1 - «MEGLIO DIMETTERMI CHE OPERARMI» LA BATTUTA DEL PAPA AGITA IL VATICANO
A. Bul. per “il Messaggero”
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La frase, raccontano, l'ha buttata lì durante un colloquio privato con i vescovi italiani. Ma quella battuta che fino a un decennio fa avrebbe dipinto soltanto sorrisi divertiti sui volti dei presenti, stavolta ha fatto drizzare le antenne a più di un osservatore. «Piuttosto che operarmi mi dimetto», ha detto, con la sua solita verve, Papa Francesco, costretto da più di un mese su una sedia a rotelle per via di un dolore al ginocchio che non vuol sapere di andarsene. Eppure. Eppure in un attimo, dai corridoi del Vaticano, la voce rimbalza sui principali siti internazionali.
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«Il Papa si avvicina alla fine del suo pontificato?», si chiede il Washington Post, seguito dal francese Le Figaro. Perché, oltre al precedente di Joseph Ratzinger, il primo pontefice a fare il gran rifiuto da quasi otto secoli a questa parte, chi parla della possibilità di dimissioni di Francesco legge anche altri segnali.
Indizi, briciole che il Papa avrebbe disseminato nelle scorse settimane per preparare la strada alla sua ipotetica rinuncia. A cominciare dall'annunciata visita del prossimo 28 agosto all'Aquila. Città, guarda caso, legata alla memoria di Celestino V, il primo - e fino a Benedetto XVI unico - capo della chiesa cattolica ad abbandonare il soglio di Pietro, nel 1294.
Ma c'è di più. Due giorni prima, il 26, il Pontefice ha indetto un concistoro per la creazione di 16 nuovi cardinali elettori. Una data insolita, fa notare chi crede all'ipotesi dimissioni, per convocare porporati da ogni parte del mondo sotto il sole rovente di Roma.
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Non solo: nei giorni successivi Francesco ha convocato una riunione straordinaria tra tutti i porporati per parlare con loro della riforma della curia e di come la Chiesa debba adeguarsi alle sollecitazioni esterne. Un appuntamento inedito, non accompagnato da alcuna nota ufficiale di spiegazione, che alcuni hanno letto come un'occasione per dar modo ai potenziali elettori del suo successore di conoscersi, di stringere amicizie e alleanze in vista di un possibile conclave.
Voci non inedite, anzi. Di rinuncia si era già parlato un anno fa, quando Bergoglio fu ricoverato per un intervento al colon. «Non mi è passato neanche per la testa», chiarì poi il diretto interessato in un'intervista alla radio spagnola. Ipotesi che, ora come allora, il Vaticano torna a liquidare in modo netto. Papa Francesco, filtra da Oltretevere, ha seri problemi al ginocchio, ma non ha perso né il buonumore né la voglia di fare progetti.
A luglio sarà in Africa come da programma: prima in Congo e in Sud Sudan. Poi in Canada.
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Missioni impegnative per un uomo che a dicembre compirà 86 anni, ma che è difficile interpretare come un viaggio d'addio. Parlando della sua salute, sempre in compagnia dei vescovi, il Papa ha spiegato che dalla malattia sta imparando molto. L'intervento, invece, «non lo metto in agenda: non mi va di sottopormi a una nuova anestesia - avrebbe confidato -, non mi va di tornare a fare riabilitazione». All'udienza generale di ieri, poi, è tornato sul tema della vecchiaia: «Tanti trucchi, tanti interventi chirurgici» per nasconderla. Poi ha citato le parole di una «saggia attrice italiana», Anna Magnani: «Le rughe? Non toccarle, ci sono voluti tanti anni per averle». Sono «un simbolo dell'esperienza, ha aggiunto Bergoglio. Chissà se vale lo stesso per un acciacco al ginocchio.
2 - FRANCESCO E IL FANTASMA DIMISSIONI
Vito Mancuso per “la Stampa”
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Riflettere sulle eventuali dimissioni di Papa Francesco di cui non pochi nel mondo vociferano significa riflettere sull'essenza del papato. Cos' è il papato? Uno status sacrale o un ministero? Con le sue dimissioni del 10 febbraio 2013 Benedetto XVI ha definitivamente indicato alla coscienza cattolica contemporanea che l'identità del papato consiste nell'essere un ministero, cioè una funzione, un servizio, un compito che si deve svolgere e che, cessando le forze fisiche e psichiche per il suo svolgimento, si deve lasciare.
