Quirino Conti
QVIRINO CONTI per DAGOSPIA
Girarci attorno con aria pudibonda e suffragista è persino ridicolo: il sesso della Moda non è da sempreche verde; come quel garofano esibito allusivamente all’occhiello da Oscar Wilde. E in quota verde sopravvivono ormai i residui esemplari di stilisti non ancora fatti fuori dall’agguerrita invadenza di ex assistenti professioniste per decenni in lamentose quote rosa.
Nonostante la stessa idea platonica del mestiere sia sempre e ancora configurata sul prototipo Valentino, e i coming out di Versace, Dolce & Gabbana e Armani – solo per citarne alcuni – abbiano reso pressoché insostituibile nello Stile quel certo genere di plastica identità.
Del resto, nei due cicli che vannodal 1919 al ’39 e dal 1940 ai ’90, solo un pugno di nomi rilevanti era retto a Parigi da “creatrici”. Che tuttavia, al nascere, nonostante il fasto e l’internazionalità, assai poco differivano per sostanza dal modello Sorelle Materassi descritto da Palazzeschi: come le più diverse “Sorelle” artigiane del gran lusso sostenute da schiere di giovanottini ipersensibili nell’ombra, prima che la professione richiedesse una struttura più intellettuale e autori provati.
Versace, Prada, Sara Burton
Ora la svolta, soprattutto dopo l’avvento degli elefantiaci grandi gruppi: che non avendo alcuna disposizione culturale per lanciare nulla e nessuno, per stretta ottusità burocratica arraffano dal cassetto di casa quel che vi trovano – persino del pane raffermo – non volendo lasciare vuota una poltrona neppure per un semestre.
Altre erano le storie di chi arrivava a Roma, Firenze e Milano (come pure a Parigi) con il cosiddetto sogno nel cuore e nelle carni; riuscendo a spuntare dal nulla dopo protratte e anonime esperienze fino a divenire tutto quel che ci racconta la storia del made in Italy. E non c’era giornale di moda che non coltivasse con stupore e ammirazione questi centauri dello Stile: eccezionalmente capricciosi ma pure gentili, generosi, intelligenti, e talora persino bellissimi e ricchi.
Simone Rocha - Fendi Jackson Wang Capsule - Silvia Venturini Fendi/Serge Brunschwig - Victoria e David Beckham - Etro - Stella McCartney - Rosita, Angela, Margherita Missoni
Comunque anomali e diversi, in uno specifico già presente nel cinema, in letteratura, così come nelle arti in genere. Fino a vere genialità: come Armani, ad esempio, soffocato a ogni passo da adepte e vestali. Intanto che Mariuccia Mandelli (in arte Krizia) lagnava una solitudine impietosa; guardata dall’ufficialità dell’ambiente con simpatia ma pur sempre come un’intrusa. E tale appariva stando agli standard del tempo.
Quando agli applausi non si volevaaltro che la fragilità intenerente di un poeta à la Yves Saint Laurent; anche allo stremo (oh, le mamme!). Giacché persino quelle sussurrate abitudini notturne divenivano amabili agli occhi di coltivate signore in genere con noiosissime figure maschili accanto.
Courreges by Yolanda Zobel - Nadège Vanhee-Cybulski (Hermes) - Clare Waight Keller (Givenchy) - Julie de Libran (Sonia Rykiel - Clare Waight Keller/Megan Markle
Ora, invece – salvo rare e preziose eccezioni: dal codice Prada alla scuola romana di Fendi, al virtuosismo di Sarah Burton, Simone Rocha e di poche altre –, perlopiù loquaci badesse, volenterose veterane della fotocopia. Mentre tutto si spegne in un regime segnato ormai da sparuti esemplari in quota verde.
E persino in Vaticano, allarmati, si cerca un qualsiasi alibi pur di arginare lo scalpitio di impetuose Superiore desiderose solo di divenire diaconesse.
Virginie Viard/Karl Lagerfeld (Chanel) - Maria Grazia Chiuri (Christian Dior) - Maria Grazia Chiuri/Chiara Ferragni - Natacha Ramsay-Levi (Chloe) – Virginie Viard (Chanel)
Ma per i fallocratici Signori della Moda tutto questo ha poca importanza: basta far girare un fatturato da un marchio in perdita all’altro.