1. GABRIEL GARKO, “SOGNO CHE NESSUNO MI CHIEDA PIÙ CON CHI VADO A LETTO”
GABRIEL GARKO CHI
A breve in libreria con la sua autobiografia, Andata e Ritorno, Gabriel Garko troneggia sulla copertina dell’ultimo numero di Chi. All’interno della rivista una ricca intervista firmata Alessio Poeta in cui il divo delle fiction torna a parlare della propria vita privata, lasciando intendere non poco.
Tra le righe, infatti, è lampante il bisogno di Garko di scaricare un peso, evidentemente troppo a lungo sopportato.
Per molto tempo ho dipinto la mia vita con colori che non ho mai gradito. E la violenza più grande è stata quella di averlo fatto consapevolmente. Il mio era diventato un vero e proprio lavoro. Oggo non lo voglio più fare.
Parole forti, che proseguono nel corso dell’intervista. “Sarà un’utopia, ma sogno un mondo dove non ci sia bisogno di raccontare quello che succede nella camera da letto. Dobbiamo superare le barriere, le etichette, i cliché e tutte queste maledette definizioni, lasciando a tutti la libertà di esprimersi come e quando vorranno. Non riesco più a tollerare chi punta il dito, chi giudica, chi vuole dare un nome a tutto e a tutti. E non voglio più sentire parlare di normalità“.
Se non è un coming out, poco ci manca, per un attore che nel 2001, come dimenticarlo, interpretò un omosessuale malato di AIDS ne Le Fate Ignoranti.
gabriel garko bacia barbara d'urso
Accettai, oltre che per il piacere di lavorare con Ferzan, anche per una forma di lotta contro i pregiudizi dettati dal bigottismo. Era il 2001 e a volte ho come l’impressione che non sia cambiato nulla.
A sorpresa, poi, una rivelazione. A 17 anni Garko venne quasi abusato da un uomo sposato.
Era un uomo normale, agli occhi della società. Eppure, come vede, anche nelle famiglie più canoniche può succedere di tutto. In passato non l’avrei mai dichiarato perché avrebbe significato voler far parlare a tutti i costi di me e io, mi creda, non ho mai cavalcato le notizie per farmi pubblicità.pubblicitàte>
gabriel garko a live non e' la d'urso 2
Tra le pagine del settimanale Chi anche due box. Uno della psicologa Ilaria Squaiella, che sottolinea come all’interno dell’autobiografia Garko si sia tolto ‘la maschera’ (“vivere la propria identità di genere con naturalezza, senza sentire pressioni sociali rispetto a un’eventuale dichiarazione di orientamento sessuale, è una svolta rispetto al passato“). Il secondo è firmato Alfonso Signorini, direttore della rivista, che applaudendo Gabriel e torna a demonizzare il coming out pubblico (“provincialismo che non ci fa onore“, lo definisce), con la solita insostenibile frase ‘avete mai visto un etero conquistare copertine o interviste perché ammette di essere etero?‘. Quel che è certo, è che a 47 anni Gabriel parrebbe aver trovato la tanto agognata ‘serenità’ privata e sentimentale.
gabriele rossi
2. ALFONSO SIGNORINI E IL COMING OUT PUBBLICO: “PROVINCIALISMO, AVETE MAI VISTO UN ETERO AMMETTERE DI ESSERE ETERO?”
Nel difendere quanto detto da Gabriel Garko nel corso dell’ultima intervista sul settimanale Chi, da oggi in edicola (“Per molto tempo ho dipinto la mia vita con colori che non ho mai gradito. E la violenza più grande è stata quella di averlo fatto consapevolmente. Il mio era diventato un vero e proprio lavoro. Oggo non lo voglio più fare. Sarà un’utopia, ma sogno un mondo dove non ci sia bisogno di raccontare quello che succede nella camera da letto. Dobbiamo superare le barriere, le etichette, i cliché e tutte queste maledette definizioni, lasciando a tutti la libertà di esprimersi come e quando vorranno.
gabriel garko gabriele rossi
Non riesco più a tollerare chi punta il dito, chi giudica, chi vuole dare un nome a tutto e a tutti. E non voglio più sentire parlare di normalità“), Alfonso Signorini è così tornato a sbandierare una di quelle frasi che al sottoscritto fanno venire i peli ritti. Perché nel 2020 dobbiamo ancora star qui a spiegare l’importanza di un coming out, pubblico o privato che sia, e soprattutto l’evidente differenza con chi è etero, e in quanto tale ‘normale’ agli occhi di quella società fondata sul monolite dell’eterosessualità.
E’ straordinario, poi, come uomini di spettacolo dalle età più differenti (Mengoni, Mahmood, ora Signorini) continuino a dipingere un’Italia più aperta, cambiata a tal punto da non dover rivendicare il proprio orientamento sessuale. Quella presunta, condivisa e tanto chiacchierata ‘fluidità’ che a conti fatti, visto il bollettino omofobo ormai quasi quotidiano a cui ci siamo tristemente abituati, parrebbe proprio non esistere. Tranne che agli occhi di costoro.
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