Caterina Soffici per “La Stampa – TuttoLibri”
IRVINE WELSH IN COPERTINA SU TUTTOLIBRI - LA STAMPA
Irvine Welsh è sempre lui, caustico e graffiante, ma più vecchio. Forse un po' più saggio, perché gli anni passano anche per i bad boys. «Eh sì, difficile essere dei bastardi alla mia età». Welsh convertito alla normalità? Non ci crede nessuno.
«Non esiste la parola normale nella mia vita. Non ho neppure un luogo dove vivo stabilmente. Oxfordshire, Londra, Miami. Tra un po' parto, vado a svernare al caldo Sto cercando di razionalizzare almeno i luoghi, ma non ci riesco». Nato a Leith, quartiere portuale di Edimburgo, madre cameriera e padre operaio, lascia la scuola 16enne a metà degli anni '70, frequenta un corso professionale e diventa apprendista tecnico televisivo, fino al giorno in cui rimane quasi fulminato da una scarica elettrica e passa a altri lavori: facchino, lavapiatti, asfaltatore di strade, impiegato.
Poi arriva l'era dell'eroina, vuole suonare in una band, si trasferisce a Londra, anni del punk, fa il Dj. Finisce ai servizi sociali, fa carriera come impiegato e lì inizia a scrivere. Con il successo globale di Trainspotting molla tutto e diventa scrittore a tempo pieno.
IRVINE WELSH - I LUNGHI COLTELLI
Welsh sarà anche un po' meno bastardo, ma rimane un brillante ribelle sessantaquattrenne o giù di lì, perché di lui non si sa neppure la data di nascita: ufficialmente il 27 settembre del 1958, ma potrebbe essere del '55 o del '56.
In fondo importa poco, eppure il particolare biografico diverte: pensare che il ruvido scozzese, il duro tutto droga, violenza, e gang, che descrive nella sua lingua sporcata dallo slang la desolazione delle case popolari, i lavori sottopagati, la disoccupazione, gli hooligans, il calcio, il sesso, la mancanza di opportunità delle vite nei ghetti del mondo si crogiuoli avallando questa civettuola omissione sugli anni, come una signora borghese di mezza età, ha qualcosa di meraviglioso.
Iniziando da Trainspotting e passando per Crime, Colla, Acid House, Ecstasy, Porno e gli altri libri (tutti pubblicati in Italia da Guanda) si ha l'impressione che la vita e le opere dell'autore scozzese siano una continua fuga e rincorsa verso una sorta di salvezza finale, la ricerca di una dimensione altra e più alta che si può raggiungere solo attraversando l'inferno in terra fatto di brutalità, droghe, cattivo sesso, perversioni, botte e malvagità.
IRVINE WELSH
Nell'ultimo romanzo I lunghi coltelli, l'ispettore Ray Lennox di Crime torna per indagare sull'omicidio di un politico conservatore razzista e corrotto, coinvolto in violenze sessuali e trovato castrato.
Un libro inaspettatamente mainstream, dove si parla di temi molto di moda: dell'identità di genere, delle femministe non inclusive, dei transgender e dei cisgender. Welsh molto woke come si dice. Vabbè che non è più un bastardo, ma trovarlo nella corrente mainstream (con tutti i distinguo del caso) potrebbe sembrare spiazzante (non lo è, non vi preoccupate).
Trans, pedofili, molestie. Come mai?
IRVINE WELSH COVER
«Penso siano temi d'attualità. Ma più che di trans mi interessava parlare dell'identità in un mondo deindustrializzato dove la figura del maschio bianco borghese al potere è collassata e emergono questioni di genere e di supremazia etnica non più dominante. Ognuno cerca un posto nel mondo, nella propria comunità; ognuno cerca la propria appartenenza. Mi pare una crisi esistenziale collettiva che ciascuno cerca di esprimere a livello individuale»
Sono temi molto "woke". Non crede che il politicamente corretto rischi di uccidere la letteratura?
«Credo che l'abbia già fatto. La ricerca tecnologica e commerciale sembra aver eradicato la nostra cultura».
In che senso?
«Nel senso che abbiamo rinunciato all'idea di crescita individuale, che facciamo in modo di evitare qualsiasi tipo di dolore, ci affidiamo a qualunque cosa per evitare situazione di disagio fisico o psicologico. Non siamo più mentalmente capaci di far fronte all'idea stessa di danno.
TRAINSPOTTING 2
Non c'è alcun tipo di cultura o di intrattenimento che non sia una affermazione rassicurante di noi stessi. Non c'è sfida, non c'è spasimo verso l'energia caotica e creativa del mondo e dell'uomo. Ma in verità non si possono reprimere queste forze. Ogni volta che ci proviamo riemergono in modo devastante, con reazioni orribili, in formule più violente, come aggressioni, guerre, razzismo. Più cerchi di reprimere queste istanze, anche a livello culturale, più le amplifichi».
irvine welsh
Ha avuto un "trans advisor" per questo romanzo. Cioè?
«Sì, ero ignorante sull'argomento. Così ho chiesto a un consulente, che mi ha corretto alcune imprecisioni. Cerco sempre di andare al cuore delle questioni, di non sbagliare affidandomi al sentito dire. Volevo scrivere da un punto di vista empatico e non giudicante.
Un conto è guardare le cose virtualmente, un altro capire come stanno nella realtà: la gente è molto più tollerante e comprensiva di quello che appare dai social media».
