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    IL MODELLO LOMBARDIA - INDAGATI PER TURBATIVA D’ASTA L'IMPRENDITORE ANDREA DINI, COGNATO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE ATTILIO FONTANA, E L'AVVOCATO FILIPPO BONGIOVANNI, DIRETTORE GENERALE DI “ARIA SPA”, SOCIETÀ DELLA REGIONE CHE FUNZIONA DA CENTRALE ACQUISTI DELL'AMMINISTRAZIONE - SONO INDAGATI PER LA FORNITURA/DONAZIONE DI 82.000 CAMICI, COPRICAPI E CALZARI SANITARI PER UN VALORE (POI MAI LIQUIDATO) DI 513.000 EURO…


     
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    Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”

     

    L'imprenditore Andrea Dini, cognato del presidente leghista della Regione Lombardia Attilio Fontana, e l'avvocato Filippo Bongiovanni, direttore generale di «Aria spa», società della Regione che funziona da centrale acquisti dell'amministrazione, sono indagati per l'ipotesi di «turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente» nella fornitura/donazione di 82.000 camici, copricapi e calzari sanitari per un valore (poi mai liquidato) di 513.000 euro.

     

    ANDREA DINI ANDREA DINI

    Affidamento diretto all'azienda «Dama spa» (controllata dal cognato del presidente della Regione e partecipata con il 10% dalla moglie di Fontana), che poi vi rinunciò e lo tramutò in donazione benefica alla Regione a cavallo dell'interesse giornalistico della trasmissione tv Report . Mentre ieri il Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza acquisiva in Regione i documenti sulla vicenda, in Procura i pm Furno-Scalas-Filippini interrogavano, come persone informate sui fatti, prima due funzionarie della «task force» regionale per il reperimento di mascherine e camici; poi il responsabile di questa unità, l'assessore regionale all'Ambiente, Raffaele Cattaneo, ex presidente del Consiglio regionale; e infine il presidente di «Aria spa», Francesco Ferri, ex vicepresidente nazionale dei giovani industriali, nel 2017 tra i selezionatori del casting di Berlusconi di futuri candidati di Forza Italia.

    ANDREA DINI E ATTILIO FONTANA ANDREA DINI E ATTILIO FONTANA

     

    Tutte audizioni volte a chiarire se «Dama spa» dovesse sottoscrivere o meno il «Patto di integrità» nei contratti regionali (con annessa dichiarazione sui conflitti di interesse), e chi a Palazzo Lombardia fosse al corrente della parentela tra il governatore e l'imprenditore che dalla Regione aveva ricevuto l'ok alla riconversione aziendale per produrre i dispositivi sanitari venduti/donati.

     

    Alla Regione, che nel picco di emergenza Covid li cercava dappertutto, i camici all'inizio furono proposti a titolo di fornitura da «Dama spa», l'azienda del marchio Paul&Shark, gestita dal cognato e partecipata al 10% dalla moglie Roberta del presidente della Regione. Il 16 aprile la centrale acquisti regionale «Aria spa» (guidata da Bongiovanni, ex ufficiale della GdF per 26 anni) dispose un ordine di acquisto con affidamento diretto a «Dama spa», la quale emise una fattura con pagamento a 60 giorni e iniziò a consegnare una parte del materiale (7.000 set e 49.353 camici da 359.000 euro).

    Filippo Bongiovanni Filippo Bongiovanni

     

    Ma il 20 maggio con una mail la ditta «Dama spa» tramutò quella fornitura in donazione benefica alla Regione: «Come anticipato per le vie brevi, la presente per comunicare che abbiamo deciso di trasformare il contratto di fornitura in donazione. Certi che apprezzerete la nostra decisione, vi informiamo che consideriamo conclusa la nostra fornitura». E contestualmente emise note di storno con le quali rinunciò ai futuri pagamenti della fornitura.

     

    GIORGIO MOTTOLA REPORT GIORGIO MOTTOLA REPORT

    Questo cambio - da fornitura a donazione - sarebbe però arrivato dopo che un giornalista di Report , Giorgio Mottola, sulla fornitura stava iniziando a porre alcune domande sia alla Regione di Fontana sia all'azienda di cognato e moglie. Nelle scorse settimane, mentre Dini ha evocato un iniziale fraintendimento interno all'azienda all'epoca dell'iniziale proposta di vendita anziché di donazione, Fontana ha accennato all'«automatismo della burocrazia» pur nel rispetto delle norme, affermando: «Non sapevo nulla della procedura e non sono mai intervenuto in alcun modo: in quel momento venivano comprati tutti i camici da tutti quelli che li producevano. Dall'azienda di mio cognato sono stati donati, e la Regione non ha eseguito alcun pagamento».

     

     

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