Marco Mensurati per La Repubblica
FRANCO CARRARO
«Giocavo anche a calcio, ma non ero bravo. Però portavo il pallone e così mi garantivo il posto in squadra. I due peggiori facevano i portieri, a me non è mai toccato ». Se lo sport italiano fosse un romanzo, la citazione che definirebbe meglio il carattere, l' ironia e la storia - in una parola il karma - di uno dei suoi protagonisti sarebbe questa. E non è un caso che Franco Carraro l' abbia sistemata nel capitolo di apertura della sua biografia, Mai dopo le ventitré. Realizzata insieme con Emanuela Audisio, un' opera che non è solamente la cronaca della vita di uno dei personaggi più rilevanti del panorama sportivo del nostro paese, ma la testimonianza di un uomo che ha attraversato, quasi sempre godendo di una prospettiva privilegiata, quasi ottant' anni di storia nazionale.
Fausto Coppi
Fatti, eroi, miti e scandali scorrono tra le pagine, uno dietro l' altro, sullo sfondo delle mille mutazioni genetiche subite dal paese in questo ampio arco temporale. Carraro ricostruisce tutto con lucidità e gusto del racconto, in presa diretta e senza lesinare aneddoti. Come quello sul doping di Fausto Coppi. «A Porto Rico nel '78, quando sono presidente del Coni, conosco Luigi Casola, gregario di Coppi (..) mi racconta di Coppi, del Giro, delle corse a tappe: "Al terzo giorno prendevamo una pastiglia di simpamina". La prendevo anch' io, nell' ultima notte prima degli esami, all' università. (...) Allora Coppi al terzo giorno prende una pastiglia. Con la simpamina sei eccitato e tendi a dormire poco. Tra l' altro, Casola racconta che a Coppi l' attività sessuale piaceva ed erano poche le donne che gli resistevano. Alla fine ne prendevano manciate».
MOGGI GIRAUDO
Oltre agli aneddoti, al racconto, Carraro ha le idee chiare sui molti problemi che, allora come oggi, affliggono lo sport. A partire proprio dal doping. Anche nel calcio. «Quando vedo che in un anno non è uscito nemmeno un positivo, mi chiedo: non è che hanno trovato il trucco per farla franca? Nella vita insegui il ladro che ha scassinato la cassaforte, ma nello sport insegui il ladro che ha trovato il modo legale per aprirla. La Wada (...) deve fare due grandi convenzioni. Una con un grande istituto scientifico, tipo Mit di Boston o Istituto Pasteur di Parigi, perché indaghi scientificamente sul doping e sia sempre aggiornato. E poi è necessario chiedere alla Corte dell' Aia se può fare una sezione sportiva, ma con tempi di giudizio veloci».
GASPARRI DALEMA
Idee chiare anche sui diritti tv: che secondo Carraro sono in parte soggettivi e in parte collettivi. Lui, al tempo della presidenza di Lega, era quasi riuscito a far passare questo concetto. «Mentre stiamo realizzando questo schema, Massimo D' Alema diventa presidente del Consiglio. D' Alema, grande tifoso giallorosso, in sintonia con Franco Sensi, presidente della Roma, e con i miei amici Giraudo e Galliani, fa fare al governo una legge che dice che i diritti delle società sono soggettivi». Che poi, secondo Carraro, è l' inizio di tutti i guai del calcio. Quelli dello sport invece cominciano negli Anni 90, quando «il Coni si è impigrito, si è messo in pantofole, incapace di trovare una risposta alla crisi del Totocalcio.(...) Il Coni non ha capito che il calcio si stava trasformando e che forse valeva la pena di buttarsi nella gestione delle scommesse».
montezemolo e franco carraro
Infine non poteva mancare il capitolo su Calciopoli. «Al di là del folklore, le telefonate dimostrano che le irregolarità partono dal settembre del 2004, proprio quando io intuisco che è ora di cambiare i due designatori». Collina, però, si era detto disponibile per l' anno seguente e così Carraro decide di andare avanti con Bergamo e Pairetto. «Rimando, per pigrizia. È un grande sbaglio. È solo mio. Ed è strano che lo commetta proprio io. Nel senso che non sono tipo da rimandare le decisioni. Purtroppo i due designatori vengono a conoscenza della notizia. E da lì inizia il disastro. Diventano ostili».
GUIDO ROSSI
Alla fine, il giudizio è complesso: «Guido Rossi ha un grande merito: complessivamente ha gestito bene Calciopoli. In maniera rapida e tempestiva, ha consentito al campionato di iniziare e alle squadre italiane di essere iscritte alle coppe europee. È stato un chirurgo sul fronte di guerra: ha operato d' urgenza, ha asportato, magari più del dovuto, però ha rimesso in piedi un corpo che tutti pensavano moribondo».
Rivera Carraro Rocco Castelfranchi
E però: «È stato sbagliato da parte di Guido Rossi assegnare a tavolino all' Inter lo scudetto del 2006. Una scelta molto pesante anche perché un mese dopo Rossi va a fare per la seconda volta il presidente di Telecom, il cui maggiore azionista è Marco Tronchetti Provera, vicepresidente dell' Inter. Non credo alla malafede di Rossi, quanto piuttosto a una sua superficialità ».