LIZ TRUSS DIMISSIONI
Potere, corruzione, privilegi, classismo, razzismo. Ne ha sempre parlato, ma dal punto di vista della classe operaia e con una visione proletaria.Ora ci torna, in un modo diverso, che forse rispecchia l'esperienza terribile di questi anni di pandemia e di un pessimo governo conservatore?
«Beh, ciò che scrivi rispecchia il modo in cui vedi la società e il mondo. E l'ho sempre fatto. Ho scritto questo libro in un tempo sospeso dove non c'era altro da fare e questo è il risultato».
Si definisce un anarchico punk rock. Cosa pensa di Lizz Truss, il premier che è durato meno a Downing Street?
«È una persona ridicola. Al comando della nazione avrebbe influenzato pesantemente la vita di milioni di persone. Fortunatamente è rimasta per pochissimo tempo».
IRVINE WELSH
Lei parla di razzismo e di politici conservatori. Rishi Sunak è un cambiamento epocale?
«Penso che certamente segni la fine dell'elemento razzista della coalizione Brexit. In termini di sfruttamento dei cittadini del paese, probabilmente renderà le cose più difficili per le élite britanniche dal denaro oscuro, poiché ora dovranno tagliare le élite delle multinazionali globali».
Brexit, sì o no?
«È un casino completo. Era chiaro che uscire da un organismo internazionale avrebbe creato un danno economico enorme.
È un atto di autolesionismo».
TRAINSPOTTING 2
Morta la regina, monarchia sì o no?
«No. Quale individuo sano di mente può sostenere l'idea di un potere ereditario in una democrazia? Se sei un democratico non puoi essere monarchico».
Indipendenza scozzese, sì o no?
«Non sono un sostenitore di alcun partito, ma credo nelle democrazie locali, in piccole nazioni che possano cooperare. E non mi piace una nazione post imperiale, che spiana la strada ai capitali globali. Se la Scozia fosse grande, non sarei a favore. Però penso che più sei piccolo meglio è».
Descrive vecchi pub a Soho, vicoli e bordelli a King Cross che sembrano usciti dal periodo prima dell'Eurotunnel di St Pancras. È un nostalgico della vecchia Inghilterra?
REGINA ELISABETTA
«No. Il futuro ha significato più opportunità, possibilità di studiare anche per la working class. Ma ormai le privatizzazioni hanno distrutto tutto.Pensate a come sono ridotti il Servizio Sanitario Nazionale e il sistema educativo. Il paese è di nuovo in mano alle élite, la gente che esce dalle scuole private. Ormai anche la classe media non è più rappresentata. Il capitale globale che è diventato un colonizzatore locale».
Venendo alla scrittura. Si diverte ancora?
«Sì, è la cosa che amo di più. È parte della mia vita. In pratica scrivo sempre».
Tutti i giorni?
«Non mi metto alla scrivania ogni giorno, ma la mia mente è sempre occupata da idee. Compongo qualcosa, in qualche modo. Quando ti piace quello che fai non c'è bisogno di routine».
Secondo lei quale è il miglior libro che ha scritto?
TRAINSPOTTING 2
«Forse Tolleranza Zero o Colla o Skagboys. Questi tre sono quelli che la gente mi cita sempre. Ma per me il migliore è sempre l'ultimo». Ride.
Con ogni nuovo romanzo sembra spostare l'asticella fuori dalla sua comfort zone e andare in temi e territori diversi, come a cercare sempre nuove sfide.
«My comfort zone is discomfort, risponde, con un gioco di parole che potremmo tradurre come "mi trovo a mio agio dove c'è disagio».
Nel romanzo c'è un personaggio che viene da Teheran. Da dove arriva?
johnson rishi sunak
«Alla fine degli anni Settanta avevo un amico iraniano che ha lasciato Londra per tornare al suo paese per unirsi alla rivoluzione. E non ho più avuto sue notizie. Non so se è stato ucciso e ho perso ogni traccia. Ogni volta che sento di rivolte in Medio Oriente penso a lui. È una sensazione strana, non sono mai stato in Iran né a Teheran, ma è un luogo che mi è familiare e mi ha sempre affascinato».
La sua scrittura è sempre al limite. Ha mai pensato di autocensurarsi?
«Direi che più che altro mi auto correggo, taglio le schifezze. Non tanto nel senso della forma o del politicamente corretto, più che altro tolgo quello che non funziona nella narrazione e soprattutto nei personaggi».
referendum la scozia al voto per l'indipendenza 1
Vengono prima della trama?
«Sempre».
Anche in "Lunghi Coltelli"? È un libro con molte voci e piani di lettura, molte scene e luoghi diversi. Non fa una scaletta?
«Certo, ho fatto una sorta di elenco. Ma in ogni romanzo la prima cosa che mi viene in mente sono i personaggi. Poi si tratta di sintonizzare le voci e le azioni e alla fine tutto deve tornare, avere un senso. Non sono mai prigioniero della trama, la peggiore fiction è quella che somiglia a un cruciverba dove tutte le caselle sono segnate. È più un puzzle che si costruisce pagina dopo pagina».
Si può dire che Welsh abbia messo la testa a posto?
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«La coscienza morale a un centro punto entra a gamba tesa, e inizi ad analizzare cosa hai fatto nel passato. Dove hai sbagliato. In fondo noi umani siamo macchine che imparano e si tratta di mettersi in discussione, di gestire il disagio, che è il luogo dove viviamo in genere. Di crescere insomma. Non credo che uno possa mai stare al sicuro. La sicurezza non è mai una scelta. La vita è sempre un rischio».