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    “ERA PIGRO, NON LA AIUTAVA E LA AGGREDIVA QUANDO RIENTRAVA”- IL MARITO DI ANASTASIA, LA 23ENNE IN FUGA DALL’UCRAINA UCCISA A FANO, LA INSULTAVA E UMILIAVA DA MESI – LA FAMIGLIA DI LEI ERA CONTRARIA ALLE NOZZE CON L’UOMO DI ORIGINE EGIZIANE, MA LEI SI ERA FIDATA, FINO A CHE LUI NON L’HA PICCHIATA ED È PARTITA LA DENUNCIA - LA RAGAZZA STAVA SCAPPANDO A ROMA QUANDO L'UOMO LE HA SCRITTO PER CONVINCERLA A FARLA RESTARE E...


     
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    Filippo Fiorini per “La Stampa”

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    Anastasia voleva salvare la piccola famiglia che aveva creato, ma nascondeva a sua madre che Mostafa la maltrattava. Anastasia era stata avvertita dal prete della parrocchia di campagna in cui suonava l'organo alla periferia di Kiev di non sposare Mostafa, così come le aveva già detto anche sua madre, ma Anastasia era innamorata, era incinta, all'epoca aveva solo vent' anni.

     

    Quando ha visto Mostafa passare da galante a violento, Anastasia ha deciso di lasciarlo, ma è scoppiata la guerra. Il padre di Anastasia è medico ed è andato subito al fronte. Anastasia aveva un figlio piccolo e ha pensato di dover salvare lui, Mostafa lo poteva lasciare dopo. È partita per l'Italia lo stesso 24 febbraio in cui i russi hanno varcato il confine. Mostafa è nato al Cairo nel 1980 e non ha l'obbligo di leva, perciò è partito con lei.

     

    Mostafa l'ha insultata e umiliata per mesi, ma non l'ha mai picchiata fino al 10 novembre scorso. Il giorno dopo, venerdì 11, lei lo ha denunciato. Sabato 12 era in stazione a Fano e aspettava un treno per Roma, dove degli amici l'avrebbero accolta per proteggerla. Mostafa l'ha chiamata, le ha detto: «Torna, vado via di casa io». Lei si è convinta, aveva un lavoro e un posto dove stare con il suo bimbo e un uomo di cui si fidava.

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    Non ha preso quel treno. È tornata nella casa che aveva diviso col marito per 7 mesi domenica 13 alla mattina e, verosimilmente, quello stesso giorno lui l'ha uccisa.

     

    Quanto emerge dai racconti degli amici della 23enne ucraina, profuga di guerra, divenuta cameriera a Fano dopo essere stata accolta in città dalla Caritas in marzo, aiuta a comprendere per quale motivo l'interrogatorio di convalida, avvenuto ieri pomeriggio nel carcere di Bologna, abbia portato a confermare il fermo per Mostafa Alashri, alias Karam Mahjoub, con l'accusa di essere l'autore del 79esimo femminicidio commesso in Italia quest' anno.

     

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    Fonti giudiziarie riportano che l'uomo, arrestato domenica dai Carabinieri in questa città, mentre cercava di fuggire, ha ammesso che tra lui e la ragazza che suonava il piano, insegnava musica, poi diceva «questa per me non è una professione, ma uno stile di vita», c'è stato «solamente un litigio». Non ricorda nulla a proposito delle tre coltellate che ne hanno causato il decesso, né del modo in cui sia arrivata nelle campagne di Fano, morta all'interno di una valigia.

     

    il marito di anastasia alashri il marito di anastasia alashri

    L'avvocato di Alashri non ha rilasciato dichiarazioni. Tuttavia sono molti gli elementi che renderanno difficile sostenere la temporanea infermità mentale: gli amici con cui Anastasia si sfogava ora sono tutti testimoni dell'accusa e raccontano, certi in forma anonima, che lui era verbalmente violento da tempo e che il 10 le aveva messo le mani addosso. Giacomo Tarenzi è uno di questi. Lui e sua sorella Noemi ospitano «gli stranieri che vogliono venire a Roma per vedere Papa Francesco».

     

    Hanno conosciuto Anastasia così, sono diventati amici. Quando è scoppiata la guerra le hanno offerto ospitalità, ma lei ha preferito Fano: «Sapeva che venendo qui non avremmo tollerato i comportamenti di quell'uomo. Credeva di poter salvare il rapporto». ragiona ora Giacomo, sconvolto.

     

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    A Fano, Anastasia era riuscita a muoversi: servizio ai tavoli in osteria, lezioni di pianoforte in una scuola dove ora la ricordano «felice di insegnare ai nostri bimbi». Il marito aveva recentemente trovato lavoro, ma a lungo era rimasto con le mani in mano: «Pigro, non l'aiutava e l'aggrediva quando rientrava».

     

    Questo lo disse a Giacomo, lo disse a Noemi, quando, dopo averli tranquillizzati sul miglioramento del loro rapporto, aveva poi riferito della ricaduta e delle botte. «Le abbiamo detto di denunciarlo e lasciarlo subito», racconta Noemi, che è passata attraverso una storia simile.

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    E così ha fatto Anastasia, ma qualcosa l'ha trattenuta da prendere quel treno: «Eravamo già in stazione ad aspettarla». Ora, suo figlio di due anni, è ospite a casa del titolare dell'Osteria in cui lei lavorava. Aspetta la nonna in arrivo dall'Ucraina, senza poter comprendere perché la madre non torna e il padre è in arresto. -

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