Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
EUROPE'S ODD COUPLE - COPERTINA DI POLITICO SULLA RIVALITA' TRA URSULA VON DER LEYEN E CHARLES MICHEL
Saranno Joe Biden e Xi Jinping i protagonisti del G20 che si apre domani a Bali, in Indonesia. Rilanciati entrambi da vittorie di natura diversa, quella del primo democratica e inattesa, quella dell'altro dittatoriale e pianificata fin nei dettagli, il presidente americano e il leader cinese danno vita già oggi a un vertice bilaterale dal quale dipende il futuro dell'Indopacifico, nuovo ombelico del mondo.
Nell'isola indonesiana sarà presente in assenza anche un convitato di pietra piuttosto malconcio, quel Vladimir Putin alle prese con una grave sconfitta militare e politica in Ucraina, che ha preferito non andare al summit asiatico per timore che la sua condizione di paria internazionale fosse visualmente sancita dal rifiuto di molti anche di stringergli solo la mano.
E l'Europa? Beh, l'Europa è pronta nuovamente a farsi del male da sola, alimentando ancora una volta l'annoso e pur sempre attuale dilemma di Henry Kissinger, che ne chiedeva inutilmente il numero di telefono. Non che ci si possa fare grandi illusioni sull'hard power dell'Unione europea nei forum della governance internazionale, dal G7 al G20, dove in genere trova un ruolo solo quando si tratta di finanziare progetti di aiuto e ricostruzione.
ursula von der leyen charles michel
Ma a Bali, l'Ue si appresta a compiere l'ennesimo disastro politico-diplomatico, mostrando pubblicamente le sue miserie e le sue ridicole baruffe chiozzotte. Parliamo del fatto che uno dei bilaterali più importanti in margine al G20 sarà quello tra Xi Jinping e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
Un incontro cruciale, viste le divisioni interne agli europei sulla linea da tenere verso Pechino, riemerse polemicamente anche in occasione del recente viaggio del cancelliere Olaf Scholz in Cina alla testa di una delegazione di imprenditori tedeschi. Peccato però che al tête-à-tête non sia stata invitata Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. La ragione è da non credere, eppure è vera: lasciandola fuori, Michel si vuole vendicare perché in giugno, al G7 di Elmau, in Baviera, von der Leyen si era rifiutata di ammettere l'ex premier belga al suo incontro con il primo ministro indiano Narendra Modi.
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Arsenico e vecchi dispetti segnano i rapporti tra Michel e von der Leyen almeno dai tempi del Sofagate, nel 2021, quando in Turchia il «sultano» Recep Tayyp Erdogan, memore dei riti misogini della Sublime Porta, mise accanto a sé soltanto una sedia, sulla quale Michel fu lestissimo ad accomodarsi, lasciando con un palmo di naso la stralunata presidente della Commissione, costretta a prender posto su un sofà poco distante. Ci mise alcuni mesi, il presidente del Consiglio europeo, a porgere delle scuse.
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Da allora non ne è andata bene una. Fine dei rituali pranzi settimanali, comunicazione scarsa o inesistente tra i due staff, informazioni negate o nascoste da parte della presidenza della Commissione al Consiglio sui dossier fino all'immediata vigilia delle riunioni ministeriali. Dulcis in fundo, a Bali i rispettivi uffici hanno studiato l'agenda in modo che i due non si incrocino neppure. Ora, è vero che c'è una tensione strutturale nella complicata architettura istituzionale dell'Ue: la Commissione propone, ma a decidere è il Consiglio dei ministri, dove Michel ha un ruolo di coordinamento.
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Di recente, questi non ha esitato a mandare a von der Leyen una lettera di rimprovero, in teoria riservata ma fatta trapelare ai media da una non tanto misteriosa manina, per non avere ancora presentato la proposta di un tetto al prezzo del gas, com' era stata impegnata a fare dai ministri. Eppure, nella passata Commissione, la tensione era stata allentata se non superata del tutto dal buon rapporto personale e di lavoro tra il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, e quello del Consiglio, Donald Tusk. Charles Michel - autostima illimitata e la grandeur di Macron, suo mentore, come modello - soffre invece il ruolo crescente di von der Leyen, che non perde occasione per rendergli la pariglia. A farne le spese è l'Europa, che quanto meno attraverso i suoi due più alti rappresentanti, dovrebbe invece mostrarsi e agire unita. Quello che non succederà al G20.
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