Daniele Capezzone per “la Verità”
PAUL DE GRAUWE
Paul De Grauwe è oggi probabilmente il più autorevole economista europeo. A lungo docente all'università Cattolica di Lovanio e alla London School of Economics, è un liberale pro-mercato, mai ideologico, consapevole del ruolo che in alcune fasi può essere giocato anche dai governi, e conscio della necessità di tenere presenti democrazia, elettori, e perfino il ruolo delle emozioni nella vita pubblica. Pur europeista per impostazione, da anni non smette di denunciare gli errori e il deficit democratico nell'attuale costruzione europea. La Verità lo ha interpellato sulla crisi post Covid, sulle risposte nazionali ed europee, sulle sfide che abbiamo davanti. Ha risposto con rara gentilezza e con chiarezza cristallina.
Professore, l'ex governatore della Bank of England Mervyn King, ogni volta che veniva convocato a Westminster e i parlamentari gli chiedevano di fare previsioni, replicava invariabilmente: «Non possiedo una sfera di cristallo e non faccio previsioni. Posso solo, insieme a voi, delineare scenari e una strategia di risposta a ciascuna ipotesi». Ecco, ci aiuta a costruire scenari e risposte alla crisi post Covid?
LAGARDE - MERKEL - VON DER LEYEN
«Sono totalmente d'accordo con l'impostazione di Mervyn King. A maggior ragione in una fase come questa, non è possibile fare previsioni ragionevolmente esatte. Si possono costruire scenari ottimistici, oppure neutri, oppure pessimistici. Molto dipende dal fatto che ci sia o no una seconda ondata del Coronavirus, eventualmente quando, quanto intensa, e quanto velocemente o lentamente destinata a passare».
Facciamo lo scenario più ottimistico.
«Nessuna seconda ondata, forte contrazione dell'economia quest' anno, e altrettanto rapida ripresa nel 2021».
E invece quello pessimistico?
PAUL DE GRAUWE
«Immagini, sulla pesante crisi che è già in atto, l'eventuale arrivo di una seconda ondata, che magari duri non poco, con altri devastanti lockdown e la gente di nuovo spaventata sia per motivi sanitari che per motivi economici. A quel punto anche il 2021 e oltre potrebbero essere segnati da una recessione».
La prego di articolare le conseguenze dello scenario peggiore.
«Una grande recessione potrebbe innescare una nuova crisi del debito. Penso alla Grecia, penso all'Italia, penso al mio Paese, il Belgio. Il rischio è di una forte salita del rapporto debito/Pil e di una massiccia ondata di vendite di titoli. Cose che abbiamo già vissuto tra il 2010 e il 2012».
È per questo che lei da mesi invoca un ruolo attivo della Bce. Per ora Francoforte sta agendo nel modo giusto, superate le incertezze iniziali?
«Sì, è la strada giusta. A mio avviso la Bce potrebbe essere ancora più attiva nel finanziamento diretto del deficit dei singoli Paesi. Penso all'Italia, alla Grecia, ma anche alla Francia».
banca centrale europea
Veniamo a ciò che dovrebbero fare i governi nazionali. Dia tre suggerimenti specifici alle capitali.
«Garantire supporto finanziario, anche a fondo perduto, alle aziende. Questo è il punto fondamentale: occorre fronteggiare subito il rischio che un grande numero di imprese falliscano, ipotesi che determinerebbe un danno permanente all'economia. Poi, bisogna assistere i lavoratori con meccanismi di finanziamento nei periodi di non occupazione e con ammortizzatori sociali. Infine, evitare crisi bancarie».
URSULA VON DER LEYEN ANGELA MERKEL
Torniamo all'Ue. Abbiamo elogiato il ruolo della Bce. Invece lei è fiducioso sul cosiddetto Recovery fund, poi divenuto Recovery initiative, e poi ancora Next Eu generation? Non teme che, mutatis mutandis, possa ripetersi il film del Piano Juncker di 5-6 anni fa? Grandi titoli sui giornali e poi
«Il rischio esiste. Anche perché ci sono Paesi, Olanda in testa, che stanno lavorando attivamente per annacquare tutto. Non sappiamo quante risorse saranno a fondo perduto e quanti invece saranno i prestiti. Non sappiamo che condizioni saranno imposte. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà per l'arrivo del denaro Tutto dipende da come finirà il negoziato».
GENTILONI DOMBROVSKIS
Intanto il think tank Bruegel ha fatto previsioni inquietanti sui tempi: non meno di 2-3 anni per vedere il 75% delle risorse del Recovery initiative, se le cose andranno come sembra, e in assenza di auspicabili svolte positive nel negoziato.
«Appunto: ma il problema è che la crisi è adesso, i soldi servono ora, non fra due o tre anni. Fra due o tre anni rischiano di essere interventi inutili».
E quindi?
«E quindi insisto. Poiché non sappiamo che condizioni verranno inserite nel Recovery fund, la buona notizia riguarda la Bce: lì non ci sono condizioni nell'acquisto di titoli. Quella è la strada».
angela merkel ursula von der leyen
Altro pericolo, probabilmente il peggiore. Il commissario Ue Dombrovskis ha ventilato una valutazione autunnale sul ripristino, forse in primavera, del Patto di Stabilità e di tutti i parametri Ue che sono stati sospesi in questi mesi.
«Davvero, una decisione del genere sarebbe senza senso. Quando la crisi del Covid sarà finita, occorrerà occuparsi della ripresa economica, non certo di salvaguardare regole e parametri che semmai andrebbero cambiati e riscritti. Priorità alla ripresa, non alla stupidità».
Ha detto stupidità Debbo intuire che si rischierebbe un «patto di stupidità» più che di stabilità?
«(Sorride, ndr) Battuta e lapsus interessante, ottima sintesi».
Domanda di carattere generale. Non crede che nell'attuale assetto europeo ci sia un eccesso di controllo top-down da parte di Bruxelles sui singoli Stati e sui loro bilanci nazionali?
GIUSEPPE CONTE ANGELA MERKEL
«Condivido questa preoccupazione. Non dovrebbe accadere, sono contrario a un controllo dall'alto privo di legittimazione democratica. La gente non lo vuole, gli elettori tendono a rifiutarlo. No taxation without representation è un principio fondamentale. Io posso essere favorevole a una politica europea più unitaria, anche in termini di bilancio: ma condizione indispensabile è la democraticità di tutto il processo decisionale. È invece pericoloso se Commissione e Consiglio vogliono imporsi sui singoli governi proprio sulle questioni su cui i governi nazionali sono stati votati dai loro elettori e dai loro Parlamenti».
Che aspettative ha per il semestre di presidenza europeo a guida tedesca?
«Molti hanno alte aspettative, perché è l'ultima pagina dell'impegno politico internazionale di Angela Merkel, che vorrà certamente provare a lasciare un buon ricordo. Però, come abbiamo detto, ci sono ancora molte incognite sulla trattativa sul Recovery fund. Potenzialmente, se il negoziato andasse bene, sarebbe una cosa buona. Ma sono scettico: l'Olanda e altri spingono in una direzione diversa».