Francesco Bonazzi per “la Verità”
beppe grillo giuseppe conte luigi di maio
La giustizia, intesa come scorciatoia, dà. La giustizia prende. È quello che sta sperimentando sulla propria pelle in queste ore il Movimento 5 stelle, dopo il cortocircuito del Ciro-gate e anni di esultanza barbara per le manette altrui.
In tanti continuano in silenzio a fare il proprio lavoro nelle commissioni e nei ministeri.
Ma va anche detto che gli sgobboni a 5 stelle sono basiti per le ultime polemiche suicide.
giuseppe conte beppe grillo luigi di maio
Poi ci sarebbe Giuseppe Conte, un caso a parte. Se continua così, con gente improbabile che lancia accuse improbabili a difesa del figlio del Grande Capo, finirà che l' ex premier si paleserà a Natale.
Con il rischio di non trovare più nulla. Perché ogni giorno di ritardo dell' era Conte, paradossalmente, rischia di facilitare una nuova scissione di cui tanto si sussurra in casa grillina dopo quella anti Draghi delle scorse settimane. Ovvero un Movimento duro e puro, un surreale grillismo senza Grillo, una cinesata gestita dagli algoritimi dell' algido Davide Casaleggio e guidata da Alessandro Di Battista come frontman.
DAVIDE CASALEGGIO ALESSANDRO DI BATTISTA
Certo, un' altra giornata all' insegna dello sbando era difficile da immaginare. Perfino per Grillo stesso, che almeno ha l' attenuante di non dormire la notte per quel figlio che rischia una condanna per stupro. Ieri, si è scoperta l' esistenza in vita di Anna Macina, sottosegretario alla Giustizia.
Il curriculum della deputata brindisina, classe 1973, è più che buono: laurea in legge con 110 e lode, avvocato civilista in proprio. Ma anziché tacere, ieri Macina ha aperto un inutile fronte con la Lega, si è messa contro un peso massimo come Giulia Bongiorno, e ha di fatto insinuato che Matteo Salvini avrebbe informazioni privilegiate quando parla di Ciro-gate. Partita per macinare, la Macina è stata macinata in poche ore e mezza maggioranza ne chiede le dimissioni.
conte di maio
Se Conte avesse potuto, l' avrebbe imbavagliata. Quel che resta dello stato maggiore pentastellato, a cominciare dal silenzioso Luigi Di Maio, stava giusto guardando alle mosse di Salvini. Solo la Macina non sapeva. «Non si litiga con Draghi per un' ora in più o in meno di coprifuoco», ragionano alcuni senatori. E infatti, sono in molti a pensare che la Lega stia preparando l' uscita dalla maggioranza, preoccupata dai sondaggi di Fratelli d' Italia. Il medesimo problema lo ha anche il Movimento, scoperto sul fronte di Di Battista e sempre più in difficoltà a federarsi con il Pd.
ALESSANDRO DI BATTISTA DAVIDE CASALEGGIO
Un Partito democratico che dopo il video di Beppone, in diretta dal Medioevo, ha seri problemi di coscienza. Insomma, ogni giorno ha la sua pena, ma questa pena pare anche insensata. Liti sui soldi con la Casaleggio per Rousseau; invidia di chi è rimasto per chi, come Elio Lannutti o Gianluigi Paragone, se n' è andato per tempo e non s' è giocato la faccia. E preoccupazione per chi voleva tanto correre alla corte di Enrico Letta ma ora rischia di diventate un impresentabile.
«Se continuiamo così, con tutti che parlano in libertà, alla fine dovremo chiedere a Virginia Raggi di guidare il Movimento», dice uno degli ex colonnelli di Grillo. Nel Movimento, il sindaco della Capitale non è soltanto la dimostrazione che si può governare Roma senza farsi arrestare, ma è anche il simbolo dell' astuzia, del basso profilo, della capacità di non cacciarsi nei guai inutilmente. E così, dopo giorni terribili, in cui sembra quasi che tutti i grillini che parlano abbiano come unica missione quella di fare gaffe cosmiche, la Raggi diventa un modello.
giuseppe conte e luigi di maio con la card del reddito di cittadinanza
Per evitare questa Babele, Grillo aveva pensato a Conte, un avvocato che prima di parlare accende il cervello, sposta il ciuffo, si collega alla calcolatrice e poi, o rinvia, o dice cose incomprensibili come «caducazione». Ma preso per sopire e rinviare, l'«avvocato del popolo» rinvia perfino il proprio esordio. Ancora una settimana così, mormorano in molti, e Di Maio si riprende il partito.