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    LA TESTIMONIANZA VIVENTE (SPERIAMO ANCORA A LUNGO) DEL FALLIMENTO CINESE - LI WENLIANG È CADUTO VITTIMA DEL CORONAVIRUS. È IL MEDICO 34ENNE CHE PER PRIMO SOLLEVÒ L'ALLARME SUL MORBO SIMILE ALLA SARS, E PER QUESTO FU MINACCIATO DALLA POLIZIA, ACCUSATO DI DIFFONDERE FALSE VOCI E COSTRETTO A FIRMARE UNA LETTERA DI AUTO-ACCUSA. CHE POI HA PUBBLICATO SU WEIBO, DIVENTANDO UNO SCOMODO EROE NAZIONALE. ANCHE I SUOI GENITORI SONO STATI CONTAGIATI


     
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    Stefano Carrer per www.ilsole24ore.com

     

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    «Ci vorrebbero decine di milioni di Li Wenliang per avere un più sicuro ambiente per la salute pubblica». È solo uno dei tanti messaggi di simpatia e solidarietà ricevuti dal medico oftalmologo 34enne del Wuhan Central Hospital che lanciò per primo l’allarme sull’epidemia che sta spaventando il mondo e ora giace in un letto d’ospedale come vittima del contagio.

     

    Sono tanti i messaggi sui social network che, anche nella sola espressione di solidarietà, rappresentano una critica severa alle autorità. Già a dicembre, infatti, Li Wenliang aveva notato l’insorgere di casi di virus simile a quello della Sars che causò l’epidemia globale del 2003: il 30 dicembre in una chat inviò un messaggio ad altri medici, avvertendoli e raccomandando l’uso di indumenti protettivi per evitare il contagio.

     

    Quattro giorni dopo, ricevette la visita della polizia che lo accusò di diffondere false voci e allarmismo in grado di turbare l’ordine sociale: dovette firmare una lettera in cui riconosceva le sue colpe e prometteva di non replicare i suoi comportamenti, pena l’arresto. In effetti aveva fatto un errore: pensava si trattasse di Sars, non di un nuovissimo coronavirus.

     

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    Non era l’unico: altre sette persone a Wuhan in quei giorni erano finite sotto torchio con le medesime accuse.

     

    A fine gennaio, Li ha avuto il coraggio di pubblicare su Weibo una copia della lettera di forzata autoaccusa e ha spiegato tutto quanto era successo. Nel frattempo, le autorità si erano già scusate con lui. Ma era ormai troppo tardi: la loro priorità era stata prima negare e insabbiare, poi sostenere che il rischio di contagio riguardasse solo persone entrate in contatto con animali. Nulla è stato fatto per varie settimane per proteggere i medici e le stesse linee-guida per la popolazione sono arrivare in grave ritardo.

     

    Dopo aver curato una donna affetta da glaucoma poi risultata positiva al virus, fin dall’11 gennaio Li aveva cominciato ad accusare disturbi. Anche i suoi genitori si sono ammalati. Solo il 20 gennaio la Cina ha dichiarato l’emergenza sanitaria. Il 30, con un breve post affiancato da un emoji con un cane, ha informato che le ultime analisi avevano prodotto il risultato più temuto: contagio. Per molti è un eroe e un simbolo. Per le autorità di Wuhan, la testimonianza inequivocabile dei loro fallimenti.

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