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Francesco Borgonovo per Libero Quotidiano
Sapete perché giornalisti, intellettuali e commentatori assortiti non hanno previsto la vittoria di Donald Trump e non hanno capito nulla della Brexit o dell' avanzata dei movimenti identitari in Europa? Perché non hanno mai letto con attenzione i libri di Christopher Lasch (1932-1994).
Se si vuole comprendere qualcosa dello scenario politico di questi giorni, se si vogliono indagare a fondo le ragioni dell' opposizione globale alle élite finanziarie, ha poco senso riprendere in mano Marx o come sta facendo qualcuno rispolverare i pensatori del cosiddetto movimento «no global», sostenendo che avessero ragione loro.
No, il vademecum più utile per capire il presente e il futuro che ci attende è proprio l' opera di Lasch, di cui l' editore Neri Pozza manda ora in libreria il capolavoro Il paradiso in Terra. Il progresso e la sua critica. Il volume è uscito per la prima volta nel 1991, ma risulta di un' attualità devastante.
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Basti leggere i passaggi finali dell' introduzione: in poche parole, Lasch spiega quale sia stato il più grande errore dei progressisti (piccola precisazione: quando l' autore parla di «liberali», si riferisce ai liberal americani, dunque la miglior traduzione del termine è «progressista»).
«Nell' ansia di condannare quanto vi è di reprensibile nella cultura piccolo -borghese, i liberali hanno perso di vista quanto vi è di valido. Il loro attacco alla Middle -America [...] li ha resi ciechi agli aspetti positivi della cultura piccolo -borghese: il realismo morale, la consapevolezza che ogni cosa ha il suo prezzo, il rispetto dei limiti, lo scetticismo circa il progresso.
trump e melania nel resort 2011
Qualunque cosa si possa dire contro di loro, è però improbabile che i piccoli proprietari, gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori più spesso vittime del "miglioramento" che non beneficiari - prendano la terra promessa del progresso per il paradiso in terra». In queste poche righe c' è la spiegazione perfetta della vittoria di Trump e dell' avanzamento degli identitari nel mondo.
La Middle -America di cui parla Lasch è quella che ha subìto i disastri della globalizzazione celebrata dalle élite politiche di ogni schieramento (le quali ovviamente ne hanno beneficiato). Quei ceti produttivi - agricoltori, piccoli imprenditori, ma pure operai specializzati - sono, anche in Italia, le vittime della mondializzazione coatta e della finanziarizzazione illimitata dell' economia. Per questo si ribellano.
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Lasch lo aveva capito quasi trent' anni fa, ma è stato per lo più snobbato, specialmente nel nostro Paese. Facile capire perché: non era un comunista né un liberal, ma soltanto uno storico dell' Università di Rochester. Per di più estremamente critico negli ultimi anni di vita - verso l' orgia di potere clintoniana, dunque sgradito in primo luogo alla sinistra «moderna», la stessa che con Tony Blair si è imposta anche in Europa suggellando il patto d' acciaio fra il mondo finanziario e i progressisti. Lasch, dalla sua posizione laterale, ha però prodotto una serie di scritti che spaziano dalla po litica alla psicologia passando per l' economia.
La sua visione del mondo era profonda, ampia, dettagliata.
In Italia arrivarono alcuni dei suoi scritti principali grazie all' editore Feltrinelli, che stampò La cultura del narcisismo (1979), salvo poi dimenticarselo in qualche angolo polveroso e remoto del catalogo.
Eppure, da tempo, il narcisismo è un tratto dominante della società occidentale. Anzi, probabilmente è il grande male contemporaneo. Lasch riprese il tema in un altro libro splendido e a lungo obliato: L' io minimo (1984). Insomma, quest' autore formidabile l' avevamo sotto il naso, ma l' abbiamo trascurato.
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RISCOPERTA IPOCRITA Adesso, però, le grandi firme progressiste saccheggiano i suoi testi come cavallette.
