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    ASSOLTO E RISORTO - L’ASSOLUZIONE IN CASSAZIONE LIBERA BERLUSCONI DA UNO DEI TRE FARDELLI GIUDIZIARI: RESTA LA COMPRAVENDITA DI SENATORI E IL CASO ESCORT A BARI - IL BANANA AFFONDATO DA GHEDINI E “SALVATO” DA COPPI


     
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    1. RUBY, LA CASSAZIONE CONFERMA L’ASSOLUZIONE DI BERLUSCONI - LA PROCURA AVEVA CHIESTO UN NUOVO APPELLO. CAMERA DI CONSIGLIO DI 9 ORE

    Paolo Colonnello per “la Stampa”

     

    berlusconi ruby berlusconi ruby

    «L’episodio nel quale Silvio Berlusconi racconta che Ruby è la nipote di Mubarak è degno di un film di Mel Brooks e tutto il mondo ci ha riso dietro». Difficile non essere d’accordo con le parole del Pg di Cassazione Eduardo Scardaccione. Ma un conto sono le figuracce, un altro i reati. Così ieri sera, poco prima di mezzanotte, i giudici della sesta sezione di Cassazione hanno deciso, dopo quasi 9 ore di camera di consiglio, che la sentenza di assoluzione di Silvio Berlusconi dal processo Ruby, va confermata.

     

    Finisce così una delle più lunghe nottate del Cavaliere che, dopo la liberazione anticipata dai servizi sociali per la condanna per la frode fiscale, ad appena 48 ore di distanza incassa una vittoria niente affatto scontata. Una vittoria comunque messa in discussione dalla nuova inchiesta che, sempre a Milano, vede Berlusconi indagato per corruzione in atti giudiziari, in relazione al pagamento delle ragazze che testimoniarono sulle «cene eleganti» di Arcore. 

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    L’estenuante maratona dei giudici ieri testimonia una difficile unanimità su una vicenda che non a caso, all’indomani del deposito delle motivazioni di proscioglimento in secondo grado, indusse alle dimissioni il presidente della sezione d’appello che le firmò, il giudice Enrico Tranfa.


    Eppure, alla fine, ha prevalso la «linea Coppi», dal nome del suo principale difensore che ieri ne aveva chiesto la definitiva assoluzione: ovvero che Berlusconi, nonostante l’irrituale telefonata alla questura di Milano la mezzanotte del 28 maggio 2010 e la «balla colossale» che interveniva per affidare alla consigliera regionale Nicole Minetti la «nipote di Mubarak», non commise alcuna concussione per costrizione.

     

    BERLUSCONI PER RACCONTARE IN TV IL CASO RUBY BERLUSCONI PER RACCONTARE IN TV IL CASO RUBY

    Quindi, nonostante il rilievo di «illogicità e contraddittorietà» della motivazione d’appello sostenuta dalla procura generale di Milano e della Cassazione, bisogna credere che l’allora capo di Gabinetto della Questura Pietro Ostuni non agì dietro la minaccia «di un male ingiusto», ma per uno stato d’animo personale, per una «accondiscendenza incautamente accordata per timore reverenziale, o mera compiacenza».

     

    Al punto di tempestare a sua volta di telefonate la funzionaria che stava seguendo il caso, Giorgia Iafrate, affinché affidasse la minorenne marocchina non a una comunità protetta come stabilito dal pm minorile Fiorillo ma a Nicole Minetti, poi condannata per favoreggiamento della prostituzione ad Arcore. 


    «E’ una sentenza che spazza via ogni polemica comprese quelle che si erano sviluppate dopo le inspiegabili dimissioni del presidente, del collegio che in appello ha assolto Berlusconi», commenta così a caldo lo stesso avvocato Coppi. 

    BERLUSCONI IN AULA AL PROCESSO RUBY BERLUSCONI IN AULA AL PROCESSO RUBY


    In Cassazione hanno retto anche le motivazioni che vogliono Berlusconi inconsapevole della minore età di Karima El Marohug, nonostante Emilio Fede ne avesse appreso la minore età durante un concorso di bellezza svoltosi cinque mesi prima dell’ingresso di Ruby ad Arcore e nonostante alcune intercettazioni abbiano dimostrato l’esatto contrario. Per i giudici, l’ex premier apprese che Ruby era minorenne la sera stessa che intervenne per «liberarla» dalla Questura, dove era stata fermata con l’accusa di furto.

