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    IL MEDIORIENTE NON VA LASCIATO SGUARNITO – UNA VOLTA RAGGIUNTA L’INDIPENDENZA ENERGETICA AMERICANA, TUTTI E TRE GLI ULTIMI PRESIDENTI (BIDEN, TRUMP E OBAMA) AVEVANO COME OBIETTIVO IL DISIMPEGNO DALL’AREA. MA PRIMA L’ISIS E ORA L’IRAN E I LORO AMICI (HOUTHI E HAMAS) IMPEDISCONO IL RITIRO. E PUTIN E XI JINPING GODONO – I 30MILA SOLDATI USA TRA KUWAIT, QATAR E BAHREIN E LA CAUSA CONTRO ISRAELE ALL’AJA, CHE POTREBBE ACCELERARE I NEGOZIATI PER LA TREGUA


     
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    1. PERCHÉ L'AJA DÀ UNA SPINTA AI NEGOZIATI

    Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “La Stampa”

     

    cyril ramaphosa vladimir putin cyril ramaphosa vladimir putin

    L'accelerazione impressa dagli Stati Uniti ai negoziati con Hamas […] nasce anche dagli sviluppi sul fronte Onu. La decisione della Corte internazionale di giustizia dell'Aja di procedere nella causa intentata dal Sudafrica ha implicazioni da non sottovalutare sul piano dei rapporti internazionali.

     

    Israele è tenuta a presentare un rapporto sulle condizioni della popolazione civile entro un mese […]. Se non lo farà le Nazioni Unite potrebbero avviare un processo sanzionatorio. E' vero che lo Stato ebraico è sotto l'ombrello protettivo degli Stati Uniti, con il loro potere di veto, e di altri Paesi occidentali. Ma il dibattito al Palazzo di Vetro rischia di essere questa volta molto più scivoloso.

     

    pieter willem botha margaret thatcher pieter willem botha margaret thatcher

    Il blocco antioccidentale, stavolta guidato dal Sudafrica, potrà far leva sull'aspetto legale per mettere in difficoltà America e alleati. La leadership sudafricana è figlia della lotta contro l'apartheid, in tempi che vedevano per esempio Margaret Thatcher elogiare l'allora presidente Pieter Willem Botha e definire invece Nelson Mandela "un terrorista".

     

    Con la caduta del Muro di Berlino il regime suprematista bianco divenne di colpo obsoleto e quella pagina presto dimenticata in Occidente. Ma non nel Global South. Mandela ringraziò solennemente Yasser Arafat per la solidarietà del popolo palestinese in un famoso discorso in occasione della visita del leader dell'Olp a Città del Capo, nel 1998.

     

    Abdulaziz Ibn Saud franklin delano roosevelt Abdulaziz Ibn Saud franklin delano roosevelt

    L'iniziativa all'Aja nasce da lì, ma con alle spalle un dispositivo imponente che include Cina, Russia, Iran, Egitto, Arabia Saudita e gode di enormi simpatie in Africa, Medio Oriente e Asia. Tuti i Paesi che non vedono l'ora di accusare l'Occidente di "doppio standard" […]. Non si può far finta di niente e l'ennesima missione di Antony Blinken in Medio Oriente risponde a questa necessità. Ma anche Hamas l'ha capito, benissimo. Per questo alza la posta e chiede una tregua permanente. […] La tregua equivale a una vittoria. Israele non può concederla e resta tutto bloccato.

     

    2. IN MEDIO ORIENTE OLTRE 40MILA MILITARI USA DISIMPEGNO AMERICANO UN’ILLUSIONE PERDUTA

    Estratto dell’articolo di Roberto Bongiorni per “il Sole 24 Ore”

     

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    […] Il massacro compiuto da Hamas il sette ottobre, e la guerra con Israele che ne è seguita, hanno riportato indietro le lancette del tempo. Oggi il disimpegno americano dal Medio Oriente è divenuto un’illusione perduta. Nel migliore dei casi, un progetto da rimandare a data da definirsi.

