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    CHI HACKERA GLI HACKER? - SECONDO I DIRIGENTI DI 'HACKING TEAM', DUE EX DIPENDENTI HANNO VENDUTO IL SOFTWARE SPIA A TERRORISTI SAUDITI - I LORO AVVOCATI: ''BUFALE, L'INCHIESTA CHIARIRÀ TUTTO''


     
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    Martina Pennisi per www.corriere.it

     

    DAVID VINCENZETTI - HACKING TEAM DAVID VINCENZETTI - HACKING TEAM

    Sono passati quattro mesi dal furto di 400 GB di dati dalla società milanese di software spia Hacking Team e l’intricata vicenda non accenna a esaurirsi. Se, da parte sua, l’azienda si sta rimettendo in piedi con una nuova versione del programma Remote Control System e con lo sviluppo di ulteriori prodotti, come ha riportato Motherboard, dall’altra stanno emergendo possibili legami - indiretti- con jihadisti. Secondo la Procura di Milano, che ha disposto perquisizioni nella società di Torino Mala srl, fondata lo scorso maggio da due dipendenti fuoriusciti da Hacking Team, i programmi spia sarebbero finiti anche nelle mani di terroristi sauditi.

     

    PAGAMENTI A UNA SOCIETÀ SAUDITA

    Stando alle indagini del pm Alessandro Gobbis, i due ex dipendenti - il commerciale libanese Moustapha Maanna e lo sviluppatore Guido Landi - avrebbero venduto un clone della soluzione di Hacking Team. Ipotesi sostenuta anche da Vincenzetti, che al Corriere della Sera dichiara di non poter commentare un’indagine attualmente in corso e comunque precedente al furto dello scorso luglio. Il Ceo di Hacking Team li aveva accusati di aver sottratto nel 2014 il codice sorgente per replicare il software. Si parla, quindi, di fatti e inchiesta precedenti all’attacco di luglio.

    HACKING TEAM HACKING TEAM

     

    I due sono indagati per accesso informatico abusivo e rivelazione di segreto scientifico o industriale. Alla base dell’intervento odierno nella struttura torinese, accertamenti bancari che hanno fatto emergere un bonifico di circa 300 mila euro del novembre 2014 da un conto riconducibile alla società saudita Saudi Technology Development alla Mala srl. La causale ufficiale sarebbe stata quella di un servizio di formazione professionale che, però, non sarebbe mai stato effettuato.

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    LE DIVERSE IPOTESI

    Varie le ipotesi al vaglio del pm Gobbis: che un «clone» dello spyweare sia stato creato e venduto dalla Mala Srl a una società vicina la governo saudita o ad un gruppo di militari del Paese arabo, interessati a svolgere attività di polizia, o che sia stato comprato da un gruppo di jihadisti per neutralizzare al sorveglianza nei loro confronti e a mettere in atto a loro volta attività di controllo. Per il momento, però, la Procura di Milano non ha ancora chiarito chi siano effettivamente i soci della società saudita.

     

    IL TRADIMENTO DEI DUE EX DIPENDENTI

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    Maanna e Landi sono accusati di essersi «introdotti abusivamente in un sistema informatico di interesse pubblico per estrarre dati e informazioni tecniche in modo da cagionare il danneggiamento o l’interruzione parziale del funzionamento» e di «aver utilizzato o comunque rivelato a terzi il codice sorgente rcs Galileo ovvero parti del predetto codice nonché altri dati di pertinenza di Ht».

     

    «LE ACCUSE SONO BUFALE DIFFUSE DA HT»

    «Siamo tranquilli e certi che le indagini dimostreranno che le accuse che ci vengono mosse sono bufale diffuse da Hacking Team», ha affermato il legale di Manna e Landi, Sandro Clementi, respingendo le accuse. Nel decreto di perquisizione, prosegue, «non c’è alcun riferimento al fatto che la società Mala srl», fondata dai due indagati, «possa aver venduto servizi informatici agli arabi, poi finiti in mano ai terroristi».

     

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    Quella del terrorismo, secondo il difensore, «può essere un’ipotesi investigativa, ma non è stata messa nero su bianco. Negli interrogatori di luglio, chiesti da noi abbiamo spiegato i rapporti commerciali della società Mala, giustificati da contratti. Non abbiamo nulla da nascondere, siamo contenti che le indagini vadano avanti. Verrà dimostrata la nostra estraneità».

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