LEO MESSI CONTRO ATHLETIC BILBAO
Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
È un mostro, e pure un uomo. Un genio e un peccatore. Il talento che abbaglia e l’altra faccia della luna, nero notte. È il migliore al mondo, è un trascinatore di folle, e anche un principino bizzoso, o un sedizioso da spogliatoio. Segna gol indimenticabili e serve assist a compagni che in alcuni casi ama di un amore sincero, ma intanto ha già fatto pollice verso a tre allenatori del Barça, Guardiola e Luis Enrique compresi.
È golpe e lione, squalo e cerbiatto. Marito devoto, padre amorevole, però geloso in modo lancinante della popolarità altrui, come lo fu di Ibrahimovic che infatti durò poco, o di Cristiano Ronaldo, che detesta, pienamente ricambiato. Ha un ingaggio da 20 milioni all’anno e un nugolo di sponsor, ma ogni tanto si dimentica di pagare le tasse: lo scorso anno ha patteggiato una multa da 41 milioni, pare con grande sollievo.
LEO MESSI CONTRO ATHLETIC BILBAO
Lionel Messi non finisce mai ed è un impasto di cose, di opposti che non si attraggono e che convivono nel suo piccolo, esplosivo, incredibile corpo: è un uomo e un atleta moderno, nel senso più junghiano del termine. Fenomeno e mascalzone, artista e complottista. Una persona, insomma. Come tutti noi.
Il grande Barcellona di questa stagione di grazia nasce all’inizio di gennaio, quando Leo scatena la “tempesta perfetta”, come ormai la chiamano qui. Tornato dalle ferie di cattivo umore, perché sa che Cristiano vincerà il Pallone d’oro, litiga con Luis Enrique in allenamento, poi si ritrova in panchina, insieme a Neymar, contro la Real Sociedad.
LEO MESSI CONTRO ATHLETIC BILBAO
Il Barça perde su autogol, e nel giro di appena 48 ore accadono tante cose: Leo manda a quel paese lo psicologo del club, amico di Luis Enrique; non si presenta all’allenamento, adducendo un mal di pancia; viene licenziato Zubizarreta, ds vicinissimo al tecnico, e si dimette Carles Puyol, legato a Zubi, tutte cose che indeboliscono sensibilmente la posizione dell’allenatore; Leo movimenta un gruppo su whatsapp dei giocatori del Barcellona (dal nome Golden Player) e c’è un frenetico scambio di messaggini, in cui tutti fanno quadrato promettendo di andare avanti insieme; il presidente Bartomeu convoca in gran fretta le elezioni per la presidenza del club, per «abbassare la tensione».
LEO MESSI CONTRO ATHLETIC BILBAO
E soprattutto, dalla partita successiva Messi non uscirà più dal campo. Mai. Neppure per un minuto. Novanta minuti a partita, sempre, anche se il Barça vince 6-0 o 8-0, ed è capitato. Anche sabato notte, sul 3-1 contro l’Athletic in finale di Copa del Rey, a una settimana da Berlino, Messi rimane sul prato, non ha bisogno di riposo, e guai a chi glielo impone: chi ci prova è perduto, infatti Luis Enrique si trova nella condizione paradossale di chi sta per vincere tutto ma non sa se verrà confermato, anzi con ogni probabilità non lo sarà.
leo messi da bambino
Ma intanto dalla tempesta perfetta a oggi il Barça ha vinto 31 partite su 34, e intanto la Liga e la Copa, in attesa di Berlino. Messi, Neymar e Suarez hanno segnato 120 gol in tre, sono amicissimi, Messi e Suarez prendono il mate insieme e hanno i figli nello stesso nido, Messi e Neymar hanno lo stesso tatuatore e ora anche lo stesso linguaggio tecnico, dopo un anno di incomprensioni, e O’Ney si sbizzarrisce in campo con le sue giocate da foca, anche se l’altra sera quelli dell’Athletic si sono incavolati: «Si arrabbiassero pure, ma è il mio modo di giocare e continuerò così. Anche contro la Juve, se serve », ha detto Neymar. In 59 partite ufficiali, il Barça ha un ruolino di 173 gol realizzati e 37 incassati. Macronumeri di rara mostruosità, incarnati da Leo che in questo scorcio di stagione, quando molti si affievoliscono, sembra fresco come una rosellina.
18 wags antonella roccuzzo e leo messi
Il suo primo gol all’Athletic, con slalom da centrocampo, quattro avversari saltati in velocità e sinistro in corsa sul primo palo, è già considerato il suo più bello ed è stato un prodigio come e più di quello che segnò al Bayern, appena tre settimane fa, facendo scoppiare il Camp Nou e l’autostima di Boateng, che ancora non si è rialzato, e sotterrando Pep Guardiola, il padre, il tecnico che gli ha dato di più, ma a cui Leo non ha più nulla da dire, perché lo cancellò tre anni fa dalla sua vita e da quella del club.
TATA MARTINO E LEO MESSI
Un Messi così non si era mai visto, nel pieno com’è della maturità atletica, umana e professionale, a non ancora 28 anni. Anche per merito di Giuliano Poser, il medico dello sport e nutrizionista di Sacile a cui Leo si è rivolto mesi fa, per risolvere i suoi problemi alimentari e di digestione, che un anno fa lo facevano vomitare in campo.
Poser gli ha tagliato dal menu la carne e le varie schifezzuole di cui Messi è ghiotto (anche Guardiola a suo tempo lo pizzicava spesso a svuotare i distributori di merendine), lo ha messo a regime di verdure, l’ha rigenerato e l’ha fatto dimagrire di cinque chili: confrontate le foto di adesso con quelle di un anno fa, e noterete le guance scavate, tiratissime.
JORGE E LEO MESSI
E guardategli il braccio destro, con un assurdo tatuaggio con dentro una finestra della Sagrada Familia, un orologio, un fior di loto, le cartine della Catalogna e dell’Argentina. Perché Messi è anche argentinissimo e catalanissimo, anche qui diviso in due, due patrie e due cuori, un ristretto clan di amici e parenti, un figlio di due anni e mezzo, Thiago, e un altro in arrivo.
Thiago gli ha cambiato la vita, l’ha messo a confronto con le angustie dei padri, ben più ansiogene di quelle degli attaccanti: «Lo vado a prendere all’asilo e lui non è mica felice di tornare a casa, vorrebbe rimanere lì perché si diverte. È normale, dite?». I compagni lo hanno rassicurato: Leo, tranquillo, è tutto normale. Eh sì: anche i mostri hanno un cuore. Anzi, ce l’hanno più grande degli altri.
LEO MESSI IN TRIBUNALE PER LACCUSA DI EVASIONE FISCALE LEO MESSI POSA PER DOLCE E GABBANA FOTO LAPRESSE PAPA FRANCESCO BERGOGLIO CON LEO MESSI IN VATICANO JORGE E LEO MESSI