Alessandro Barbera,Francesco Olivo per “la Stampa”
giorgia meloni giancarlo giorgetti
La corsa per la definizione della manovra vive di qualche certezza e di molte incognite. Domani o al massimo martedì il Consiglio dei ministri deve licenziare la legge di bilancio, i margini di spesa sono pochi e tra i partiti il confronto è ancora serrato.
Un punto fermo c'è: la Finanziaria sarà di circa 32 miliardi di euro, di cui due terzi destinati a contrastare il caro bollette con la proroga delle misure esistenti. La questione aperta è trovare le risorse per le altre spese. La voce più importante è la revisione del reddito di cittadinanza. Nel vertice di venerdì sera è emerso che Giorgia Meloni vorrebbe procedere in maniera più decisa del previsto: l'ipotesi è di abolire il sussidio fra sei mesi a tutti i beneficiari cosiddetti «occupabili».
marina calderone
Le resistenze sono molte, a cominciare da quelle della ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, contraria a un intervento drastico. Con lei i governatori del Sud, anche di centrodestra, come Roberto Occhiuto.
Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti durante l'incontro nella Sala Verde di Palazzo Chigi si è rivolto ai capigruppo della maggioranza: «Se mi date un mandato, io procedo». Nessuno ha fatto obiezioni e la premier a quel punto ha chiuso il dibattito: «Decisione presa».
giancarlo giorgetti giorgia meloni
Se il principio tutto sommato è di semplice comprensione, «chi può lavorare non deve ricevere il sostegno dallo Stato», molto più complesso è stabilire quante persone sarebbero coinvolte da questo provvedimento. La stima che circola in ambienti di maggioranza di 900 mila «occupabili» non coincide con quella dell'agenzia per il lavoro, l'Anpal (660 mila), né tantomeno con quella dell'Inps che conta in questa categoria solo 372.000 persone. Secondo l'Istituto di previdenza occorre ad esempio tenere conto dei figli a carico.
MARINA CALDERONE RAFFAELE FITTO
Dalla definizione della platea dipendono i risparmi possibili. L'obiettivo del governo varia da 1,5 a 2 miliardi. Ieri di questo tema si è parlato in un incontro a Palazzo Chigi tra i tecnici del legislativo, i funzionari del Tesoro e quelli del ministero del Lavoro. La titolare del dicastero di Via Veneto, Calderone, non era presente al vertice politico di venerdì ed è contraria a tagli importanti al sussidio. La Lega, attraverso il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, aveva proposto una soluzione più soft di quella a cui pensa Fratelli d'Italia: mantenere l'assegno per 18 mesi e di allungare a sei mesi la pausa oggi limitata a trenta giorni.
Durante quel periodo, il percettore del reddito potrebbe lavorare senza correre il rischio di perderlo successivamente. Forza Italia invece appoggia il pugno duro di Meloni, chiedendo controlli anche nella fascia dei «non occupabili» (i cui assegni costano 6 miliardi l'anno), anche perché spera che la misura possa generare risparmi da utilizzare per le riforme sognate da Silvio Berlusconi: pensioni minime a mille euro (se associate a redditi inferiori a 15mila euro l'anno) e sgravi contributivi per chi assume lavoratori sotto i 34 anni: «Invece di pagare i giovani per non lavorare, aiutiamo chi li assume», sintetizza il capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo.
claudio durigon giorgia meloni
Tra gli azzurri però si apre un problema interno: «La nostra è una Regione con uno dei tassi più alti di povertà assoluta», dice il governatore della Calabria, Occhiuto. «Per questo motivo il reddito di cittadinanza è una misura che in un periodo come questo non si può cancellare». Dentro Fratelli d'Italia c'è la chiara consapevolezza delle conseguenze politiche di un taglio importante del sussidio. Giuseppe Conte, l'ala sinistra del Pd e la Cgil di Maurizio Landini ritroverebbero un'insperata sintonia.
marina calderone
«Scommetto in un immediato sciopero generale», gongola un Cinque Stelle che chiede l'anonimato. Governare però costa un prezzo e la Meloni ha bisogno di trovare risorse. «La coperta è corta», ammette persino Salvini. Nel vertice di venerdì si è parlato per questo anche di pensioni.
Un decreto già firmato da Giorgetti prevede che a partire dal primo gennaio gli assegni vengano rivalutati del 7,4 per cento a causa dell'inflazione: la misura costa venti miliardi solo nel 2023. Ma poiché ogni partito chiede risorse (Forza Italia ad esempio preme per aumentare gli assegni minimi), si sta valutando se limitare gli aumenti concessi per l'inflazione alle pensioni più alte (dai 2.500 euro), con una rivalutazione pari al 50 per cento, o meno. In questo modo si potrebbe finanziare ad esempio una riduzione più forte delle tasse sul lavoro.
durigon salvini
Dice Giorgetti: «La misura non è finanziata per il 2023. La volontà del governo è di rinnovarla e aumentarla ai redditi più bassi». Non scontentare nessuno è quasi impossibile. A ieri non c'erano ancora le risorse nemmeno per l'annunciato taglio dell'Iva su pane e latte. La soglia per la tassa piatta dei lavoratori autonomi dovrebbe salire a 85mila euro annui, ai cui Lega e Forza Italia vorrebbero aggiungere 25 mila euro di spese detraibili per l'acquisto di beni strumentali. Insomma, nonostante il tempo stringa il libro dei sogni resta aperto.