SPREAD SOTTO 140 PUNTI, PRIMA VOLTA DA MAGGIO 2018
(ANSA) - Lo spread tra Btp e Bund torna sotto i 140 punti base a 139, per la prima volta da maggio del 2018. Il rendimento del decennale italiano aggiorna i minimi storci a 0,75%.
BCE: PIAZZA AFFARI E BTP SVETTANO TRA BORSE E BOND EUROPA
MARIO DRAGHI E GIUSEPPE CONTE
(ANSA) - Le Borse europee accolgono positivamente le decisioni della Bce, che non ha indicato una data di fine del nuovo Qe, compensando la delusione per un ammontare di 20 miliardi di euro di acquisti mensili inferiore alle attese. Milano avanza dello 0,9% davanti a Parigi e Francoforte (+0,6% entrambe) e a Londra (+0,1%).
Lo spread Btp/Bund scende a 139 punti base, con il rendimento del decennale italiano che tocca un nuovo minimo storico a 0,75%. I bond italiani sono quelli che in Europa stanno beneficiando di più delle misure annunciate dalla Bce, con un crollo di 21 punti base dei rendimenti, il doppio di quelli della Francia (-10 punti base) e il triplo di quelli della Germania (-7 punti base).
Con il QE annunciato oggi (e anticipato prima) finiscono le balle sulle cose che "facevano salire lo spreeeeead".
Chi valuta i costi dello spread durante il nostro governo mandi la fattura a Francoforte. Per quale motivo hanno interrotto gli acquisti senza traccia di inflazione?
— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) 12 settembre 2019
Riccardo Sorrentino per www.ilsole24ore.com
Un pacchetto complesso per contrastare la flessione delle aspettative di inflazione. La Banca centrale europea ha tagliato i tassi (con un sistema a “scalini”), lanciato un nuovo qe, e modificato le condizioni delle Tltro, le aste di liquidità finalizzate ai prestiti alle aziende, che saranno anche più lungo del previsto. Soprattutto, ha modificato la forward guidance: non sono più previsti termini precisi, come era accaduto finora: la politica ultraespansiva resterà in vigore finché necessario.
Tassi al -0,50%
MARIO DRAGHI E GIOVANNI TRIA
I tassi sui depositi presso la Bce sono stati portati al -0,50%, dal precedente -0,40%. L’autorità di Francoforte intende lasciarli ai livelli attuali, o anche più bassi, «fino a che non vedrà le prospettive di inflazione convergere a un livello sufficientemente vicino, ma al di sotto, del 2%» nelle sue proiezioni e ne avrà visto i riflessi anche sui dati effettivi di inflazione. Il taglio è affiancato da un tiering: la liquidità in eccesso resterà esente dai tassi negativi. Fermi il tasso di riferimento (a quota zero) e quello sulla marginal lending facility allo 0,25%.
Qe da 20 miliardi «aperto»
DRAGHI E MATTARELLA
Ha lanciato un quantitative easing da 20 miliardi al mese, a partire dal 1° novembre, senza termine definito: resterà in vigore per il tempo necessario «a rinforzare l’impatto dei tassi e fino a poco prima l’inizio del rialzo». Continuerà inoltre a reivestire totalmente i titoli in scadenza, fin oltre il rialzo dei tassi di interesse «e in ogni caso per il tempo necessario a mantenere condizioni di liquidità favorevoli» e orientamento ampiamento espansivo. Non saranno toccati gli attuali “limiti” agli acquisti: la Bce, ha spiegato in conferenza stampa il presidente Mario Draghi, ha ancora ampio spazio per acquistare titoli senza doverli modificare.
Tltro più favorevoli e più lunghe
claudio borghi 1
Ha inoltre esteso da due a tre anni la durata delle Tltro, le cui modalità cambieranno in modo da «preservare favorevoli condizioni per i prestiti bancari, assicurare una trasmissione senza intoppi della politica monetaria e sustenere ulteriormente l’orientamento espansivo della politica monetaria». I tassi applicati saranno pari alla media dei tassi di riferimento, oggi a quota zero, durante la durata dell’operazione, e più bassi per le banche i cui prestiti netti supereranno un livello di riferimento.
