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    LA GUERRA NO, LA GIUSTIZIA DA FAR WEST SÌ - L'EX PISTOLERO SALVINI SI È RISCOPERTO PACIFISTA E DICE CHE "QUANDO SI PARLA DI ARMI" NON RIESCE A ESSERE FELICE: NEL 2018 PERÒ ERA BEN FELICE DI FIRMARE UN PATTO DI TUTELA CON LA LOBBY DELLE ARMI PER PROTEGGERE I DETENTORI LEGALI, I TIRATORI SPORTIVI, I CACCIATORI E I COLLEZIONISTI - ALL'EPOCA AL "CAPITONE" ANDAVA PIÙ CHE BENE QUANDO UN TABACCAIO SPARAVA CONTRO UN AGGRESSORE, MA ORA SUGLI UCRAINI CHE SI DIFENDONO DAI RUSSI HA CAMBIATO IDEA...


     
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    “Quando si parla di armi non riesco ad essere felice” – Matteo Salvini, marzo 2022. Facciamo un salto indietro nel tempo. Non molto tempo fa, anche se prima di una guerra in Europa e una pandemia nel mondo. Un’altra Italia, quella con Salvini Ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio.

     

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    L’11 febbraio del 2018 Matteo Salvini è in visita alla fiera delle armi di Vicenza e firma un documento che lo impegna, nei confronti dei rappresentanti della lobby delle armi, a consultare il Comitato Direttiva 477 ogni volta che arrivano in discussione in Parlamento provvedimenti sulle armi.

     

    Cos’è questo famigerato Comitato? Il Presidente del Comitato dell’epoca, Giulio Magnani, (Oggi il Comitato si chiama UNARMI – Unione degli Armigeri Italiani), lo spiegava così a Repubblica: “Siamo un’associazione che tutela i privati cittadini che hanno armi da fuoco. In Italia rappresentiamo la Firearms United (confederazione europea dei possessori di pistole, ndr) e collaboriamo con Anpam, Conarmi e Assoarmieri”.

     

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    Cioè le più importanti sigle dei fabbricanti di armi, un settore che vale più o meno lo 0,7% del Pil (2.500 imprese, tra indotto e produzione, 92.000 occupati) e si rivolge a 1,3 milioni di titolari di licenza. Cacciatori, tiratori sportivi, appassionati di armi (anche da guerra) e gente comune in cerca di sicurezza, che riempie i poligoni, meglio se privati.

     

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    Insomma, quando parliamo di lobby delle armi parliamo di queste aziende qui. Con cui Salvini si impegnò, sul suo onore – parole sue – a nome suo e dell’intera Lega, all’assunzione pubblica di impegno a tutelare i detentori legali di armi, dei tiratori sportivi, dei cacciatori e dei collezionisti di armi.

     

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    Contestualizziamo: era l’epoca in cui una delle battaglie di Salvini era quella per la legittima difesa. Nel punto 8 del documento firmato a Vicenza, Salvini si vincolava “a tutelare prioritariamente il diritto dei cittadini vittime di reati a non essere perseguiti e danneggiati (anche economicamente) dallo Stato e dai loro stessi aggressori”.

     

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    In quello stessa periodo la Lega depositava in Commissione Giustizia al Senato una modifica all’articolo 52 del Codice penale, introducendo proprio la “presunzione di legittima difesa” a cui si può appellare “colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario (…) con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio”. In altre parole: prima si spara, poi si chiede. La giustizia da Far West che a Salvini piace tanto, sebbene oggi si dica contrario alle armi.

     

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