Giacomo Amadori per “La Verità”
DOMENICO ARCURI
La sedicente casa automobilistica Silk sports car su cui indaga la Procura di Reggio Emilia ha chiesto 38 milioni di fondi a Invitalia, a fronte di un piano di investimenti da 380 milioni di euro per la produzione di auto di lusso elettriche e ibride. In pratica i manager dell'azienda sino-statunitense hanno chiesto all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, all'epoca guidata dal commissario Domenico Arcuri un supporto del 10 per cento del presunto impegno finanziario.
Peccato che i soldoni che la Silk avrebbe dovuto portare in Italia al momento non si siano ancora visti e che la ditta non stia riuscendo nemmeno a pagare gli stipendi di una sessantina di dipendenti, i quali hanno annunciato la volontà di mettere in mora il datore di lavoro.
jonathan krane silk faw
I vertici della Silk, dopo aver bussato inutilmente alla porta del fondo sovrano del Kuwait per portare a casa in due tranche 110 milioni, avrebbero ripiegato su un fondo del Middle-east statunitense con la più mite richiesta di 15 milioni. Un'iniezione di liquidità che verrebbe utilizzata per pagare le retribuzioni ed evitare di dover ricorrere alla cassa integrazione, una ipotesi che non viene più esclusa nel quartier generale delle Reggiane. Proprio negli uffici della Silk, alcune fonti, ci hanno svelato il dato che il Mise e Invitalia volevano rimanesse riservato.
walter da silva silk faw s9
Ma noi non ci siamo arresi, ritenendo di primario interesse per l'opinione pubblica la notizia che soggetti in questo momento attenzionati dalla Procura e dalla Guardia di finanza, a partire dal presidente della Silk, il finanziere Usa Jonathan Krane, stiano provando a spremere dalle casse dello Stato la bellezza di 38 milioni di fondi pubblici.
La domanda di agevolazione (che può essere concessa anche come contributo diretto alla spesa) è stata presentata all'interno della convenzione quadro per i contratti territoriali riguardanti progetti con finalità di ricerca, sviluppo e innovazione. Un settore in cui rientra la mobilità elettrica.
romano prodi
Tali istanze di accesso devono essere presentate a Invitalia, l'agenzia incaricata di svolgere le istruttorie sulle domande e di gestire la «misura agevolativa».
Per ottenere il contributo la Silk, fortemente sponsorizzata dall'ex primo ministro Romano Prodi, ha dovuto presentare un piano industriale e finanziario alla direzione competente di Invitalia, che dovrebbe averlo condiviso con la direzione generale Incentivi alle imprese del Mise. Ma la richiesta, nel frattempo, visti i continui intoppi alla partenza del progetto, ci risulta che sia finita su un binario morto.
Quindi a Krane non stanno arrivando soldi da nessuna parte. Anche la Regione Emilia Romagna, all'inizio molto attiva nell'incentivare l'impresa, non sta erogando i 4,5 milioni promessi. Per questo il finanziere statunitense è rimasto con il cerino in mano.
Infatti i cinesi che, inizialmente, avevano dato credito al progetto si starebbero defilando.
Domenico Arcuri
Ma che qualcosa non tornasse in questa storia era possibile scoprirlo molto prima delle inchieste giornalistiche e dei dubbi del Mise. Infatti, già nel 2020 media italiani e cinesi avevano annunciato la nuova avventura della Silk ev (il nome originale dell'azienda) a colpi di fake news, facilmente smascherabili.
Ecns, un'agenzia di stampa cinese, il 25 aprile di due anni fa, citando la China television, aveva anticipato che una società di ingegneria e design con sede negli Stati uniti avrebbe investito 1,4 miliardi di dollari in Cina nei successivi 5 anni «per produrre la prima auto sportiva in assoluto con marchio Hongqi premium del gruppo Faw».
STABILIMENTO SILK FAW GAVASSA
Si leggeva anche che la Silk era operativa in Italia e che Krane aveva affermato che la società da lui presieduta aveva «stretto partnership con marchi come Bugatti, Porsche, Ferrari e Lotus». Tutte informazioni mai confermate, sebbene sul sito della Silk fosse indicata una succursale modenese della società, a due passi da Maranello. La notizia venne rilanciata anche dall'Ansa, che raccontò che la Silk Ev aveva «un centro di ricerca e sviluppo e produzione di proprietà al 100% a Modena, la Racing Canyon».
Il 28 aprile lo «scoop» venne ripreso dal gruppo Class, editore con importanti sinergie a Pechino: «Cinesi e americani uniti a Modena per produrre super car» si leggeva in un entusiastico articolo, dove si ipotizzava che proprio l'Italia sarebbe potuta diventare la sede dell'impianto produttivo. Il servizio dava per fatta la cosa un anno prima che il progetto venisse spostato e riannunciato a Reggio Emilia.
silk ev
Il cronista non aveva dubbi: «È quanto sta avvenendo a opera di due aziende all'avanguardia nella città emiliana, dove a pochi chilometri dal centro nascono anche le rosse del Cavallino rampante». E la scelta del luogo non sarebbe stato casuale. Leggiamo: la Faw-Hongqi «ha annunciato che costituirà una joint venture con Silk Ev per produrre il suo primo modello ad altissime prestazioni puntando le carte sul centro di ricerca e sviluppo e produzione che ha sede a Modena (la Racing Canyon) proprio nel cuore della Motor Valley emiliana dove nascono le supercar sportive più belle del mondo».
domenico arcuri
Una nostra fonte che ha avuto a che fare con i manager della Silk commenta ironico: «È abbastanza surreale che la Motor valley nella ragione sociale della presunta azienda modenese diventasse Racing canyon senza suscitare sospetti. Eppure, nel 2020, la Silk Ev non aveva nemmeno una partita Iva in Italia, figuriamoci un centro di ricerca sviluppo e produzione di proprietà.
La Silk Ev, poi ribattezzata Silk-Faw, ora Silk sports car, nasce, infatti, ufficialmente nel nostro Paese solo nel dicembre del 2020 ed è diventata attiva dal febbraio 2021. Fa sorridere che questa fantomatica società di ingegneria, prima ancora di venire costituire in Italia, millantasse partnership con Bugatti, Porshe, Ferrari, Lotus, evidentemente portate avanti da un laboratorio fantasma».
STABILIMENTO SILK FAW GAVASSA
Alla fine gli unici soldi investiti dalla Silk in Italia, a parte le retribuzioni (al momento bloccate) per una settantina di ingegneri, il vero biglietto da visita della joint-venture nella sua spasmodica ricerca di investitori, sono stati 2,3 milioni di euro per acquistare, tra ottobre e dicembre 2021, circa 72.000 metri quadrati di terreni. Un quinto della superficie che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto ospitare l'impianto produttivo. Ma anche in questo caso non ci sarebbero più i soldi per comperare gli ettari restanti. La corsa della Ferrari sino-statunitense sembra finita ancora prima di iniziare.