Prima delle dimissioni di Benedetto XVI "essere papa" e "fare il papa" era la medesima cosa, la persona e il ruolo si identificavano senza soluzione di continuità, e anzi, se tra le due dimensioni doveva prevalerne una, questa era certamente quella di "essere papa", mentre passava in secondo piano il fatto di avere o no le piene possibilità di poterlo fare. Giovanni Paolo II ebbe una lunga e conclamata malattia, non poteva più "fare" il papa, ma lo era, e ciò bastava.
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Prevaleva la dimensione sacrale legata allo status, al carisma, all'essere. Non a caso Giovanni Paolo II, quando qualcuno gli prospettava l'ipotesi delle dimissioni, era solito ripetere: «Dalla croce non si scende». Benedetto XVI volle forse scendere dalla croce? No, piuttosto considerò il papato un ministero, un servizio da prestare, e quindi giunse a riconoscere pubblicamente che il calo progressivo delle sue forze fisiche e psichiche non gli permetteva più di "fare il papa". La funzione ebbe la meglio sull'essenza.
Tale distinzione tra persona e ruolo introdotta da Benedetto XVI con le sue dimissioni si concretizzò in queste parole dette in latino ai cardinali: «Le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino».
Nel testo originario: "munus petrinum", con il sostantivo "munus" che propriamente significa "prestazione, compito, ufficio, servizio". Il passaggio decisivo però in quel clamoroso annuncio papale di nove anni fa è quest' altro: «nel mondo di oggi».
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Ecco la frase per intero: «Nel mondo di oggi per governare la barca di san Pietro è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito». Nel mondo di ieri, faceva intendere Benedetto XVI, la distinzione tra persona e ruolo poteva anche non emergere e un Joseph Ratzinger indebolito avrebbe ancora potuto continuare a essere Benedetto XVI. Nel mondo di oggi, invece, non è più così. Fu un segnale di grande autoconsapevolezza e lucidità.
L'errore a quel tempo fu semmai quello di non essere stati conseguenti fino in fondo, comprendendo che, con la rinuncia al ministero petrino, si decade anche dal titolo che esso comporta, e che quindi non ha propriamente senso denominare oggi Joseph Ratzinger "Papa emerito".
BERGOGLIO NON PRESIEDE LA MESSA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Lo si può fare per comprensione e gentilezza, così come in ambito laico ci si rivolge a chi ha ricoperto una carica presidenziale continuando a chiamarlo informalmente presidente, ma, come il presidente della Repubblica italiana è Sergio Mattarella e Giorgio Napolitano non è presidente emerito ma solo ex presidente e senatore a vita, allo stesso modo avrebbe dovuto essere per la Chiesa: un Papa che si dimette da Papa non è più Papa, né emerito né di altro tipo.
Ha avuto l'incarico di esercitare il "munus petrinum", ma poi, lasciato l'incarico, è solo un ex Papa. Per questo Ratzinger non avrebbe dovuto continuare a vestirsi di bianco, ma avrebbe dovuto tornare a vestirsi di nero, o di rosso, non più però di bianco.
Se le cose fossero andate così, oggi Papa Francesco avrebbe molto meno difficoltà a dimettersi da Papa e a tornare a essere semplicemente Jorge Mario Bergoglio.
papa francesco angelus
Al momento però non lo può fare perché l'eventuale presenza di ben due papi emeriti accanto al nuovo Papa nella pienezza dei poteri creerebbe obiettivamente una situazione imbarazzante: tre papi nello stesso momento, vivi e presenti in Vaticano. Li riuscite a immaginare in una foto tutti e tre vestiti di bianco? L'interrogativo in ogni caso è sempre il medesimo di allora: «nel mondo di oggi» papa Francesco è in grado di continuare a guidare la barca di Pietro come essa richiede?
Nove anni fa Benedetto XVI rispose nel modo che sappiamo, oggi è solo la coscienza di Papa Francesco a poter rispondere e certamente essa lo illuminerà nel modo migliore. Una cosa comunque, a mio avviso, deve essere chiara: che se papa Francesco si dimetterà, dovrà compiere un ulteriore passo in avanti rispetto al suo predecessore e rinunciare anche alla qualifica di "Papa emerito" e alla veste bianca. Sarebbe la maniera migliore di augurare buon lavoro al suo successore. -