Marco Giusti per Dagospia
Raffaella Carra - Foto Farabola
L’avevamo appena vista celebrata nello scatenato “Ballo Ballo”/“Explota Explota”, opera prima dell’uruguayano Nacho Alvarez interamente dedicato ai suoi successi degli anni ’70 e al ruolo che ebbe in una Spagna che cercava di uscire dall’oscurantismo franchista, dove appariva in un buffo cammeo finale al Colosseo proprio a sorpresa negli ultimi minuti del film.
Un cammeo che rimarrà, ahimé, anche la sua ultima apparizione sul grande schermo. Ma già avevano riscoperto la sua forza tante serie tv di mezzo mondo, dalla francese “En tout cas” all’inglese “Trust” alla spagnola “Pasapalabra”. Per non parlare della fondamentale citazione di “A far l’amore” che in qualche modo apriva, già nel trailer, “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino. E nessun’altra avrebbe saputo esprimere meglio di lei tutta la follia del mondo cafonal romano.
Le cose, per quanto riguarda il cinema, sarebbero andate in maniera totalmente diversa se Raffaella Carrà avesse magari accettato il ruolo della protagonista di “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio.
Raffaella Carra e Corrado - Foto Farabola
Ma è curioso che proprio il cinema, che l’aveva formata fin da ragazzina, quando si chiamava ancora Raffaella Pelloni, con piccoli ruoli, poi con ruoli maggiori ma non così significativi, tra peplum, film di guerra, sceneggiati, l’abbia infine celebrata per tutto quello che era diventata nella musica e negli show televisivi. Cioè per la Raffa che tutti abbiamo conosciuto dopo.
Raffaella Carra e Raimondo Vianello - Foto Farabola
Eppure, i fan lo sanno bene, la Carrà ha cominciato prestissimo a muoversi nel cinema, addirittura da bambina nel 1952 con “Tormento del passato” di Mario Bonnard, poi con “Caterina Sforza, la leonessa di Romagna di Giorgio Walter Chili, molto a fianco della protagonista, l’allora emergentissima Virna Lisi, o con “Valeria ragazza poco seria” di Guido Malatesta dove è addirittura a fianco di Gabriella Pallotta, che non decollerà mai da protagonista.
Per imparare a recitare, giustamente, si iscrive e si diploma al centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e grazie a questo la troviamo in film molto seri, come “Il peccato degli anni verdi” di Leopoldo Trieste e, soprattutto, nell’ultra drammatico “La lunga notte del 43” di Florestano Vancini tratto da un racconto di Giorgio Bassani.
Raffaella Carra - Foto Farabola
E’ allora che potrebbe tentare la carta del cinema d’autore, ma finisce invece nel calderone dei peplum italiani dei primissimi anni ’60 in ruoli di ancella, vestale, non certo di regina cattiva o di fatalona di turno. Eccola in “La furia dei barbari” di Guido Malatesta con Edmund Purdom e Rosanna Podestà, in due Maciste diretti da Antonio Leonviola, “Maciste nella terra dei ciclopi”, cultissimo con il forzuto Gordon Mitchell e la fatale danzatrice cubana Chelo Alonso, capace di travolgere qualsiasi maschio del tempo, e “Maciste l’uomo più forte del mondo” con Mark Forrest e Moira Orfei.
topo gigio e raffaella carra
Certo, di fronte a due star del glam exotic anni ’60 come le scatenatissime Moira e Chelo, la giovane Raffaella, che ha poco preso il nome di Carrà, ha solo da imparare. E imparerà in fretta. Anche se deve ancora smaltire una massa di film storici e mitologici, “Ulisse contro ercole” di Mario Caiano con Georges Marchal e Mike Lane, un “Ponzio Pilato” di Irving Rapper con Jean Marais, Jeanne Crain e Basil Rathbone, dove è difficile farsi notare, e un “Giulio Cesare conquistatore delle Gallie” diretta dal king of B’s Tanio Boccia con Cameron Mitchell, dove interpreta il ruolo di Publia.
E’ il suo ultimo peplum, per fortuna. Esce dal genere senza grandi rimpianti. Ma non le va meglio con “L’ombra di Zorro”, né con “I Don Giovanni della Costa Azzurra”, dove finisce per avere il ruolo della cameriera. Meglio allora nei film più seri, come “Il terrorista” di Gian Franco De Bosio con Gian Maria Volonté o “I compagni” di Mario Monicelli, dove riesce a ritagliarsi un ruolo almeno simpatico.
sinatra e la carra
Ma non è ancora la Carrà che conosciamo noi. Le va meglio con “L’amore e la chanche”, film a episodi di coproduzione italo-francese, dove recita diretta dal raffinato Charles Bitsch, toccando di striscio la Nouvelle Vogue. Ancora meglio come “Ortensia” nel celebre sceneggiatone tv di Sandro Bolchi “I grandi camaleonti”, che è forse il suo ruolo maggiore prima di arrivare al suo film che tutti i fan conoscono, “Il Colonello Von Ryan” di Mark Robson, girato in Italia, con Frank Sinatra protagonista. L’unico ruolo femminile del film.
raffaella carra e frank sinatra
Nei giornali americani del tempo, leggo che Mark Robson la scelse vedendola in uno show a fianco di Marcello Mastroianni, ovviamente “Ciao Rudy!”, kolossal da 150 milioni di lire di Garinei e Giovannini al Sistina, dove aveva il ruolo di Margie, ballerina di Al Jolson, ma l’ha messa sotto contratto solo dopo che il “fine occhio italiano” di Sinatra ha dato la sua approvazione.
