieme al fratello, nelle sue debolezze e stravaganze. Ubriaco, ha travolto un ragazzino in bicicletta. E' morto. Era solo e orfano come loro. Per evitare la polizia i due scapperanno verso Elko, sempre in Nevada, inseguiti dai loro ricordi e dove Hirsch ha lasciato la ragazza che ama, Dakota Fanning, che ritrova in un'orgia (vedere l'ex bambina prodigio di Hollywood che fa un blowjob a un ciccione sara' un duro colpo).
Per proteggersi i due, la notte, si raccontano delle storie fantastiche che diventano animate. Film di grande tenerezza, tratto da un romanzo di Willy Vlautin, dickensiano nell'anima, ma con due personaggi che sembrano ripresi da Cormac McCarthy, "The Motel Life" rivela due registi di grande talento e conferma due attori strepitosi. Ci ha lasciati non cosi' convinti il complesso, strano e attesissimo ultimo film della grande Kira Muratova, "Eterno ritorno: provini". Un regista e una specie di possibile produttore guardano una serie interminabile di provini in bianco e nero dove si ripete sempre la stessa scena, quasi una barzelletta.
Un vecchio compagno di scuola si presenta a casa di una donna e chiede un consiglio sulla sua storia d'amore con due donne, la moglie e l'amante. Il divertimento della situazione, abbastanza assurda, e' tutta nelle piccole varianti della storia, delle ambientazioni, dei costumi, ma soprattutto del cast dei due protagonisti. Nei due ruoli, infatti, si alternano grandi nomi del cinema russo, come Oleg Tabakov e la stessa Muratova.
Gia' vederli recitare con le magliette di Kurt Cobain o davanti a uno schermo piatto Samsung o con i manifesti di Madonna attaccati al muro dovrebbe indicarci il tipo di operazione. Una sorta di divertimento moralistico alla Campanile sul degrado del cinema sovietico e dei modelli di recitazione. Purtroppo non riusciamo a cogliere totalmente l'ironia del film della Muratova, anche perche' non conosciamo cosi' bene gli attori, e si rimane un po' intrappolati dalla stessa ossessione della situazione ripetuta. Alla fine mi sono un bel po' addormentato.
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