Raffaele Genah per "il Messaggero"
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Non c'è più tempo da perdere. I dati degli ultimi giorni parlano chiaro. 6275 casi di covid nelle ultime 24 ore, quasi il 5 per cento dei tamponi esaminati risultano positivi: per il commissario anti-corona Salman Zarka, nel pieno della quarta ondata, Israele è ormai arrivato a un punto critico.
La cifra più alta da sette mesi a questa parte. E se in passato, durante la campagna vaccinale, il paese era stato indicato come modello da seguire, ora il timore è che l'andamento della progressione del virus possa diventare un indicatore da tenere sott'occhio con uguale attenzione perché anticiperebbe di alcune settimane quello che potrebbe accadere negli altri paesi.
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Il nuovo governo guidato da Bennet cerca di correre ai ripari, approvando misure straordinarie che vanno dall'impiego di altri 1.500 agenti di polizia fino all'utilizzazione dei droni per far rispettare l'uso delle mascherine, la verifica dei Green pass e il rispetto della quarantena (attualmente più di 18 mila le persone si trovano in isolamento). Da oggi altre restrizioni per chi arriva dall'estero (Stati Uniti e Italia compresa): anche se immunizzati dovranno tutti sottoporsi alla quarantena.
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LA CAMPAGNA RIPARTE E parallelamente si torna a puntare forte sulla campagna vaccinale. Dopo i giovani tra i 12 ai 16 anni (il 34 per cento ha già risposto positivamente), da una settimana è partita quella per la terza dose agli ultra sessantenni, ma resta sempre un punto debole: sono oltre 1 milione e centomila le persone che non si sono vaccinate. Le maggiori resistenze vengono - come già era accaduto nella prima fase - dagli ultraortodossi e dagli arabi israeliani, un terzo dei quali non si è ancora immunizzato: a loro si aggiunge una frangia di No vax che negli ultimi giorni ha lanciato pesanti minacce contro la direttrice del ministero della sanità.
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Numeri e studi scientifici offrono prospettive diverse e conclusioni talvolta contraddittorie: secondo alcune ricerche la copertura del vaccino resterebbe elevata anche in presenza della variante delta, secondo altre si ridurrebbe da oltre il novanta per cento a poco più del 60 per cento, e c'è che chi sostiene che la percentuale sarebbe anche inferiore.
DATI In assenza di dati certi è stata accolto comunque con ottimismo e interesse della comunità Scientifica l'esito delle sperimentazioni su un farmaco messo a punto dal Sourasky Medical center di Tel Aviv secondo cui il 93 per cento dei 90 casi gravi trattati con questa cura è stato dimesso dall'ospedale in cinque giorni.
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Il farmaco è ancora sotto sperimentazione: dopo i test compiuti in Israele ora, nella seconda fase, la ricerca si svolge in Grecia dove è stato possibile sottoporre la cura ad un numero maggiore di pazienti. Secondo il responsabile della ricerca, il professor Nadin Arber il farmaco farebbe leva su una molecola, chiamata CD24, ancorata alla membrana delle cellule, e dunque presente naturalmente negli organismi umani che sarebbe in grado di regolare la tempesta di citochine che provocano il deterioramento del sistema immunitario.
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I PLACEBO «Per quanto promettenti possano essere i risultati delle prime due fasi della sperimentazione - suggerisce con opportuna cautela il professor Arber - nessuno può essere sicuro di nulla finché i risultati non vengono confrontati con quelli dei pazienti che ricevono il placebo»: allo studio prenderanno parte ora altri 155 pazienti, ad un terzo dei quali sarà somministrato un placebo. I risultati potrebbero essere resi noti entro la fine dell'anno.