1 - ADEGUARSI AL «SISTEMA»
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
MARCELLO DE VITO
Lo sapeva Marcello De Vito che il suo incarico di presidente del consiglio comunale di Roma non sarebbe durato in eterno. E forse per questo voleva «capitalizzare» in fretta, chiedeva al suo socio di «distribuirsi» i guadagni incassati grazie al rapporto privilegiato con gli imprenditori che chiedevano aiuto per l'approvazione dei progetti. E in cambio erano disponibili a versare soldi o altre utilità pur di «ingraziarsi l' amico potente», come racconta il costruttore Luca Parnasi ai collaboratori.
MARCELLO DE VITO VIRGINIA RAGGI
Il Movimento 5 Stelle si è proposto sulla scena politica vantando il fatto di essere «diverso dai partiti», ha sempre sbandierato l'etica come elemento fondante, rivendicato il fatto che al di là delle inchieste giudiziarie, fossero i comportamenti pubblici e privati di ognuno a dover essere al di sopra di ogni sospetto. E allora i vertici dovrebbero adesso chiedersi come mai non si siano accorti che De Vito, il loro «mister preferenze» di Roma, avesse una società in comune con un avvocato e abbia deciso di continuare a seguire i propri affari nonostante il ruolo di primo piano all' interno del Campidoglio. È una storia che si ripete.
MARCELLO DE VITO
Era accaduto con Raffaele Marra, il braccio destro della sindaca Virginia Raggi da lei definito dopo l' arresto per corruzione «uno dei 23 mila dipendenti del Comune». È successo ancora con Luca Lanzalone, chiamato dai pentastellati a gestire gli affari più delicati della capitale - dallo stadio della Roma all' Acea - e poi finito ai domiciliari con l' accusa di essere a "libro paga" proprio di Parnasi. Ma, nonostante questo, rimasto nel cda della municipalizzata fino a qualche giorno fa, senza che nessuno sentisse l' esigenza di farlo dimettere.
RAFFAELE MARRA
Le intercettazioni e i verbali di interrogatorio svelano - a prescindere da come finirà l'inchiesta penale - la capacità di adeguarsi subito a un "sistema" antico dal quale il Movimento aveva sempre detto di voler prendere le distanze, assicurando che «noi siamo diversi, onesti, specchiati». E invece lo schema rimane lo stesso: agevolare l'iter burocratico che viene sollecitato dall' imprenditore di turno, in cambio di vantaggi.
VIRGINIA RAGGI E RAFFAELE MARRA
De Vito si difenderà davanti al giudice e potrebbe anche dimostrare di non aver avuto denaro o favori. Ma a leggere i suoi colloqui con i costruttori, si scoprono le cautele che utilizzava per non farsi vedere in giro con loro, emerge in maniera chiara la sua "vicinanza", la messa a disposizione, la volontà di compiacerli e accontentarli. E dunque la sua «permeabilità» rispetto al potere.
Chissà se in queste ore De Vito ripenserà a quel video girato in campagna elettorale in cui si presentava come candidato di un Movimento «dalle mani libere» e attaccava giornalisti e politici degli altri partiti «per gli schizzi di fango che tentano di gettarci addosso». Chissà perché ieri, quando ha parlato del Campidoglio come «un luogo dove non c' è spazio per la corruzione», la sindaca ha dimenticato che le stesse parole le aveva utilizzate proprio in occasione degli arresti di Marra e Lanzalone e poi non ha evidentemente fatto nulla per fare pulizia tra le persone che con lei lavorano e dovrebbero cercare di governare Roma come fosse la capitale del mondo, invece di continuare a mortificarla lasciandola nel degrado.
LANZALONE
Appena pochi minuti dopo la cattura di De Vito, il "capo politico" Luigi Di Maio ha comunicato «la sua espulsione dal Movimento, assumendomi la responsabilità» e dunque senza attendere i probiviri o forse l' ennesimo referendum sulla piattaforma Rousseau. Lo ha fatto rivendicando l' eccezionalità della risposta rispetto agli altri partiti. Evidentemente senza voler vedere che anche dentro M5S ci sono gli onesti e i malfattori, quindi - andando oltre sterili proclami - dovrebbe dimostrare di essere davvero in grado di cambiare le regole, potenziare i controlli, e così far rispettare la legge.
