Francesco Semprini per “la Stampa”
Khalid Sheikh Mohammed
Khalid Sheikh Mohammed è pronto a rinnegare i principi del martirio cari all' ortodossia terroristica di Al Qaeda, di cui è stato a lungo esponente di spicco, proponendosi come superteste nel maxi-processo intentato da aziende e familiari delle vittime dell' 11 settembre per il presunto coinvolgimento dell' Arabia Saudita. In cambio la mente dell' attentato in cui morirono quasi 3 mila persone, vuole salva la vita, ovvero chiede non gli sia comminata la pena di morte.
L'offerta del terrorista recluso da quasi 13 anni nel carcere militare di Guantanamo, è stata depositata presso il Tribunale distrettuale degli Stati Uniti a Manhattan da avvocati di parte civile. Oltre a far discutere sul merito, la richiesta di Ksm potrebbe creare problemi nel caso la sua testimonianza confermasse un ruolo di ambienti del governo sauditi nell'attentato.
Khalid Sheikh Mohammed
Riad ha negato a lungo il coinvolgimento negli attacchi del 2001, ma Glenn Carle, ex funzionario della Cia, conferma che in ogni caso l'esponente della cupola che faceva capo a Osama bin Laden, «conosce molto della struttura di Al Qaeda, delle singole decisioni prese, di come sono andate le cose. Molto di ciò era il suo pensiero».
L'IMBARAZZO DI TRUMP
Khalid Sheikh Mohammed
Cose che per ora Ksm non ha detto nonostante i 183 interrogatori col metodo del waterboarding (annegamento simulato) a cui è stato sottoposto nel 2003, dopo la sua cattura in Pakistan e la sua detenzione nelle prigioni segrete tra Polonia e Romania. Sebbene il procedimento penale nei suoi confronti sia separato e distinto dal caso civile delle vittime, le sue rivelazioni potrebbero essere di grande peso, comunque. Tanto da creare imbarazzo a Donald Trump molto vicino al leader dell' Arabia Saudita, il quale potrebbe anche impedire il patteggiamento.
Khalid Sheikh Mohammed
Del resto il sodalizio mediorientale con i sauditi è forte, come dimostrano i fallimenti del Senato Usa di cancellare il veto del presidente sulla prima delle tre risoluzioni approvate dal Congresso per bloccare la vendita di armi all' Arabia Saudita, in risposta all' omicidio Khashoggi e all' uccisione di civili nei raid in Yemen. Bruce Fein, ex procuratore americano, spiega che la causa avrebbe importanti implicazioni finanziarie per Riad: «In caso di vittoria del querelanti la cifra esigibile sarebbe di centinaia di miliardi di dollari, tra risarcimenti e danni punitivi, tanti da spingere l' Arabia Saudita sull' orlo della bancarotta».