Per i giornalisti Raffaella, allora ventunenne, ha qualcosa sia di Audrey Hepburn che di Sophia Loren. Le sue misure sono 38-25-37 (altro che il #metoo). Un giornalista cerca di intervistarla, ma scopre che non parla granché bene inglese e termina il suo articolo dicendo che “l’americanizzazione di Miss Carrà è ancora da venire. Lei è deliziosamente, totalmente, assolutamente straniera”.
frank sinatra raffaella carra
Si narra, certo, che Frank Sinatra fosse impazzito per lei. Max Turilli, buffo caratterista romano che aveva sempre i ruoli di tedesco, mi disse che ospitava i due a casa sua. Vero? Falso? Chissà? A Hollywood andò davvero, però. E era tra le poche che potesse parlare direttamente con Sinatra.
Certo, l’aver preso parte a un grande film americano le aprì altre porte. La troviamo a fianco di Domenico Modugno nello sceneggiato musicale tv “Scaramouche”, primo passo verso il grande successo televisivo. E’ la protagonista del film di Steno “Rose rosse per Angelica”, dove si tentò di farne una nuova Michéle Mercier a fianco di Jacques Perrin.
Diventa poi Aura, aliena sexy e bionda scesa sulla terra, in “Il vostro super agente Flit”, opera prima di Mariano Laurenti, dove recita a fianco di Raimondo Vianello in una buffissima parodia del Flint di James Coburn. Anche lì, si narra di una storia con Vianello. L’unica che sia mai stata attribuita all’attore.
raimondo vianello con raffaella carra
Non sembra però capitalizzare il successo di “Von Ryan”, perdendosi tra film di coproduzione, come “il Santo prende la mira” del vecchio Christian-Jaque con Jean Marais, o la commedia erotica italo-tedesca “Professione bigamo” di Franz Antel dove è una delle due donne sposate a Lando Buzzanca, il bigamo del titolo, l’altra è Teri Tordai, più celebre come Susanna.
Era quasi terribile, e poverissimo, il film di guerra italo-spagnolo “Sette eroiche carogne” di José Luis Merino con Guy Madison e Stelvio Rosi. Ha però un buon ruolo a teatro e in tv nella commedia “Del vento tra i rami del sassofrasso” coi vecchi Gino Cervi e Elsa Merlini. Lì si narra di una storia con Massimo Foschi, che aveva il ruolo di un aitante indiano.
Il suo ruolo maggiore e più spinto prima del quasi addio al cinema è il noir tratto da un giallo di Giorgio Scerbanenco “Il caso Venere privata” diretto dall’ottimo Yves Boisset, dove è Gabriella, che morirà dopo una serie di pose sadomaso che ogni bravo cinéphile cresciuto in quel periodo ricorda perfettamente.
frank sinatra con raffaella carra
Vederla nuda, in pose non da prima serata tv ci fece davvero colpo, perché contemporaneamente stava esplodendo come soubrette. E lì era proprio un’altra cosa. Altro che Maga Maghella. Nei primi anni ’70 lascia proprio il cinema, a parte un ruolo nella serie di “Arsenio Lupin”.
In fondo, il cinema le aveva dato poco, pochissimo, rispetto a tutto quello che le avrebbero dato i grandi show televisivi e perfino la pubblicità, un percorso che la vedrà attivissima per tutti gli anni ’70, prima diretta addirittura da Richard Lester, e poi chiamata a chiudere per sempre il programma alla fine del 1976. Per non parlare poi degli spot per Scavolini…
Raffaella Carra - Foto Farabola
Ritornò, distrattamente, al cinema e alle serie con “Barbara” diretto da Gino Landi nel 1980, dove fa un po’ se stessa, e nella serie della Rai “Mamma per caso” nel 1997 che vedemmo tutti distrattamente. Ma è solo grazie alla continua riscoperta del mito Carrà in questo ultimi vent’anni che il suo culto troverà nel cinema e nelle serie tv la giusta consacrazione.
Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra e Mina - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra - Foto Farabola Raffaella Carra a Forte dei Marmi - Foto Farabola raffaella carra 9 raffaella carra raffaella carra raffaella carra raffaella carra raffaella carra 3 raffaella carra raffaella carra 10 raffaella carra 11 raffaella carra 12 raffaella carra 13 raffaella carra 14 raffaella carra 15 raffaella carra 16 raffaella carra 17 raffaella carra 18 raffaella carra 19 raffaella carra 20 raffaella carra 21 raffaella carra 22 raffaella carra 4 raffaella carra 5 raffaella carra 6 raffaella carra 7 raffaella carra 8 Raffaella Carra - Foto Farabola