Estratto dell’articolo di Giovanna Cavalli per corriere.it
ILARIA VENTURINI FENDI
«Porti la minigonna troppo corta, mi rimproverò Karl Lagerfeld. Preoccupato perché gli avevo confidato che la sera, quando rientravo all’Hotel Cambon, durante il mio stage di due anni da Chanel, a Parigi, sentivo che qualcuno mi stava spiando dall’altra parte del chiostro, come nel film La finestra sul cortile . Karl voleva che cambiassi subito casa. Era molto affettuoso con me. Una presenza fissa nella nostra vita. Ed io l’ho amato immensamente», racconta Ilaria Venturini Fendi, 57 anni, figlia di Anna (la seconda delle cinque leggendarie sorelle romane della Moda, che ha da poco compiuto i 90 «ed è presentissima, acuta, dovrebbe leggere i messaggini che mi manda sul cellulare»), parlando delle sue almeno due vite in una.
Prima designer creativa nell’azienda di famiglia, anche dopo la vendita del prestigioso marchio al gruppo Lvmh. Poi dal 2003 imprenditrice agricola ai Casali del Pino, 174 ettari di tenuta a nord di Roma, dentro al parco di Vejo. Un’ex piantagione di tabacco riconvertita al biologico, con annesso spaccio di prodotti nostrani, ristorante e piccolo hotel da 16 stanze, dove l’ex Fendissima alleva pecore, produce formaggi e coltiva grani antichi e foraggere, sempre secondo il primo sacro comandamento del km 0.
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Con Fendi avete vestito molte celebrities.
«Ricordo quando Federico Fellini veniva a vedere le sfilate. I fantastici racconti di mamma che lavorava con Luchino Visconti. Le visite di Silvana Mangano. A Fregene, al Villaggio dei Pescatori, il nostro vicino di casa era Marcello Mastroianni. Passava al bar perché lì c’era l’unico telefono a gettoni e chiamava la figlia in Francia. Si divertiva con noi bambini al gioco dell’elastico. Un giorno Mariangela Melato mi ospitò nella sua roulotte mentre girava un film, fu molto affettuosa, cercava di consolarmi, avevo perso papà da poco».
Disastri e contrattempi durante una sfilata?
«Il periodo delle contestazioni animaliste è stato difficile. Invece che non si trovi un vestito o che abbia l’orlo scucito è all’ordine nel giorno, ma ci sono le sarte e si risolve. Dopo il piano A c’è sempre il B e avanti fino allo Z».
Venti anni fa disse addio a Fendi.
«Quando lavori in un’azienda di famiglia, non sai mai se ci stai solo per il cognome o per le tue reali capacità. Ho fatto una lunga gavetta interna, percorso molta strada. E sono rimasta anche dopo la vendita del marchio nel 2000. Segno che meritavo quella posizione. Però...».
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Però?
«Il lavoro nella moda è bellissimo e creativo, ma è molto cambiato nel tempo. Allora aveva subito una brusca accelerazione, si erano aperti nuovi mercati, era entrata la grande finanza. I calendari erano sempre più fitti, mi sono sentita fagocitata da questi ritmi. E mi sono licenziata».
E sua madre Anna come l’ha presa?
«All’inizio era preoccupata ma, conoscendomi nel profondo e vista la mia risolutezza, mi ha augurato il meglio e mi aiuta anche oggi».
Ha più rivisto Lagerfeld?
«Quando lasciai gli scrissi una bellissima lettera. Negli ultimi tempi ho sentito il bisogno di rivederlo e sono passata a salutarlo dopo una sfilata. “Ti voglio bene”, gli dissi. Lui mi ha guardato negli occhi e poi mi ha dato un piccolo schiaffetto sul viso. Poi mi ha baciato e abbracciato».
Non è stata mica ferma.
«Quando sono riuscita a comprare i Casali del Pino ho realizzato il mio sogno. Ho cambiato vita. Non è stato facile. Solo per poter avviare il restauro della tenuta e del borgo ho atteso oltre sette anni, un’odissea burocratica con almeno 24 enti diversi».
Ha studiato da contadina.
«Un corso di cinque mesi da imprenditore agricolo. Non basta, continuo ad apprendere ogni giorno. E lavoro in squadra anche qui, come nella moda. La campagna è il nuovo business, dicevano. Ma il biologico è di più, è uno stile di vita».
Ha imparato a fare il formaggio.
«Volendo lo so preparare. Ma quella del casaro è un’arte, io ho il mio fedele Donato che è un maestro. Produciamo ricotta, caciotte e mozzarelle di pecora».
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Vive in jeans e stivali.
«Scarpe grosse, cervello fino, si dice no? Ma resto sempre una donna, passo da un eccesso all’altro, nell’armadio ho stupendi abiti da sera».
Non ha resistito al richiamo e dal 2006, con il marchio Carmina Campus, crea borse, accessori e arredi riciclando materiali di scarto.
«Quando si parla di moda sostenibile uno immagina qualcosa di cheap, invece grazie al know how di famiglia e agli artigiani capaci con cui collaboro, usiamo materiali improbabili per ottenere oggetti di lusso».
Ilaria Venturini Fendi
E poi ci sono i fiori.
«Ogni anno, nel weekend del 25 aprile, ai Casali del Pino ospitiamo Flora Cult, mostra di piante e fiori con 160 espositori di eccellenza».
Si è pentita o è felice così?
«Più che felice. Non tornerei mai indietro. Penso che il mio più grande successo sia stato diventare il capitano della mia vita».
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