Primo fra tutti Federico Rampini, il cui nuovo libro Tradimento scimmiotta l' altro capolavoro di Lasch, ovvero La ribellione delle élite. Il tradimento della democrazia, risalente al 1994. In quel saggio, Lasch chiarisce per la prima volta la pericolosità delle élite slegate dalla realtà, sradicate e prive di lealtà verso i propri Paesi.
Tali élite sono «i gruppi che controllano il flusso internazionale del denaro e dell' informazione, che dirigono le fondazioni filantropiche e le istituzioni di studi superiori, che controllano gli strumenti della produzione culturale e definiscono quindi i termini del dibattito pubblico».
Secondo Lasch, «il mercato in cui operano le nuove élite ha oggi una dimensione internazionale. Le loro fortune sono legate a imprese che operano senza badare ai confini e le loro preoccupazioni riguardano il buon funzionamento globale del sistema, non quello delle sue singole parti». Eccola qui, la globalizzazione delle compagnie transnazionali che impoverisce le classi medie. Un processo di cui il turbocapitalismo ha rappresentato il nucleo, ma a cui gli intellettuali hanno fatto da foglia di fico.
donald trump ronald reagan
Le élite, dice ancora Lasch, si distinguono dal resto della popolazione per lo stile di vita che le caratterizza più che per l' ideologia che le sostiene. Tuttavia, seppur prive di un orientamento univoco e compatto, hanno imposto, nel corso degli anni, un' ideologia dominante. Ovvero quella della «dismisura», dell' assenza di limiti, di confini. Illimitati sono i flussi finanziari, illimitato è il desiderio nella «religione dei consumi». Vanno abbattute le barriere protezionistiche per far circolare il capitale, e contemporaneamente vanno smantellati i confini per agevolare la circolazione degli uomini, equiparati a merci nell' interesse del capitale medesimo.
Attenzione: Lasch non è un socialista. Non contesta il capitalismo in toto, o il progresso nella sua totalità. Critica questo capitalismo smisurato e dimentico dei valori che lo hanno sostenuto dal principio. È un «populista» in senso pieno, e ha contribuito a conferire a questa definizione la nobiltà che merita. Il paradiso in terra è, per certi versi, una storia del populismo americano, il cui più grande insegnamento è precisamente il «senso del limite». Cioè quello che oggi abbiamo perso inseguendo le promesse progressiste e istituendo il culto della tecnica.
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«L' inaspettata ripresa della destra, non solo negli Stati Uniti ma in buona parte del mondo occidentale», scrive Lasch all' inizio del libro, «ha gettato nello scompiglio la si nistra, mettendo in discussione tutte le sue vecchie tesi sul futuro». Sono frasi che potrebbero comparire oggi nell' editoriale di un quotidiano.
Segue la spiegazione del perché i concetti di destra e sinistra siano ormai obsoleti, comprensiva di affondo verso la «nuova destra», che «è arrivata al potere con il mandato non solo di liberare il mercato dalle interferenze burocratiche, ma di arrestare la discesa lungo la china dell' apatia, dell' edonismo e del caos morale. Non è stata all' altezza delle aspettative». E anche questo passaggio si potrebbe sottoscrivere in pieno.
MITI CONTEMPORANEI Capitolo dopo capitolo, Lasch demolisce non solo la religione del progresso e della tecnica, ma pure i miti contemporanei sullo sviluppo, sui diritti umani, sulle minoranze, sui media (estendibili senza problemi a Internet e ai social), sul lavoro flessibile, sul piagnisteo dell' Occidente che sottopone a vaglio costante la propria cultura per espiare un antico senso di colpa.
Ecco perché chiunque voglia costruire una proposta politica nuova, sovranista, identitaria, tradizionalista ma pure socialista o «di sinistra», dovrebbe partire da questo autore fondamentale.
Prenderlo sul serio prima ci avrebbe evitato tanti problemi. Ora abbiamo l' occasione di riscoprirlo, e di appurare quanto fosse nel giusto: non lasciamocela sfuggire. E teniamoci care le due parole che Lasch ci lascia in eredità: «Limite» e «Speranza», cioè le fondamenta su cui ricostruire.
MELANIA E DONALD TRUMP