Estratto dell’articolo di Alessandro Da Rold per “La Verità”
MERCATO ARTE
Poco più di quattro anni fa, nel primo anno della pandemia da Covid 19, le gallerie d’arte tedesche entravano in una crisi senza precedenti, con una perdita secca di più del 40% delle entrate annuali rispetto alle precedenti. In tanti chiudevano o cercavano di delocalizzare, con un fatturato complessivo che si era ridotto di quasi 300 milioni di euro.
A contribuire alla crisi era stata l’assenza di collezionisti stranieri, bloccati dalle restrizioni e dall’assenza di fiere. Ma a pesare sul settore in quegli anni era soprattutto l’Iva ordinaria al 19% che, nel 2014, era stata reintrodotta per i mercanti d’arte abolendo quella ridotta al 7%. All’epoca, e per breve tempo, l’aliquota era stata abbassata al 16% per mitigare la crisi pandemica. Ma nell’arco di tutti questi dieci anni, l’Associazione federale delle gallerie e dei mercanti d’arte tedeschi (Bvdg) ha continuato a dare battaglia per tornare a prima del 2014.
mercanti d arte
Il loro ragionamento è sempre stato molto semplice e diretto: una tassazione così alta non permette di essere competitivi con gli altri Paesi. In questo modo i galleristi scappano, preferiscono altri paesi. E così nelle scorse settimane, sull’onda della nuova direttiva europea dell’aprile del 2022 […] e del passo avanti della Francia (che è stata la prima a inserire la riduzione al 5,5 % nell’ultima Finanziaria), anche la Germania ha deciso di allinearsi: il governo tedesco ha deciso di ridurre l’imposta sul valore aggiunto per le vendite di opere d’arte a un’aliquota ridotta del 7% a partire da gennaio 2025.
PRESTITI MERCATO ARTE
[…] L’Italia è in ritardo. E risulta tra i Paesi più svantaggiati in Europa. Nel nostro Paese, l’Iva è al 22%. Germania e Francia possono vendere a 7 e 5,5%. Non solo. Oggi l’aliquota fiscale pari al 10% relativa all’importazione delle opere d’arte colloca il nostro Paese ai vertici delle classifiche europee: nel Regno Unito è del 5%, in Francia del 5,5%, in Germania, appunto, del 7%.
In pratica i nostri competitor importano ad aliquote basse e rivendono allo stesso modo, mentre noi siamo sempre al 22%. È evidente che le imposte estere […] non fanno che scoraggiare il trasferimento di beni artistici nel nostro Paese: qualsiasi collezionista che volesse importare un’opera nell’Unione europea non lo farebbe certamente in Italia.
Sirio Ortolani
«Se non verrà abbassata l’aliquota anche in Italia, il mondo dell’arte subirà una perdita di posti di lavoro e una fortissima delocalizzazione», spiega Sirio Ortolani, presidente dell’Associazione nazionale gallerie d’arte moderna e contemporanea. «Le gallerie d’arte sposteranno le loro sedi operative nei Paesi dove l’imposta è vantaggiosa, mentre altre, semplicemente, chiuderanno per non riaprire più. […] Dunque, mi auguro che il nostro Paese segua quanto prima l’esempio della Germania e della Francia».
Per di più il nostro Paese, pur disponendo di un immenso patrimonio storico-artistico, genera solo il 2% del fatturato europeo. Questo rappresenta un vero controsenso per l’Italia. Il mercato dell’arte italiano genera un indotto complessivo di 4 miliardi di euro, impiegando circa 50.000 posti di lavoro tra settori direttamente coinvolti e operatori esterni.
un' asta
«La non competitività del mercato dell’arte in Italia rappresenta un grave danno erariale, ma anche un gravissimo danno culturale», aggiunge Bruno Botticelli, presidente dell’Associazione antiquari d’Italia, «la tutela del patrimonio artistico del Paese, infatti, non riguarda soltanto le opere d’arte ma passa anche dalla salvaguardia delle conoscenze, delle maestrie e delle tradizioni tramandate per generazioni, che rappresentano lo spirito del saper fare e un indiscusso valore per l’Italia.
La deterrenza generata da una fiscalità elevata rispetto ai partner europei, quindi, allontanerà i collezionisti dall’Italia, impoverendo oggi la produzione artistica e domani le collezioni dei nostri musei, orgoglio del nostro Paese».
la gioconda
Da tempo l’Associazione galleristi italiani e il gruppo Apollo (l’associazione che rappresenta l’industria dell’arte in Italia e riunisce le principali case d’asta, antiquari, gallerie di arte moderna) spingono per una soluzione normativa in linea con le aspettative del mercato. Altre perdite di tempo da parte del governo non farebbero che indebolire ancora di più il settore dell’arte in Italia.
Tutte le opere extra europee verrebbero importate dai competitor come Francia e Germania, con un’Iva più bassa, e poi fatte circolare nel continente estromettendo gli operatori italiani dal mercato e spingendoli a trasferire le loro attività dall’Italia verso Paesi con regimi fiscali più convenienti. Il governo, nell’ambito della riforma fiscale, è stato incaricato dal Parlamento di intervenire sulla revisione del regime Iva applicabile alle importazioni e al commercio di opere d’arte. Entro maggio 2025 dovranno essere approvati i decreti legislativi di attuazione della delega fiscale.
mercato dei token non fungibili