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    QUESTI VOGLIONO LA BREXIT MA NON SANNO COME - IL PARLAMENTO BRITANNICO NON INTENDE RINVIARE L’USCITA DALL’UE IN CASO DI MANCATO ACCORDO CON BRUXELLES MA DISCUTE LE PROPOSTE DEI LABURISTI NÉ PARTORISCE ALTRE IDEE - THERESA MAY VUOLE RIDISCUTERE L'ACCORDO RAGGIUNTO IL 25 NOVEMBRE SCORSO MA TUSK LA FULMINA: “I NEGOZIATI NON SI POSSONO RIAPRIRE”


     
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    theresa may alla camera dei comuni theresa may alla camera dei comuni

    1 - BREXIT, RINVIO BOCCIATO «MAY TRATTI CON LA UE» RESTA L' INCUBO NO DEAL

    Cristina Marconi per “il Messaggero”

     

    Westminster non vuole. Non vuole rinviare la Brexit in caso di mancato accordo con Bruxelles entro il 26 febbraio, non vuole chiedere una proroga dell' articolo 50, non vuole avere un dibattito sulle proposte laburiste sul tavolo, e peccato perché magari si sarebbe capito quali sono, non vuole passare sei giorni a discutere e votare altre strade possibili per capire cosa, realisticamente, vuole.

     

    jeremy corbyn alla camera dei comuni jeremy corbyn alla camera dei comuni

    E pazienza che Bruxelles non si sia necessariamente disponibile a discutere queste ipotesi: Westminster non vuole. Non vuole però neppure che il paese esca senza accordo, ma quest' ultimo punto il Parlamento britannico l' ha espresso con una maggioranza sottile 318 «yes», sì, contro i 310 no per un emendamento non legalmente vincolante.

     

    LE TENSIONI

    E questo è l' elemento più incoraggiante di una giornata di scambi al fulmicotone nel Parlamento britannico, iniziata con la notizia di un piano segreto in grado di soddisfare sia gli irriducibili dell' Erg, il think tank euroscettico guidato da Jacob Rees-Mogg, che alcuni remainers.

     

    theresa may alla camera dei comuni 1 theresa may alla camera dei comuni 1

    Battezzato Kit Malthouse dal nome del sottosegretario che l' ha vergato, propone un'estensione del periodo di transizione di un anno, fino a dicembre 2021, la riconfigurazione della clausola di salvaguardia sull'Irlanda come accordo di libero scambio light e la promessa di non mettere mai un confine fisico. Giornata finita con il voto sull'emendamento presentato dal conservatore Graham Brady per proporre «soluzioni alternative» sull' Irlanda: è passato, con 317 contro 301 voti, a riprova di come il principio di realtà stia faticando a farsi largo nella politica britannica.

     

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    La premier Theresa May ha accolto con un sorriso il risultato del voto, che le permette di fare con un mandato più forte quello che già in giornata aveva detto chiaramente di voler fare: andare a Bruxelles per riaprire l'accordo raggiunto il 25 novembre scorso e «cambiare in modo significativo e legalmente vincolante» quel backstop irlandese con cui gli euroscettici, ma non solo, temono di restare impelagati nell' Unione europea per sempre. «Opporsi a un no deal non basta per fermarlo», ha spiegato una May più rilassata di quanto sia apparsa nelle ultime difficilissime settimane al termine di un dibattito parlamentare andato avanti tutto il giorno.

     

    LE REAZIONI

    THERESA MAY THERESA MAY

    Nonostante la pioggia di no giunti da Bruxelles e dalle capitali europee contro una riapertura delle 585 pagine di accordo, contenenti i compromessi raggiunti dopo che tutte le altre opzioni erano state scartate, la May si è detta fiduciosa: «Ritengo di poter garantire una tale modifica prima della nostra uscita dall' Unione europea». In precedenza aveva avuto una conversazione telefonica «piuttosto cordiale» di 10 minuti con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker in cui non ci sarebbero state particolari aperture da parte di quest' ultimo sulla possibilità di ricominciare daccapo.

     

    Nella serie di ieri, l' emendamento più atteso era quello astutamente messo a punto da un' esponente della vecchia guardia laburista, Yvette Cooper, per costringere il governo a chiedere un' estensione dell' articolo 50 di nove mesi in caso di mancato accordo entro il febbraio. Era un' assicurazione contro il no deal, almeno a breve termine, ed era anche un modo per far capire agli euroscettici che il divorzio senza accordo non è desiderabile.