     

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    E’ vero che lo fece per garantirsi il silenzio della giovane su quanto avveniva durante i festini a luce rossa di Arcore - questo come i sistema prostitutivo vigente nella villa sono considerati »fatti storici» acclarati - ma ciò non dimostra una sua pregressa consapevolezza.


    Dunque a niente sono valsi i coloriti riferimenti manzoniani del Pg Scardaccione che aveva paragonato il caposcorta Estorilli, autore delle successive telefonate di «pressione» in Questura, al capo dei «Bravi», il Nibbio, e Berlusconi all’Innominato. Né le accuse di «illogicità e manifesta infondatezza» avanzate dal Pg milanese Pietro De Petris che aveva firmato il ricorso in Cassazione contro l’assoluzione.

     

    Con la decisione di ieri, l’ex Cavaliere allontana per sempre lo spettro di una condanna che in primo grado lo aveva inchiodato a 7 anni di reclusione. Certo, lo attendono le conclusioni dell’inchiesta milanese, la sentenza per le escort baresi e quella per la compravendita di senatori. Ma da oggi è un po’ più libero di prima.

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    2. DOPO LA LUNGA ATTESA SILVIO SI RILANCIA COME LEADER POLITICO - SCONGIURATO IL PESSIMISMO DI GHEDINI

    Ugo Magri per “la Stampa”

     

    Franco Coppi Franco Coppi

    La grande paura di Berlusconi è svanita a mezzanotte, con la buona notizia dell’assoluzione appresa direttamente dalla tivù. Dire che se l’aspettasse, sarebbe una grossolana bugia. Al massimo il Cav ci sperava, però molto combattuto dentro, incerto se dar retta al pessimismo cosmico dell’avvocato Ghedini («Quando c’è di mezzo Berlusconi, perfino i verdetti più semplici ed evidenti diventano imprese impossibili...») o viceversa fidarsi del moderato ottimismo di Coppi.


    Il professore da giorni gli andava ripetendo che non sarebbe potuto capitare collegio giudicante migliore, la sesta sezione della Suprema Corte presieduta dal magistrato di gran lunga più competente in materia di concussione, Nicola Milo, le cui sentenze hanno già fatto giurisprudenza: una toga, insomma, che non si sarebbe fatta condizionare da pressioni esterne.

    FRANCO COPPI E NICCOLO GHEDINI FRANCO COPPI E NICCOLO GHEDINI


    Altre rassicurazioni erano arrivate dai figli, ospiti a pranzo nella villa di Arcore da dove Berlusconi ieri non s’è mosso. Però con il passare delle ore, senza che la sentenza si materializzasse, e senza nemmeno che dal «Palazzaccio» giungessero spifferi o anticipazioni, l’ex Cavaliere aveva incominciato a «vedere le streghe», come dice lui. Cioè a temere il colpo di grazia giudiziario, la fine delle speranze di tornare nell’agone politico e l’inizio di un calvario penoso (nuovo round davanti alla Corte d’Appello) destinato a succhiargli le residue energie. Per come è fatto, Silvio sapeva perfettamente che in caso di verdetto sfavorevole avrebbe fatto i conti con la sua peggior nemica, la depressione, di cui gli intimi coglievano i segni premonitori.


    Il viso incupito. La voce un filo impastata. Discorsi lugubri sull’invecchiamento («Che il tempo passi me ne accorgo da tutti coloro che incominciano a tradirmi...»).
    Paradossalmente, nelle ore tese della vigilia, le risse interne di Forza Italia hanno esercitato un effetto benefico su di lui. Nel senso che, pur nella loro dimensione un po’ miserevole, quelle guerre intestine hanno avuto il potere di distrarlo, costringendolo a una telefonata via l’altra con recite da attore consumato fino a notte fonda, quando poi è crollato a dormire.

    GHEDINI GHEDINI

     

    Da oggi Berlusconi riprenderà il filo, con un briciolo di voglia in più, sollevato all’idea che almeno la «damnatio memoriae» gli verrà risparmiata, e l’onore politico in parte restituito. La Biancofiore, tra le poche rimaste fedeli nella buona e nella cattiva sorte, gli consiglia di profittarne per mettere al bando i ruffiani e i voltagabbana. Minzolini invece, con altrettanto affetto, consiglia al Capo di cogliere al volo l’assoluzione per concludere la sua parabola politica con un gran finale, degno del passato.

     

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