Federico Geremicca per "la Stampa"
GIUSEPPE CONTE
Parliamoci chiaro: se sulla graticola non ci fosse finito il suo vecchio alleato di governo - che dal "tradimento" del Papeete non ne ha più messa in buca nemmeno una - in croce adesso ci sarebbe lui, il volto elegante e sorridente che accompagnerà (secondo ogni pronostico) la più severa batosta mai subita dal Movimento Cinque stelle.
Che pure, alle disfatte elettorali, ha maturato una qualche abitudine. Dicono sia questo il destino di Giuseppe Conte. E poiché al destino non si sfugge, allora meglio assecondarlo: magari fingendo che stia andando tutto come previsto, in fondo. Resta il fatto che cinque anni fa, furono i riccioli trionfanti di Beppe Grillo a celebrare la più fantastica delle vittorie: la vecchia e la nuova Capitale - Torino e Roma - conquistate da due donne del Movimento.
GAETANO MANFREDI E GIUSEPPE CONTE
E che cinque anni dopo - tra qualche giorno, appunto - toccherà invece a lui spiegare perché si è perso e da dove si potrebbe ripartire. Ammesso che si riparta: e si riparta, soprattutto, tutti assieme. Cinque anni che hanno continuato a terremotare il sistema dei partiti - col moltiplicatore di problemi che è stata la pandemia - e allo scadere dei quali, però, colpisce un dato forse inatteso: nei guai ci sono soprattutto i vincitori delle ultime elezioni politiche, i protagonisti dell'avvio di legislatura, Lega e Cinquestelle, insomma, gli inarrestabili sovranpopulisti dell'era (breve) dei "gialloverdi".
CHIARA APPENDINO E GIUSEPPE CONTE
Lunedì le urne potrebbero punire prima di tutto loro. Con una differenza non da niente, però: che la Lega è ben radicata nel suo territorio e sembra aver già un piano b, mentre il Movimento non riesce a metter radici e il piano b se lo sta giocando adesso... Il piano b, infatti, ha una faccia (quella di Conte), una linea nuova e più prudente («moderata e liberale», ha addirittura azzardato Di Maio), un alleato obbligato (il Pd) e un paio di serissimi problemi.
NICOLA ZINGARETTI E GIUSEPPE CONTE
Il primo: esordisce sul più sfavorevole dei terreni, e cominciare con una sconfitta non è il meglio che ti possa capitare. Il secondo: l'assoluta imprevedibilità dell'"analisi del voto", diciamo così, che faranno i Cinquestelle. Potrebbe finire, allo stesso modo, con una scissione o con un autoassolutorio «non è andata poi così male».
meme su giuseppe conte e beppe grillo
Tutto è veramente possibile. E sotto la voce "imprevisti catastrofici" molti ci aggiungono, naturalmente, il tradizionale intervento post-elettorale di Beppe Grillo. Al centro di tutto questo, dunque, c'è certamente il voto nelle grandi città.
Ma ci sono anche il senso e la direzione della parabola di Giuseppe Conte e il destino dell'intero Movimento: che hanno entrambi, in questa campagna elettorale, oscillato tra vecchio e nuovo, tra alleanze e isolazionismo, il famoso né di destra né di sinistra, e meglio soli che mal accompagnati.
MASSIMO GIANNINI GIUSEPPE CONTE
E infatti c'è qualcosa di oggettivamente sorprendente nel fatto che il Movimento a guida Conte («un fortissimo punto di riferimento progressista», annotò Nicola Zingaretti) abbia siglato in solo due delle cinque grandi città in cui si vota (Napoli e Bologna) un patto con il Pd e il centrosinistra.
virginia raggi giuseppe conte luigi di maio foto di bacco (2)
«Scelte locali», ha tentato di spiegare Conte. Scelte però da lui evidentemente sostenute e condivise, se a proposito della possibilità di alleanze al ballottaggio a Torino, l'ex premier - proprio a La Stampa - ha annunciato: «Al ballottaggio non spostiamo voti come pacchi postali: il Pd ha fatto la sua scelta, ora se ne assuma la responsabilità».
conte di maio
Perdere Torino e Roma sarebbe (sarà) disastroso per il Movimento. E se andasse come ipotizzano i sondaggi, certo sulle sindache pioveranno pesanti critiche. Non solo e non tanto per come hanno governato le due Capitali, quanto per aver scelto in assoluta solitudine cosa fare: la Raggi ricandidandosi a sindaco di Roma con un anno di anticipo, nonostante le vaste perplessità; e la Appendino, al contrario, ritirandosi, nonostante i numerosi appelli per un secondo mandato.
fico grillo di maio
Tutto considerato, insomma, Giuseppe Conte non poteva scegliere un esordio peggiore per la sua prima uscita elettorale dal Capo politico del Movimento. Per qualcuno si tratterebbe di una sorta di contrappasso dopo la buona stella che lo ha fin qui assistito, da improbabile ministro alla Pubblica amministrazione in un improbabile monocolore Cinquestelle a due volte presidente del Consiglio: con politiche, strategie e alleati del tutto diversi.
LE BIMBE DI CONTE
Sarà anche stata la buona stella, ma la performance non è da poco. Stavolta è perfino più difficile, perché il percorso sembra segnato: per Giuseppe Conte la prima come "leader di piazza", salvo improbabili miracoli, sarà ricordata come una sconfitta. L'ex premier, naturalmente, le sta provando tutte: perfino a rivestire i panni e riadattare il lessico del populista radicale («se il populismo è ascoltare la gente, allora siamo populisti»...). Fa comizi, arringa le folle, sorride alle "bimbe di Conte".
LUIGI DI MAIO TOGLIE LA CRAVATTA
Gira senza più cravatta. Il caldo. O la scaramanzia. Ricorda che il gesto-simbolo di Luigi Di Maio il giorno che si dimise da capo politico del Movimento Cinquestelle, fu sfilarsi la cravatta a favore di telecamere: per lui cominciava una nuova era. Giuseppe Conte, per non sbagliare, la cravatta se l'è già tolta. Dopo esser stato l'avvocato del popolo e un fortissimo punto di riferimento progressista, si avvia verso la sua terza vita. Fare previsioni su come sarà, per ora è impossibile. Ma lunedì sera, a frittata fatta, ne sapremo certamente di più...
Fico Di Maio conte fico