chiellini
Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera
Oltre trent' anni prima del dibattito innescato da Allegri, Platini si trovò a filosofeggiare con la scrittrice Marguerite Duras, che lo stava intervistando per Liberation , a proposito del paragone tra equini e calciatori: «Quindi siete come i cavalli?» chiese lei. «No, perché noi non possiamo metterci i paraocchi», rispose Le Roi Michel.
Reduce da una sconfitta che vale doppio - perché il primo trofeo stagionale è andato e perché è la seconda caduta in 15 giorni contro la Lazio - la squadra di Sarri dà l' impressione di avere cavalli inaspettatamente stanchi («Un deficit di energie» lo ha definito il tecnico) ma anche i paraocchi, perché ha esaltato ancora una volta le caratteristiche dell' avversario, che si chiude e apre come una mano e ha rifilato altri tre schiaffi alla Signora.
ronaldo chiellini pjanic
Il dato più evidente della mutazione bianconera è da allarme rosso: 24 gol in 24 partite sono una media mai vista nella Juve degli otto anni d' oro. Quello che i numeri non dicono è la sensazione di vulnerabilità, che la squadra di Sarri trasmette troppo spesso. I fattori sono molteplici e anche se è oggettivo quello che dice Sarri che il «nuovo modo di giocare più alti c' entra poco, perché i gol li prendiamo sempre quando siamo bassi e ancora non capisco perché», bisogna pur partire da qualcosa per cercare il motivo di questa fragilità sconosciuta.
maurizio sarri foto mezzelani gmt003
«Questa maglia pesa, non possiamo più sbagliare. La squadra deve sapere mettersi meglio sul campo» dice Pjanic, ovvero quello attraverso il quale dovrebbe passare gran parte del gioco.
Se non è una bocciatura generale, perché la Juve è prima in campionato e ha superato di slancio il girone di Champions, è comunque un avvertimento: questa nuova versione, con i vecchi interpreti, non è ancora in grado di imporre il proprio gioco per 90' e con la Lazio non lo ha mai fatto, per ragioni tattiche, che si sommano a quelle atletiche. Tutto si tiene e anche le qualità tecniche non sono secondarie: la batteria degli esterni difensivi non convince, perché solo Alex Sandro, tra l' altro uno dei peggiori a Riad, garantisce continuità nelle due fasi.
miralem pjanic foto mezzelani gmt
Se gli esterni bassi non spingono, le mezzali devono coprire una porzione di campo più ampia e fanno fatica. In quel triangolo delle Bermuda, le coppie Lulic-Milinkovic e Lazzari-Luis Alberto hanno dominato, facendo saltare agli occhi una cosa che si sapeva anche prima della sfida araba: due mezzali come lo spagnolo e il serbo, la Juve non le ha. E quelle a sua disposizione non hanno le caratteristiche ideali per sostenere il gioco d' attacco, con inserimenti e gol: gli ultimi arrivati Ramsey e Rabiot sono ancora due oggetti abbastanza misteriosi.
Sarri prova a compensare con il tridente, dopo aver ricordato che Dybala «non è un trequartista».
rabiot e la mamma veronique
L' argentino come regista d' attacco non può essere sempre brillante anche nel raccordo e Higuain ha dimostrato di avere più spazi quando gioca in coppia, senza tridente. Gli equivoci vanno affrontati comunque in fretta. E senza quel «pizzico di superficialità e di presunzione» di cui ha parlato Buffon riferendosi al primo k.o.
con la Lazio. La prossima sfida ai biancocelesti è lontana (26 aprile), ma la Juve ha anche altri cavalli da tenere a freno. Senza paraocchi.
CRISTIANO RONALDO FURIOSO DOPO LA SUPERCOPPA
Andrea Ramazzotti per www.corrieredellosport.it
CR7
Il supereroe ha un dna umano e anche a lui ogni tanto… può capitare di perdere. Al King Saud University Stadium è stato il migliore della Juve e ha propiziato con il suo sinistro respinto da Strakosha il momentaneo pareggio di Dybala, Cristiano Ronaldo non è stato sufficiente ai bianconeri per portare a Torino la Supercoppa italiana, la seconda di fila dopo quella alzata al cielo di Gedda a gennaio.
Non era certo il trofeo che si è assegnato a Riyad l’obiettivo primario della stagione della Signora e dell’ex fuoriclasse del Real Madrid, ma la sconfitta non ha fatto piacere al portoghese che, ricevuta al momento della premiazione la medaglia d’argento per il secondo posto, se l’è subito tolta dal collo e scuro in volto se n’è andato dal palco senza neppure stringere la mano all’ad della Lega De Siervo.
cr7
CR7 non è abituato a perdere, tanto meno nelle finali. Lo dicono i numeri della sua carriera. E quando succede come domenica, non è mai di buon umore (eufemismo). L’Arabia l’ha lasciata senza aprire bocca e le vacanze natalizie, che state certi non trascorrerà in completa inattività, non le vivrà con la serenità che lo avrebbe contraddistinto se avesse messo in bacheca il trofeo numero 32 della carriera tra club e nazionale.
Ronaldo furioso dopo la Supercoppa
Tutti sanno che il 5 volte Pallone d’Oro con le finali ha un rapporto tutto suo: sono il territorio di caccia del campione di Madeira e siccome non ne perdeva una da quella di Supercoppa spagnola del 2014 contro l'Atletico Madrid, lo schiaffo gli ha fatto ancora più male.
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In questi quasi 5 anni e mezzo, per la precisione 64 mesi, ne aveva giocate 11 (la finale di Supercoppa europea del 2016 vinta dal Real contro il Siviglia l’ha vista dalla tribuna complice l’infortunio a Euro 2016) e in tutte era uscito vincitore. La dodicesima gli è risultata fatale nonostante anche stavolta lui abbia fatto tutto il possibile per essere decisivo: dribbling, impegno, conclusioni e incitamenti ai compagni. Gli è mancato il gol, che sarebbe stato il ventesimo in 29 finali. Spera di segnarlo nella numero 30, a Istanbul il 30 maggio quando in palio ci sarà la Champions League.
Ronaldo e la voglia di Pallone d'Oro
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Da gennaio però c’è da scommetterci che Ronaldo tornerà ancora più motivato. Vuole che il prossimo sia il suo anno, quello in cui conquisterà il sesto Pallone d’Oro e può riuscirci solo se giocherà una grande Champions con la Juventus e un Europeo super con il Portogallo. Si è messo in testa di vincere e segnare, senza cambiare squadra perché a Torino è felice e ha ancora due anni e mezzo alla fine del suo contratto. Come assicurato dal suo agente, Jorge Mendes, non pensa a un addio all'Italia e nelle prossime finali, ancora in bianconero, il risultato deve essere diverso da quello di Riyad.