DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
G.F. per la Repubblica - Estratti
GIOVANNI CARAVELLI - FOTO LAPRESSE
Giovanni Caravelli è l’uomo che ha riportato in Italia Cecilia Sala. Era con lei sul Falcon che da Teheran è atterrato a Ciampino. Ma soprattutto è stato colui che, con la sponda politica di Palazzo Chigi, è riuscito a sbloccare la situazione negli ultimi giorni riattivando una serie di contatti con l’Iran coltivati nel corso degli anni.
Caravelli è infatti il dirigente di maggiore esperienza nella nostra intelligence: militare con un passato come rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan e poi con incarichi di vertice allo stato maggiore della Difesa, è da più di dieci anni alla nostra Agenzia di sicurezza esterna prima come vicario e poi, dal 2020, come direttore.
CECILIA SALA CON GIORGIA MELONI A CIAMPINO
È un grande esperto di Africa e di Medio Oriente. Tanto che negli ultimi anni ha gestito i complicatissimi rapporti con i paesi del Nord Africa soprattutto nella gestione del dossier immigrazione: i difficili i contatti con Libia o Egitto, a lui si deve anche il lavoro che ha portato negli ultimi mesi a una riduzione degli sbarchi in Italia.
Proprio la sua capacità di mettersi al servizio dell’amministrazione gli ha permesso in questi anni di poter lavorare con governi di tutti i colori: dopo la felice esperienza con Draghi, all’inizio del governo Meloni si parlava di una difficoltà di rapporti con i nuovi vertici ma, al contrario, l’intesa con l’Autorità delegata, Alfredo Mantovano sè sempre stata eccellente. Tanto che si era fatto il nome di Caravelli per la successione al Dis del dopo Belloni.
Lo testimonia proprio il ruolo che ha avuto nella gestione Sala: il filo con Chigi è stato diretto e riservatissimo. Incassato il via libera americano alla non estradizione di Abedini è toccato a Caravelli avere la fiducia dell’Iran.
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GIOVANNI CARAVELLI - FOTO LAPRESSE
OPERAZIONE CARAVELLI: IL BLITZ SUGLI 007 IRANIANI E IL PC DI ABEDINI ALLA CIA
Stefano Iannaccone per editorialedomani.it
Una vittoria dell’intelligence italiana. E in particolare del sottosegretario, Alfredo Mantovano, e ancora di più dell’Aise guidata da Giovanni Caravelli. È stata emblematica la decisione del capo dei servizi segreti all’estero di andare direttamente a Teheran per riportare Cecilia Sala in Italia.
Per una volta è lui l’uomo-copertina della vicenda, nonostante il suo principale compito sia quello di agire dietro le quinte: ha sbloccato l’impasse con la Repubblica Islamica, dopo aver ricevuto il via libera politico, direttamente da palazzo Chigi, sulla possibilità di offrire come moneta di scambio la scarcerazione – prevista probabilmente nei prossimi giorni – di Abedini Najafabadi.
cecilia sala roberto gualtieri giorgia meloni
(...) ricevuto il semaforo verde per la liberazione di Abedini, è ri-entrato in scena Caravelli, che ha avviato – fin dal 19 dicembre, giorno della carcerazione di Sala – i contatti con i vertici dei servizi iraniani (il ministero preposto è stato affidato a Esmail Khatib dal presidente Masoud Pezeshkian) che conosce da lustri. È proprio Caravelli che ha convinto i colleghi di Teheran a fidarsi, e ad anticipare il ritorno della giornalista.
La trattativa ha visto fin dall’inizio in campo tre attori. L’Italia e l’Iran e, ovviamente, gli Stati Uniti, che avevano chiesto e ottenuto l’arresto di Abedini per la sua responsabilità nella costruzione dei droni usati dall’esercito della Repubblica islamica. La richiesta sull’asse Roma-Teheran era palese: la liberazione della giornalista, detenuta nella terribile prigione di Evin, in cambio della scarcerazione dell’ingegnere.
Un sostanziale baratto di prigionieri. Italia e Iran si sono subito accordati sulla possibilità dell’operazione. Inizialmente gli ayatollah hanno detto che non avrebbero liberato Sala se non dopo il ritorno di Abedini: prima vedere cammello. Dopo il blitz di Meloni da Trump e il sì condizionato del tycoon allo scambio (Trump ha chiesto che venisse fatto prima del suo insediamento, scaricando qualsiasi imbarazzo sull’uscente Biden), Caravelli ha potuto muoversi con più forza nei confronti di Teheran. Chiedendo di invertire l’onere della fiducia: dateci Sala, dopo vi daremo Abedini. Il regime ha accettato.
cecilia sala con giorgia meloni dopo l atterraggio a ciampino
Ma cosa ha convinto il futuro inquilino della Casa Bianca a digerire il “no” italiano all’estradizione dell’ingegnere considerato un terrorista, reo di aver contribuito a far uccidere militari statunitensi? Due rassicurazioni da parte di Roma. In primis, l’intelligence italiana ha garantito alla Cia il trasferimento di tutte le informazioni contenute nei dispositivi mobili, pc e smartphone sequestrati dalla Digos ad Abedini il giorno della cattura.
Materiale preziosissimo per gli agenti di Langley: possono impiegarlo per operazioni di contro-spionaggio e conoscere le tecnologie adoperate dagli ayatollah, oltre che la rete di contatti dell’iraniano.
Fin qui il do ut des sul piano dell’intelligence. Ma c’è un altro livello, quello politico. Come emerso, la missione di Meloni a Mar-a-Lago è stata necessaria a fornire adeguate garanzie al futuro inquilino della Casa Bianca: il governo italiano rischia di dover pagare un prezzo politico che sarà tutto da calcolare nella lealtà all’amministrazione repubblicana. C’è chi mette in relazione questa vicenda anche con il possibile accordo con SpaceX per i satelliti di Musk. Restano ipotesi, la realtà sarà tutta da vedere.
GIOVANNI CARAVELLIGIOVANNI CARAVELLI
cecilia sala a ciampino con antonio tajani e giorgia meloni e roberto gualtieri
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