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    UN COLPO DI "GENE" PER RISOLVERE I COLD CASE - LA BIOLOGA NEOZELANDESE BARBARA RAE-VENTER È LA DONNA CHE HA AIUTATO A RISOLVERE CENTINAIA DI OMICIDI IRRISOLTI GRAZIE A UNA TECNICA INNOVATIVA - L'EX AVVOCATO USA I DATABASE DEI SITI GENEALOGICI, DOVE LE PERSONE INVIANO IL PROPRIO DNA, PER STANARE I PARENTI DEI CRIMINALI - L'INCREDIBILE ARRESTO DEL “GOLDEN STATE KILLER”: "ERANO STATE FATTE MOLTE INDAGINI GENETICHE MA PER FORTUNA NEL 1980 ERA ACCADUTO QUALCOSA DI RARISSIMO…"


     
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    Estratto dell'articolo di Giuliano Aluffi per “la Repubblica”

     

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    Laura Kempton ha avuto giustizia solo pochi giorni fa, a 42 anni dalla sua morte, grazie alla genealogia forense, il metodo ideato dalla biologa Barbara Rae-Venter, […] neozelandese e autrice di I know who you are (Ballantine, 2023), è diventata per puro caso l’incubo dei serial killer impuniti, che oggi possono essere traditi in ogni momento da qualche lontano parente che decida di inviare il proprio Dna a un sito genealogico.

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    Come inizia la sua rivoluzione criminologica, dottoressa?

    «Nel 2015 andai in pensione come avvocato esperto in brevetti biotech e iniziai a lavorare da volontaria per l’associazione DNAadoption, una nonprofit che aiuta gli adottati a rintracciare i genitori biologici. Un giorno, il 3 marzo, lo sceriffo della contea di San Bernardino chiese il nostro aiuto. Una trentenne, Lisa Jensen, di cui si sapeva solo che era stata rapita a 2 anni da un maniaco e rilasciata a 5 anni, voleva sapere il suo vero nome e rintracciare i genitori.Con l’analisi genealogica trovammo il nome della madre di Lisa: Denise Beaudin. Ma Denise era sparita: si sapeva solo che l’ultimo suo compagno era un certo Bob Evans».

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    Ma veniamo al suo successo più clamoroso: lei ha dato un nome al fantomatico Golden State Killer, che oggi è dietro le sbarre.

    «Essendo un serial killer notissimo, erano state fatte molte indagini genetiche sul Dna trovato sulle scene dei suoi crimini. E questo aveva, nel tempo, esaurito la quantità di Dna analizzabile. Paul Holes, il detective che seguiva il caso, sapendo del mio approccio innovativo mi chiese aiuto nell’ottobre 2017. Il primo problema, enorme, era: “E ora come facciamo senza più il Dna?”»

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    Bella domanda.

    «Per fortuna nel 1980 era accaduto qualcosa di rarissimo. Il dottor Peter Speth, analizzando la scena dell’omicidio dei coniugi Lyman e Charlene Smith, massacrati in casa con un ceppo di legno dal Golden State Killer, aveva scelto di raccogliere due tamponi vaginali di Charlene Smith. Mentre era prassi dei coroner raccogliere un solo campione. La contea di Ventura aveva conservato per 37 anni una delle due provette etichettate dal dottor Speth. Era proprio in fondo al frigorifero, ancora sigillata. In quel momento il destino del Golden State Killer era segnato».

     

    Cosa fece allora?

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    «Inviai quel Dna al sito FamilyTreeDNA perché ne facesse un profilo genetico, e lo caricai sui database dei siti genalogici FamilyTreeDNA e GEDmatch. Creando un utente fittizio, per trovare i nomi dei cugini del killer e risalire alla sua identità. GEDma tch mi rivelò anche che il Golden State Killer doveva avere gli occhi azzurri e origini italoamericane. All’inizio trovammo solo parenti molto lontani e fu difficile procedere. La svolta venne nel 2018, quando caricammo il suo profilo sul sito MyHeritage: lì trovammo una cugina di secondo grado del killer».

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    Come inchiodaste DeAngelo?

    «Una prima lista di sospetti, ottenuta lavorando sugli alberi genealogici ricostruiti unendo le informazioni dal sito a quelle dell’anagrafe, comprendeva i nomi di nove uomini, tra cui DeAngelo. Io mi fissai subito su di lui: era italoamericano, aveva gli occhi chiari, ed era stato cacciato dalla polizia perché colto a rubare da un negozio una mazzetta e uno spray repellente per cani: due oggetti utili a chi si intrufolava di notte nelle case altrui. La polizia raccolse il suo Dna dalla maniglia della sua auto, e poi da un tovagliolo gettato nella spazzatura. Il Golden State Killer era proprio lui. Fu arrestato qualche giorno dopo, colto totalmente di sorpresa. Ormai, dopo quarant’anni di impunità, si sentiva al sicuro».

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