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    L'ONDATA DI STUPRI CHE STA COLPENDO L'INDIA NON È CERTO UNA NOVITÀ - PER MILLENNI LE DONNE IN TUTTO IL MONDO SONO STATE VITTIME DI QUESTO ORRENDO REATO, LA DIFFERENZA È CHE ORA VIENE DENUNCIATO PIÙ SPESSO


     
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    Marta Franceschini per "il Fatto Quotidiano"

     

    L’ultima vittima della mattanza indiana aveva 16 anni. Il suo corpo è stato trovato senza vita, appeso a un albero, nelle campagne dell'Uttar Pradesh. Un massacro che sembra senza fine. Stuprate, seviziate, costrette a bere dell'acido, soffocate, impiccate, uccise. Di fronte al calvario delle donne indiane il mondo, giustamente, inorridisce. L’escalation rimbalza dalle pagine dei giornali agli schermi televisivi, e l'audience rabbrividisce.

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    Non era il paese della non-violenza? La patria del Mahatma Gandhi? Il regno della spiritualità? La prima cosa che bisognerebbe chiarire è che l'India, prima che dello spirito e del Satyagraha, è la patria delle contraddizioni. Come una Grande Madre primigenia, comprende nel suo grembo tutto e il contrario di tutto.

     

    Chiuderla dentro una definizione significa o sbagliare o mentire. All'interno della sua identità millenaria convivono gli opposti più stridenti. Ma una cosa è certa: dall'era patriarcale in poi nel caravanserraglio indiano le donne sono sempre state ultime dopo gli ultimi.

     

    La violenza di oggi non è una novità. Trenta anni fa, quando arrivai a Delhi per la prima volta, il sistema di divorzio piu' diffuso era l'omicidio della moglie. Solo nella capitale c'erano una media di tre casi al giorno. Per secoli, millenni addirittura , stupro, abuso, violenza e omicidio sono stati la norma, e non solo in India. A chi inorridisce di fronte alle recenti cronache indiane, ricordo che a Firenze le donne si crocifiggono. E che la frequenza dei casi è proporzionale agli abitanti, che in India sono 30 milioni di volte gli italiani.

     

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    Lo stupro è stato usato in tutto il mondo come arma di guerra da tempo immemorabile. Solo che il termine è stato censurato dai libri di testo per ipocrisia mascherata da sensibilità. Tutti abbiamo studiato sui banchi di scuola secoli e secoli di saccheggi, nel corso dei quali è improbabile che alle signore fosse chiesto gentilmente di sgombrare il campo.

     

    La guerra è roba da uomini, ma le donne hanno sempre pagato un prezzo molto alto. Per secoli nelle campagne, in occidente come in oriente, le contadine sono state prede alla mercé di chiunque: padri, padroni, coltivatori, stallieri, servi, garzoni, fratelli e mariti. Durante la rivoluzione industriale le operaie ottenevano e conservavano il posto in fabbrica a una condizione ben precisa, e lo stesso valeva per i bambini.

     

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    Nemmeno i conventi e i collegi religiosi sono stati risparmiati dal flagello, come hanno provato gli scandali venuti alla luce negli ultimi decenni. L'abuso sessuale è il crimine più antico e più universale della terra. I tentativi di localizzare e periodicizzare il fenomeno servono solo a ridimensionare l'ampiezza del dramma e, di conseguenza, a contenere le nostre ansie.

     

    Certo è più rassicurante pensare che in India ci sia una improvvisa e inspiegabile escalation di violenze, oppure che in Italia, da quando ci sono gli immigrati, gli stupri siano aumentati. Ma sono bugie. Per millenni stupri e abusi sono stati taciuti con vergogna, come un marchio d'infamia sepolto nel buio della ferita, come una disgrazia e un'onta.

     

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    L'imperialismo della cultura dominante aveva regalato alle vittime la colpa e ai carnefici l'impunità. L'unico vero cambiamento rispetto al passato è che oggi, in India come altrove, le donne hanno cominciato denunciare i loro stupratori. E che il loro grido, amplificato dai media, è diventato “notizia”.

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