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    L’INCREDIBILE ASCESA DEL BOSS GIUSEPPE CASAMONICA - SALVATO DALLA PRESCRIZIONE (SEI ANNI PER UNA SENTENZA DI APPELLO), SCARCERATO GIÀ PRIMA COME TOSSICODIPENDENTE, BENEFICIATO DAL MISTERIOSO SMARRIMENTO DELLA DENUNCIA DI UNA SUA VITTIMA, TRATTATO COME UN DELINQUENTE COMUNE PUR AVENDO UN GIÀ RICCO CURRICULUM CRIMINALE. IL CIELO LO AMA O QUALCUNO LO PROTEGGE?


     
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    GIUSEPPE CASAMONICA GIUSEPPE CASAMONICA

    Fulvio Fiano per il “Corriere della Sera - Edizione Roma”

     

    Salvato dalla prescrizione (sei anni per una sentenza di appello), scarcerato già prima come tossicodipendente (frequentava il locale dove spacciava la famiglia), beneficiato dal misterioso smarrimento della denuncia di una sua vittima, trattato come un delinquente comune pur avendo un già ricco curriculum criminale. La resistibile ascesa del boss Giuseppe Casamonica ha goduto di benevoli ostacoli, se non addirittura colpose agevolazioni. Circostanze raccolte dal pm Giovanni Musarò a corredo degli oltre 30 arresti eseguiti il 17 luglio contro il ramo della famiglia sinti che ha nel 46enne Bìtalo (padre di quattro figli e già nonno) il suo capo indiscusso.

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    Già nel 1996 una sentenza contro il cassiere della Magliana, Enrico Nicoletti, indicava i Casamonica come i veri temuti esattori della famigerata associazione criminale. Eppure, racconta la pentita Debora Cerreoni all'inizio della sua collaborazione, maggio 2015, nessuna speciale sorveglianza c'è su di loro in carcere. «A Rebibbia - dice la donna fuggita dal clan - i colloqui con i bambini avvengono presso l'area verde, dove non c'è il rischio di essere intercettati».

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    Ed è durante questi colloqui privati, hanno poi dimostrato le indagini, che Giuseppe impartisce alla sorella Liliana le indicazioni per gestire gli affari all'esterno. In quell' epoca Bìtalo sta scontando una condanna definitiva a 10 anni, che riconosce fin dal 2009 l'esistenza di una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con base in vicolo di Porta Furba.

     

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    Ma la sua permanenza in carcere sarebbe potuta essere più lunga se non fossero intervenuti due fattori. Il primo è che una ulteriore condanna a sei anni del giugno 2008 (estorsione ai danni di una pizzeria sulla Tuscolana) non produce effetti perché la sentenza di secondo grado arriva solo nel 2014 e il reato viene dichiarato prescritto dalla Corte d' appello, che pure riconosce la «configurabilità dei delitti».

     

    Il secondo alleggerimento della sua detenzione arriva in virtù di un'ordinanza del Tribunale di sorveglianza del marzo 2017, che accoglie la richiesta di trasferimento in una struttura di recupero per tossicodipendenti a Trivigliano, nel frusinate, per scontare l'ultimo anno di pena. Un affidamento in prova così motivato: «La misura appare idonea ad assicurare per il condannato una possibilità di recupero e il contenimento della sua pericolosità sociale (...) Egli non commette reati dal 2009 (era in carcere da quasi 10 anni, ndr)».

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    La sua condizione di cocainomane, annota ancora il giudice, è aggravata dal fatto che «occupandosi della gestione di un locale notturno a Roma è entrato in contatto con ambienti sociali nei quali era diffuso e abituale l'uso di sostanza stupefacenti (...) La famiglia per lui rappresenta un valido sostegno». Un anno dopo, Bìtalo tornerà in carcere con l'accusa di gestire assieme a figli e familiari un traffico di droga, fornita dalla 'ndrangheta degli Strangio.

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    Infine un episodio rimasto senza spiegazioni. Una delle vittime citate nell'ultima ordinanza, Ernesto Sanità, al quale è stata tolta la casa da Giuseppe Casamonica per pagare un debito, già nel giugno 2007 era andato in commissariato a denunciare. Denuncia regolarmente protocollata ma, come ricostruito dagli accertamenti chiesti dal pm, mai trasmessa in procura. «Suddetta carenza - annota l'informativa della questura - è da ricondursi al mancato sviluppo dell'indagine che avrebbe consentito l' identificazione completa dell' autore del fatto, per come può evincersi dagli elementi raccolti».

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