     

    Sono tante le sfide che obbligano gli Usa a mantenere, forse accrescere, la loro presenza militare in quest’area non più strategica economicamente. Per 60 anni fare a meno del Medio Oriente, e del suo petrolio, era del tutto inconcepibile. Dopo la Seconda guerra mondiale l’imperativo per gli Stati Uniti era assicurarsi le sue risorse e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.

     

    netanyahu biden netanyahu biden

    Il 14 febbraio 1945 il presidente americano Franklin Delano Roosevelt incontrò il monarca saudita Abdulaziz Ibn Saud per forgiare uno storico accordo. L’Arabia offriva il suo greggio, gli Stati Uniti accordavano la loro protezione militare e si impegnavano a costruire basi aeree nel Regno.

     

    Negli ultimi 20 anni, gli Stati Uniti hanno gradualmente ridotto la dipendenza dal greggio saudita fino a divenire energicamente indipendenti. La nuova sfida si gioca nel Pacifico, hanno ripetuto gli ultimi tre inquilini della Casa Bianca. È lì che devono confluire le risorse. Lì che devono essere spostati i soldati.

     

    usa e iran a confronto medio oriente usa e iran a confronto medio oriente

    Poi è arrivata l’Isis. Cinque anni di turbolenze che consigliarono a Barack Obama di non smantellare del tutto la presenza in Iraq. Ma il processo era considerato irreversibile. Nell’autunno del 2019 Trump ordinò il ritiro degli ultimi mille soldati americani ancora presenti […] in Siria, nelle regioni controllate dai curdi. Il ritiro non fu completato. Per tre ragioni: sostenere le milizie curde, alleate nella lotta contro lo Stato islamico, presidiare la regione meridionale di al-Tanf (roccaforte dei ribelli anti-Assad) e controllare i pozzi petroliferi dell’Est […].

     

    La presenza militare americana in Iraq […] è un altro argomento controverso. Dopo il ritiro, terminato a fine 2011, gli Stati Uniti decisero di mantenere un numero limitato di truppe per assistere Baghdad nella guerra contro l’Isis. Oggi sono circa 2.500 militari.  Il Governo iracheno […] ha chiesto ripetutamente al Pentagono di ritirare tutte le sue forze. Una richiesta divenuta via via più pressante col rafforzarsi dell’influenza iraniana.

     

    joe biden barack obama joe biden barack obama

    Le milizie sciite sostenute da Teheran sono sempre più aggressive. Dal gennaio 2021 all’inizio del 2023 ci sono stati circa 60 attacchi contro le truppe Usa. Negli ultimi 100 giorni sono stati 160. Ancora una volta Washington farà di tutto per mantenere un numero, per quanto limitato, di soldati, in funzione di contenimento e di osservazione di quella che a tutti gli effetti è divenuta la minaccia più insidiosa di tutta la regione: l’Iran degli Ayatollah.

     

    La Giordania, invece, è un’altra cosa. Questo Paese, che ha stretto un accordo di pace con Israele nel 1994 e da anni è un alleato strategico degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, ospita circa 3mila marines in diverse basi.

     

    La gran parte delle truppe americane in Medio Oriente è stata dispiegata in tre piccoli Paesi del Golfo; Kuwait, Qatar e Bahrein. Tre Paesi a cui è stato attribuito lo status di “principali alleati non Nato”. Insieme ospitano oltre 30mila militari americani. Il Kuwait oggi vanta la quarta maggior presenza di truppe statunitensi nel mondo. Sono invece 10mila i soldati americani presenti nella base aerea di al-Udeid, in Qatar. Le relazioni militari tra Doha e Washington vanno avanti da 30 anni.

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    Quasi in sordina, considerando i tempi, a inizio gennaio i due Paesi hanno prolungato di altri 10 anni l’accordo sulla base. In Bahrein si trova invece la più grande base navale americana in Medio Oriente, dove stazionano oltre 9mila militari. In Arabia Saudita i marines sono meno: circa 2.700. Difficile pensare ad una riduzione dei contingenti da quest’area. Il disimpegno dal Medio Oriente è ormai divenuto un’illusione perduta.

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