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Siamo tutti prigionieri della nostra natura animale e non possiamo sfuggire alla schiavitù della passione. Questo dice il curato all’aristocratico nel film gotico-erotico del polacco Walerian Borowczyk intitolato “La Bestia”, fatto in Francia nel 1975. E’ lo stesso materiale che ha ispirato “La Bella e la bestia” di Jean Cocteau e la favola della Disney. Il vecchio prete conosce bene l’argomento.
Viaggia ovunque con due bei ragazzini adolescenti anche se i doveri clericali non lo impongono. Il duca invece cerca di dare suo figlio in sposo a un’ereditiera inglese, ed è convinto che l’intelletto sia più forte dell’istinto e ci tenga sulla retta via. Quello che non sa è che sua figlia è al piano di sopra a scopare con il valletto di colore e che la sua futura nuora si masturba con una rosa pensando al misterioso disegno di una belva eccitata.
walerian borowczyk
Il film e la sua antologia “Racconti immorali”, che fecero scandalo al “London Film Festival nel 1974, sono ora di nuovo disponibili, restaurati digitalmente, e confermano che Borowczyk appartiene all’avanguardia come Luis Buñuel, Alejandro Jodorowsky, Jacques Rivette e Nicolas Roeg, tutti all’epoca etichettati come pornografi.
Ovviamente nella sua opera c’è sesso, nudità, desiderio femminile ma non ha niente a che fare con ciò che oggi noi consideriamo porno. In Italia fu vietato ai minori di 18 anni e mandato nel circuito dei film a luci rosse, ma gli amanti dell’hard non furono soddisfatti, proprio perché molto richiedeva uno sforzo di immaginazione.
Nelle storie si rilevano stereotipi sulla santa innocente e il predatore infido, ma la sua filosofia morale va oltre, trae ispirazione da La Rochefoucauld, Voltaire e de Sade. Inoltre non ha avversione per la nudità maschile e infatti apre con la scena di uno stallone che fa vergognare i normali attributi di un uomo.
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Le due pellicole sono un capolavoro di colore, montaggio e confronti ironici fra umane forme e panorami naturali. La caratteristica del regista è la connessione: apparteniamo al mondo della natura, siamo animali guidati dal desiderio, più seppelliamo questa verità sotto le convenzioni sociali, peggio andrà.
Tutti questi racconti grotteschi possono essere letti come simpatie femministe, nel senso che Borowczyk tratta il desiderio femminile come qualcosa che viene sempre nascosto a causa delle ipocrisie religiose e della moralità contemporanea. Sdogana l’autoerotismo femminile e la donna che domina nei rapporti (anche quando si tratta di far eiaculare un cavallo). Il culmine arriva con la fiaba horror della infame contessa Elizabeth Báthory (interpretata da Paloma Picasso, figlia di Pabo), la nobildonna ungherese che uccise centinaia di giovani per farsi il bagno nel loro sangue.
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Per gli standard degli anni Settanta è un “softcore”, non c’è sesso nei primi 40 minuti. Il duca e il prete rappresentano i poteri della moralità europea che scemano mentre avanza la liberazione sessuale. I castelli sono decadenti e impolverati, infestati di nuove tentazioni. Ma forse Borowczyk se la stava prendendo con il mondo snob del cinema, che, invece di celebrarlo, lo etichettò e quasi lo bandì, non rendendogli giustizia.