Da ansa.it
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Marco Bollesan, 79 anni, leggenda della palla ovale italiana. Era stato quarantasette volte azzurro, trentaquattro volte capitano della nazionale, commissario tecnico alla prima Rugby World Cup del 1987, team manager nelle rassegne iridate del 2003 e del 2007, fondatore delle Zebre nella loro forma originaria di invitational club italiano.
"Il rugby italiano ha perso uno dei suoi figli prediletti - ha dichiarato il presidente della Fir, Marzio Innocenti, esprimendo il cordoglio della federazione - Per i rugbisti della mia generazione, per chiunque abbia praticato lo sport tra gli Anni '60 e gli Anni '80, ma anche per chi è venuto dopo Marco Bollesan, è stato un esempio, l'epitome del rugbista coraggioso, il simbolo di un gioco dove fango, sudore e sangue rappresentavano i migliori titoli onorifici.
Gli saremo eternamente grati per il suo straordinario contributo. Siamo vicini alle figlie Miride e Marella ed a tutta la sua famiglia". morto Massimo Cuttitta, 70 volte azzurro, e la leggenda della palla ovale
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Il rugby italiano piange anche Massimo Cuttitta. La Fir fa infatti sapere che, a causa di complicazioni legate al Covid-19, è morto ad Albano Laziale l'ex pilone azzurro, 54 anni, e uno degli uomini-simbolo della Nazionale del ct Georges Coste che, negli anni '90, fece guadagnare all'Italia un posto nel torneo che divenne il Sei Nazioni. In azzurro Massimo Cuttitta, originario di Latina ma poi trasferitosi al seguito dei genitori in Sudafrica doveva aveva cominciato a giocare a rugby, aveva messo insieme 70 presenze tra il 1990 e il 2000 prendendo parte ai Mondiali del 1991 e del 1995.
Assieme al gemello Marcello giocò il match della storica vittoria dell'Italia sulla Francia nella finale della Coppa Fira nel 1997 a Grenoble contro la Francia. Da giocatore aveva indossato le maglie di L'Aquila, Amatori Calvisano, Milan (con cui aveva vinto 4 scudetti), degli Harlequins londinesi e della Rugby Roma come allenatore-giocatore, venendo selezionato anche per i Barbarians. Aveva poi lavorato come tecnico negli staff delle nazionali di Scozia, Canada, Romania e Portogallo.
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BOLLESAN
Roberto Parretta per gazzetta.it
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Nella Walk of Fame lungo i viali che circondano e portano allo stadio Olimpico con cui nel maggio 2015 il Coni ha voluto omaggiare i 100 sportivi italiani più influenti della storia, c'è una sola mattonella dedicata al rugby: è quella di Marco Bollesan, autentica leggenda della palla ovale azzurra. La leggenda si è spenta nella notte, incredibilmente a poche ore di distanza dalla scomparsa di un altro gigante azzurro del rugby, Massimo Cuttitta. Bollesan avrebbe compiuto 80 anni in luglio.
Bollesan non è stato solo un campione in campo da terza linea, ma, soprattutto, è stato un personaggio che ha saputo andare oltre i confini del suo sport e che ne ha influenzato in prima persona lo sviluppo. Aveva la faccia da cattivo, non c'è dubbio, che ha mantenuto negli anni, anche per farsi riconoscere da chi, troppo giovane, non lo aveva potuto veder giocare. Genovese (anche se nato a Chioggia per puro caso), ha ovviamente iniziato la sua carriera al Cus Genova, passando poi per Partenope Napoli e Brescia, vincendo uno scudetto con entrambe, per chiudere con l’Amatori Milano. In Nazionale è entrato nel 1963 e ha chiuso nel 1974, per 47 caps e 6 anni da capitano.
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Anche se lontane rispetto a quelle toccate dai giocatori di oggi, sono cifre che hanno un peso specifico enorme, perché le partite da giocare erano poche e perché l'Italia era fuori dal giro dei grandi. Da allenatore, o meglio selezionatore, ha guidato gli azzurri alla prima Coppa del Mondo del 1987, quindi al momento di fare l'esordio nel Sei Nazioni, l'allora presidente Giancarlo Dondi lo richiamò in squadra nel ruolo di team manager. Dalle botte con gli altri ragazzini del suo quartiere quando faceva il garzone in frutteria al rugby incrociato a 17 anni al Carlini il passo è stato breve: "Sapevo menare le mani. Al primo allenamento – raccontava - ne picchiai diversi, ma del gioco non avevo capito niente".
Dall'esordio in poi ha vissuto tutta l'epopea di un rugby che oggi è leggenda e che rivive grazie ai ricordi e ai racconti di quei miti. Nel 1973 furono proprio Bollesan, Tullio Ferrari e il giornalista Pierluigi Fadda a fondare il club a inviti delle Zebre, che si proponeva di rappresentare tutta l'Italia e non un solo territorio come avevano fatto di Dogi in Veneto. Nulla a che fare però con le Zebre attuali, che, anzi, avevano fatto molto arrabbiare Bollesan, che, nel pieno del suo stile, si rifiutò di concedere il marchio.
Dopo un altro scudetto vinto con il Rugby Brescia nel 1975, salutò la Nazionale con la partita contro la Cecoslovacchia a Reggio Calabria. Dopo avere indossato le maglie di CUS Milano e Amatori Milano, nel 1981 ha appeso gli scarpini al chiodo, passando però subito dall'altra parte come allenatore. Livorno, CUS Genova e Alghero le sue tappe. Il legame con la squadra sarde è poi proseguito negli anni sotto altre vesti. E a legarlo a Massimo Cuttitta c'è l'esperienza nella stagione 2001-2002 proprio ad Alghero con la storica promozione in A1.
Un destino incredibilmente triste che li ha riuniti oggi, a poche ore di distanza l'uno dall'altro. Con Marco Pastonesi, storica firma della Gazzetta, nel suo "Le Guerre di Bollesan" si era raccontato così: " Il primo allenamento della mia vita picchiai e picchiai, randellate su randellate. Se mi avessero detto che c'era anche una palla, forse avrei combinato qualcosa di più". Una vera leggenda.
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