Una forward guidance più precisa ma senza termini
Il punto chiave del pacchetto integrato è sicuramente la modifica della forward guidance. Le indicazioni di tempo, presenti nel passato - fino a ieri i tassi sarebbero dovuti rimanere ai livelli attuali o più bassi almeno fino alla metà del 2020 - sono stati sostituiti da termini aperti. La minore “precisione” della guidance è stata sostituita da una sequenza più precisa - anche se non nuova - della fine dei vari interventi.
La sequenza della futura «normalizzazione»
claudio borghi 2
Il qe terminerà quando le proiezioni sull’inflazione si riavvicineranno al 2% e questa convergenza apparirà anche nei dati effettivi sulla dinamica dei prezzi. Attualmente le proiezioni Bce sulla dinamica del prezzi sono piuttosto basse: prevedono un’inflazione media dell’1,2% per fine anno, dell’1% l’anno prossimo e dell’1,5% per il prossimo, in flessione rispetto alle indicazioni di giugno (rispettivamente 1,3%, 1,4% e 1,6%). In ogni caso, gli acquisti cesseranno poco prima dell’aumento dei tassi, che dunque dovrà apparire già quasi “maturo”.
Un lungo orizzonte temporale
Sono in seguito, e dopo «un periodo prolungato» si potranno eventualmente ridurre i reinvestimenti dei titoli in scadenza. Le Tltro, che si succederanno a ritmo trimestrale, avranno invece durata triennale e non più biennale. La politica ultraespansiva ha dunque un orizzonte temporale che promette di essere piuttosto lungo.
I dubbi su efficacia e costi
matteo salvini claudio borghi
La Bce è andata al di là delle aspettative dei mercati, se non altro per la sua determinazione a mantenere l’orientamento espansivo per una durata indefinita. La decisione lascia però aperti tutti gli interrogativi non solo sull’efficacia di questi interventi - la Bce dà l’impressione oggi di tentare tutto il possibile per riportare in alto l’inflazione - ma soprattutto sui loro costi: se il tiering riduce il peso sulle banche, resta la compressione dei rendimenti dei titoli di Stato , che penalizzano assicurazioni e fondi pensione, la distorsione complessiva delle quotazioni e, non ultimo, il forte effetto redistributivo a vantaggio del settore finanziario.
Rischi continuamente monitorati
Draghi ha ricordato che la Bce monitora costantemente il rischio che i costi superino i benefici, ma con l’obiettivo di correggerli attraverso misure macroprudenziali (non ritenute più totalmente efficaci, però, dalla stessa Banca dei regolamenti internazionali che li ha proposti). Allo stesso tempo, Draghi ha ricordato che altri fattori, più incisivi - come un elevato rapporto tra costi e ricavi - pesano sulla redditività di diverse aziende di credito.
Una decisione non semplice
I rendimenti marginali e l’aumento dei costi delle misure di politica monetaria spiegano perché la decisione di oggi non sia stata semplice. Il consiglio direttivo - ha spiegato Draghi - era unanime sulla necessità di agire, ma alcune divergenze di opinione sull’effettiva severità delle prospettive economiche hanno spinto alcuni consiglieri a proporre un rinvio delle decisioni, mentre maggiori perplessità ha suscitato la decisione di riaprire il quantitative easing. Per Draghi, il pericolo era che le aspettative di inflazione si stessero ancorando a un livello compreso tra l’1% e l’1,5%, lontano dall’obiettivo del 2%. In ogni caso, ha aggiunto, «il consensus è stato talmente ampio che non è stato necessario votare».
ario Draghi e Christine Lagardee cf fc e df c a d
Ora tocca alla politica fiscale
L’unanimità, un po’ a sorpresa, ha riguardato la necessità che la politica fiscale prenda ora il timone della politica economica. «Deve diventare l’elemento chiave», ha detto Draghi, aggiungendo: «Ora deve assumere la guida» per sostenere la domanda, ma anche per riportare in alto i rendimenti. Un segnale chiaro del fatto che la politica monetaria sta ormai raggiungendo i propri limiti e occorrano sforzi sempre maggiori per ottenere risultati sempre più piccoli. Draghi ha anche escluso che questa indicazione comporti un sostegno alle proposte di riforma del Patto di stabilità. Solo i paesi con “spazio fiscale” - è l’idea della Bce - devono quindi introdurre una politica espansiva.