Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
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«Credete ai vostri occhi. Questo caso è esattamente ciò che avete pensato quando lo avete visto la prima volta. È quello che avete sentito con lo stomaco, e sapete nel vostro cuore. Non si è trattato di un'operazione di polizia. È stato omicidio». Con questo appello il procuratore Steve Schleicher ha chiuso l’arringa finale al processo contro l'ex poliziotto Derek Chauvin, sollecitando i giurati a condannarlo per l' uccisione di George Floyd.
MORTE GEORGE FLOYD
Ora fuori dal tribunale una Minneapolis in stato d' assedio, con tremila soldati schierati nelle strade, aspetta il verdetto che potrebbe fare giustizia, e segnare l'inizio di un percorso per curare le ferite dell'odio razziale, oppure scatenare una nuova ondata di violenze in tutta l'America.
Quando il 25 maggio scorso Chauvin aveva premuto il ginocchio per 9 minuti e 29 secondi sul collo di Floyd, sospettato di aver usato una banconota falsa da 20 dollari per comprare sigarette al negozio Cup Foods su Chicago Avenue, aveva in realtà aperto un nuovo capitolo nella tragica storia dei neri negli Usa.
La rabbia scaturita dalla morte di George si era propagata come una fiamma in tutto il Paese, cambiando anche la campagna presidenziale, che Trump aveva cercato di distrarre dall' emergenza Covid, per trasformarla in un referendum sulla sicurezza e le paure dei bianchi in declino demografico.
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La sua operazione politica non aveva funzionato, ma le ferite dell'America erano vere, e hanno continuato a sanguinare anche dopo l'elezione di Biden, come hanno dimostrato negli ultimi giorni le uccisioni del tredicenne Adam Toledo a Chicago, e Daunte Wright ancora in Minnesota. Perciò adesso il verdetto è diventato il banco di prova, dove tutte le minoranze vogliono vedere se il sistema è capace di fare giustizia, e da qui ripartire per ricostruire la pace, oppure se lo scontro è l'unica via.
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Nell'arringa Schleicher è andato oltre l'evidenza del filmato in cui si vede Floyd morire soffocato: «Chauvin lo ha fatto apposta. Voleva vincere. Il suo orgoglio ha prevalso sul dovere». Eric Nelson, avvocato dell'ex poliziotto, ha cercato di riportare il dibattimento dalle reazioni emotive alla logica del «dubbio ragionevole».
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Ha basato la difesa su tre punti: primo, la demolizione del carattere di George, che poteva alimentare le paure dei poliziotti; secondo, la giustificazione della forza usata da Derek; terzo, le droghe e i problemi di cuore della vittima, che sarebbero le vere cause della morte.
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Schleicher però ha detto ai giurati che «non dovete credere a queste fantasie», perché Floyd era in ottime condizioni prima di incontrare Chauvin, lo stesso capo della polizia di Minneapolis ha testimoniato che il suo agente aveva violato le regole dell'addestramento, e i medici hanno confermato che le azioni dell'imputato hanno provocato il decesso.
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La parola ora passa ai giurati, mentre Minneapolis trattiene il fiato. Le scuole sono tornate all' istruzione digitale, per tenere gli studenti fuori dalle strade, presidiate da 3.000 soldati della Guardia Nazionale e 1.100 poliziotti. I negozi hanno montato le tavole sulle vetrine. Ma a trattenere il fiato è l'intera America, e il suo presidente.
Biden ha promesso di riformare la polizia e sanare il razzismo sistemico che ancora affligge il Paese. Sarebbe difficile farlo, però, se l'assoluzione di Chauvin riaprisse il b
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