Chiara Clausi per “il Giornale”
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L'Iran rischia di implodere, travolto dalle proteste più forti degli ultimi decenni, e il regime reagisce anche all'esterno in maniera violenta. Secondo il prestigioso quotidiano americano Washington Post, che scoprì il Watergate, Teheran ha intensificato gli sforzi per rapire e uccidere funzionari governativi, attivisti e giornalisti nel mondo, inclusi gli Stati Uniti. Nel mirino della Repubblica islamica sono finiti ex funzionari del governo americano, dissidenti espatriati ma anche media critici del regime e civili ebrei o comunque legati ad Israele, e persino intellettuali come il francese Bernard-Henri Lévy.
«L'intensità della campagna si riflette nella portata globale», scrive il quotidiano statunitense, osservando come lo scorso anno sono stati sventati i tentativi di assassinare l'ex consigliere alla Sicurezza nazionale Usa John Bolton a Washington, rapire la giornalista e blogger iraniano-americana Masih Alinejad, mentre Lévy è finito nel mirino della Forza Quds, l'unità d'élite dei Pasdaran, probabilmente perché considerato un intellettuale di livello internazionale critico con la leadership iraniana.
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Secondo il Washington Post, le forze speciali delle Guardie della rivoluzione avevano ingaggiato un narcotrafficante iraniano e lo avevano pagato 150mila dollari per aiutare a reclutare altre persone per uccidere l'intellettuale francese. Il Post afferma di aver consultato «documenti governativi» e intervistato «circa quindici funzionari dell'intelligence statunitense, europea e mediorientale» per compiere l'inchiesta. Ogni volta il procedimento adottato si ripete: gli agenti iraniani avvicinano «affiliati» per portare a termine i loro piani, ladri di gioielli, spacciatori di droga e altri criminali e offrono loro centinaia di migliaia di dollari.
Ma questo approccio poco affidabile ha probabilmente causato il fallimento di alcune operazioni, in quanto i piani sono stati sventati e, in alcuni casi, i sicari assoldati potrebbero aver avuto paura e non hanno mai eseguito gli ordini.
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La volontà di uccidere cittadini americani sarebbe alimentata, secondo gli esperti interpellati dal quotidiano americano, anche dalla sete di vendetta per l'uccisione di Qasem Soleimani, avvenuta per mano statunitense nel 2020. Dei 124 complotti iraniani per colpire all'estero dal 1979, afferma l'ex funzionario dell'antiterrorismo americano Matthew Levine, ben 36 sono avvenuti infatti dopo l'uccisione di Soleimani.
Ma la sequela di azioni non Per uccidere lo scrittore francese la Quds Force aveva dato 150mila dollari a un trafficante di droga si ferma qui. I Pasdaran potrebbero essere dietro anche ai recenti attacchi in Germania alle sinagoghe del Nordreno-Vestfalia. A riferirlo questa volta è il programma Kontraste della tv pubblica tedesca Ard.
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Mente delle operazioni potrebbe essere un tedesco-iraniano del mondo criminale, Ramin Y, sospettato di guidare un comando operativo che compie attacchi in Germania per conto dei Pasdaran. Nella notte tra il 17 e il 18 novembre sono stati sparati dei colpi di pistola contro la casa del rabbino della vecchia Sinagoga di Essen. Poco dopo c'è stato un fallito attentato incendiario alla sinagoga di Bochum, per cui è stato arrestato un cittadino tedesco-iraniano. Si indaga anche su un attacco progettato contro la sinagoga di Dortmund.
il videogioco spacciato per omicidio di soleimani
Si sospetta che il gruppo di Ramin Y abbia anche cercato di seguire e spiare il presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Josef Schuster.
Nato in Germania nel 1988, Ramin Y. è stato gestore di un locale di prostitute a Leverkusen e a lungo attivo nel club Bandidos. È rimasto coinvolto in scontri mortali con il club rivale degli Hells Angels. Su di lui pende già un mandato d'arresto internazionale.
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