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    IL LUNGO OCCHIO DEL FISCO - IN FRANCIA GIA’ SI UTILIZZANO SOCIAL NETWORK E BIG DATA PER SCOVARE GLI EVASORI - IN ITALIA ESISTE GIÀ QUALCOSA DI SIMILE DAL 2016: È PREVISTO CHE ALLE NOTIZIE CHE SI POSSONO OTTENERE DALLE BANCHE DATI, SI AGGIUNGONO QUELLE CHE PERVENGONO ANCHE DA “FONTI APERTE” - LA DIFFERENZA TRA I DUE PAESI E’ CHE…


     
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    Alica Scaglioni per il “Corriere della Sera”

     

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    Poco prima dello scoccare del nuovo anno, il Consiglio Costituzionale di Parigi ha dichiarato guerra agli evasori fiscali, anche sui social network. Per scovare i francesi che ingannano il Fisco ha dato il via libera alla norma 154 inserita nella Finanziaria 2020, che consentirà all' Agenzia delle Entrate di avvalersi di un algoritmo per raccogliere informazioni online.

     

    Oltralpe, quindi, la caccia agli evasori fiscali può ora contare sui post di Facebook, Twitter e Instagram, come ha annunciato il ministro dei Conti pubblici Gérald Darmanin con un tweet del 27 dicembre 2019. La notizia della nuova norma francese ha avuto una grande risonanza, anche in Italia, dove però esiste già qualcosa di simile dal 2016.

     

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    Nella circolare numero 16/E del 28 aprile 2016 dell' Agenzia delle Entrate, in cui si elencano gli indirizzi operativi per la prevenzione e il contrasto all' evasione, è scritto che alle notizie che si possono ottenere dalle banche dati «si aggiungono quelle che pervengono da altre fonti, ivi incluse fonti aperte».

     

    Un altro documento che ne attesta l' uso è la circolare della Guardia di Finanza numero 1/2018, pubblicata il 4 dicembre 2017, in cui si parla della possibilità di cercare «elementi utili non risultanti dalle banche dati», con «particolare attenzione alla consultazione delle "fonti aperte" (articoli stampa, siti internet, sociale network) al fine di acquisire ogni utile elemento di conoscenza sul contribuente da sottoporre a controllo e dunque sull' attività da questi esercitata».

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    Si può quindi parlare dell' indagine sui social network come di una consuetudine anche in Italia ? Per Marco Cerrato, avvocato partner dello studio tributario con base a Milano Maisto e Associati e professore all' Università di Castellanza, non c' è alcun dubbio. «In Italia c' è una prassi abbastanza radicata dell' amministrazione finanziaria e della Guardia di finanza di usare i social network per individuare fenomeni di evasione fiscale, ma non solo: sono utilizzati anche come prove per cause divorzili».

     

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    Ci sono alcune sentenze che già ne testimoniano l' uso, come la numero 1664/2017 della Corte di Appello di Brescia, in cui si fa riferimento alla «documentazione estratta da Facebook» che evidenzia un' incongruenza tra la vita del contribuente nota al Fisco e quella esibita dallo stesso soggetto sulla piattaforma online, merito di redditi non dichiarati. «La differenza rispetto alla Francia, mi sembra di capire - conclude Cerrato - è che è previsto un algoritmo che lavora in automatico e potrà diventare fonte di innesco investigativo, mentre in Italia il ricorso ai social network viene usato come a conforto di indagini già avviate. proprio in questo senso, generando degli spunti investigativi dai big data, la norma francese potrebbe essere il vero salto di qualità».

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