2 - DAI BUS ALLE STRADE E AI RIFIUTI TRE ANNI DI PARALISI CAPITALE E ORA RAGGI RISCHIA IL CROLLO
Giovanna Vitale per “la Repubblica”
PARNASI
Avevano promesso di cambiare Roma. Con l'arresto di Marcello De Vito - il terzo per corruzione ai piani alti di palazzo Senatorio dopo l' ex vicecapo di gabinetto Marra e il presidente Acea Lanzalone - la sensazione è che sia stata Roma a cambiare il M5S. Almeno a voler prendere per buona la professione di onestà che nel 2016 gonfiò le vele del consenso fino al 67%, sull' onda di una campagna tutta giocata sull' innata diversità grillina: rispetto a Mafia Capitale che aveva travolto le giunte di centrodestra e centrosinistra, alle pratiche clientelari di Alemanno, all' immobilismo di Marino.
LUCA LANZALONE
«Un colpo durissimo» ammettono ora i consiglieri sotto choc. Che piomba sull'amministrazione Raggi come una lapide, seppellendo tre anni di narrazione declinata sempre al futuro - faremo, approveremo, costruiremo. Frutto anche del forsennato via vai di assessori (9 sostituiti in 33 mesi) progetti eccessivi e ricette un po' naif. Dalla funivia stile Courmayeur pensata per decongestionare il traffico della periferia nordovest, alle pecore da piazzare in parchi e ville a mo' di tosaerba viventi per disboscare vegetazione e degrado.
parnasi e salvini allo stadio
E pazienza se i bus - una cinquantina negli ultimi due anni, ribattezzati "flambus" dai romani - prendono fuoco per mancanza di manutenzione che un' Atac piena di debiti, in concordato, non sa più garantire. Se gli alberi senza potature crollano su macchine e pedoni al primo soffio di vento. Se il manto stradale somiglia alla superficie lunare tanti sono gli avvallamenti e i crateri. Se i quartieri puzzano, sono sporchi, la differenziata cala dopo 10 anni perché l' azienda dei rifiuti non riesce a chiudere il bilancio, ha già cambiato cinque amministratori e pure l' ultimo, quello provvisorio, medita d' andarsene.
LUCA LANZALONE
Esattamente i problemi che Raggi giurò di risolvere all' alba dell' avvento in Campidoglio, allorché stoppò le «Olimpiadi del mattone» per ripiegare sullo stadio a Tor di Valle: da fare a ogni costo per evitare al Movimento il bollo di partito del no. «È da irresponsabili dire sì ai Giochi», spiegò allora la sindaca, «noi vogliamo lavorare sul quotidiano non sulle emergenze. I romani ci hanno chiesto di occuparci della città». Con quali risultati, è oggi sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia «la capitale non può permettersi altri due anni così, la miccia è corta, ci è rimasto poco tempo» avverte il presidente della Camera di Commercio Lorenzo Tagliavanti. «Il deterioramento di natura politica iniziato con Alemanno, la degenerazione amministrativa che blocca atti e bandi di gara, uniti alla lunga crisi economica sta uccidendo la città.
Le imprese di qualità chiudono, gli investitori scappano.
PAOLO BERDINI
Il nostro pil è ancora 3 punti sotto il livello del 2008, Milano sta +18%. È come se avessimo avuto la guerra» sospira. La verità è che con i 5S «avevamo sperato in un radicale cambio di rotta che non c'è stato, Roma è sprofondata nella mancanza di etica pubblica» rincara Paolo Berdini, l'assessore espulso dall' Urbanistica dopo qualche parola di troppo contro sindaca e colleghi, a causa della sua ostilità allo stadio. «Serve uno scatto morale della città: non si può accettare il declino inarrestabile che si coglie ovunque» esorta: «Mi aspetto che l' amministrazione faccia tutti i passi necessari per uscire dalla palude e pure una riflessione per capire se sono state scelte le persone giuste».
Virginia Raggi con l’ex assessore Andrea Mazzillo
La stessa di Andrea Mazzillo, altro ex eccellente al Bilancio: «Detto che abbiamo ricevuto una eredità pesantissima e che governare la capitale è molto complicato, forse bisognerebbe anche interrogarsi sulla permeabilità del Movimento, una forza politica giovane e poco strutturata che può diventare facile preda di personaggi non proprio disinteressati». Vedi Marra e Lanzalone, ma non De Vito. Il nativo grillino che ora rischia di scrivere la parola fine sul sogno romano a cinque stelle.