     

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    È stato bocciato, con 321 voti contro 298, come quello molto simile ma non legalmente vincolante presentato dalla collega di partito Rachel Reeves. La sterlina, davanti al rifiuto di rinviare la Brexit, è scesa sotto quota 1,31 nei confronti del dollaro, con un calo dello 0,5% rispetto all' avvio di giornata. Poi c'era quello dell' ex procuratore generale Dominic Grieve, conservatore ribelle e pro-Remain, che chiedeva di dedicare sei giorni a discutere e votare piani alternativi. Ma Westminster non ha voluto. Neppure quello che proponeva di mantenere la Scozia nella Ue: bocciato.

     

    2 - MA BRUXELLES GELA LA GRAN BRETAGNA «I NEGOZIATI NON SI POSSONO RIAPRIRE»

    Erica Orsini per “il Giornale”

     

    E adesso l' Europa non può più rimanere alla finestra. Dopo il voto e la dichiarazioni di stasera qualcosa a Bruxelles dovranno pur decidere se non vogliono essere accusati in futuro di non aver fatto tutto il possibile per evitare il tanto temuto «no deal». Theresa May ha dichiarato ieri ai Comuni di voler tornare a chiedere di riaprire le trattative sull' accordo bocciato il mese scorso, in particolare sul quel famigerato «backstop» che rischia di far fallire la Brexit.

    DONALD TUSK DONALD TUSK

     

    Anche se le prime dichiarazione lasciano presagire un confronto tutto in salita: «L' accordo di Brexit è e rimane il migliore e l' unico modo per garantire un ritiro ordinato del Regno Unito dall' Unione Europea. Il backstop è parte di questo contratto e non è aperto per la rinegoziazione», fa sapere un portavoce del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.

     

    La clausola che garantisce l' assenza di un confine fisico tra Irlanda del Nord e Repubblica d' Irlanda anche dopo l' uscita dall' Europa è stata voluta da entrambe le parti soltanto che esistono per ora due punti di vista diversi sulla sua attuazione e questo ha provocato in sostanza il rigetto dell' accordo da parte del Parlamento inglese. Fino a questo momento però a Bruxelles avevano mantenuto la linea dura. Tutti a dire che le trattative non sarebbero mai state riaperte perché quello era il piano migliore che si poteva ottenere. Nessuno però credeva che il Regno Unito sarebbe arrivato a un passo dall' abisso, vale a dire da un' uscita bilaterale senza uno straccio di documento sottoscritto e approvato da entrambe le parti.

    brexit brexit

     

    Negli ultimi giorni la tensione ha cominciato a serpeggiare anche nei corridoi del Parlamento europeo soprattutto per il rischio, sempre più incombente, che la Gran Bretagna possa finire fuori dall' Unione, non tanto intenzionalmente, ma semplicemente perché il tempo legalmente previsto per le negoziazioni giungerà alla fine senza che sia stato raggiunto un accordo finale, come ha detto la vice capo negoziatrice europea della Brexit, Sabine Weyand.

     

    «Fino ad ora siamo rimasti affascinati da quello che stava accadendo alla Camera dei Comuni ha dichiarato alla Bbc ma dateci qualche settimana. Se non cambia nulla comincerete a notare i primi segnali di panico nelle capitali europee...».

     

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    Certo fino a ieri c' era chi pensava che rimanere a guardare fosse la mossa più intelligente. Continuare a rifiutarsi di riaprire le trattative avrebbe potuto convincere il Regno Unito a optare per una soft Brexit per evitare il «no deal». L' approvazione dell' emendamento del Conservatore Graham Brady, che affida a May l' incarico di cercare una soluzione alternativa al «backstop», lancia però un chiaro segnale all' Europa e allo stesso tempo garantisce al primo ministro più forza nei confronti dell' Unione.

     

    manifestazioni contro la brexit 1 manifestazioni contro la brexit 1

    Ieri, prima del voto ai Comuni, la premier aveva già avuto un colloquio con Jean-Claude Junker che aveva riconfermato una chiusura totale. Così come il presidente francese Emmanuel Macron: «È il migliore accordo possibile. Non è rinegoziabile». La possibilità di un' uscita è un' eventualità che «nessuno vuole, ma per la quale dovremmo tutti preparaci». Ora però, sebbene malvolentieri, a Bruxelles potrebbero essere costretti a mostrare una qualche apertura nei confronti dei cambiamenti richiesti dagli inglesi.

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