FRANCESCO BATTISTINI per il Corriere della Sera
macron haftar
«Sirianizzazione». Brutta la parola, giusta l'idea. L'aveva già usata un mese fa il ministro degli Esteri francese, spaventato dalla deriva. La ripetono in queste ore un po' tutti: sì, la Libia sta diventando sempre più uno scatolone-regalo per due, la Turchia e la Russia, le stesse che comandano in Siria e che qui armano l'una il governo tripolino di Fayez al-Sarraj, l'altra il generale cirenaico Khalifa Haftar.
La guerra civile è a una svolta. E dallo scorso inverno, da quando Erdogan ha portato a Tripoli i miliziani siriani, i rapporti di forza si sono rovesciati: Sarraj stravince, Haftar si ritira, Ankara gode.
Può durare? Il primo a cui sono saltati i nervi è Emmanuel Macron, sostenitore di Haftar, già furioso perché la settimana scorsa le sue fregate che pattugliano il Mediterraneo s' erano imbattute in un cargo turco pieno d'armi, e s' era sfiorata la battaglia navale. Oltre che una crisi diplomatica: «La Turchia sta giocando una partita pericolosa», dice il presidente francese. «Il gioco pericoloso» lo fate voi, la risposta di Erdogan: «Stando col golpista Haftar e creando il caos».
Erdogan Fayez al-Sarraj
Per essere più chiaro, il Sultano ha fatto arrestare un'ex guardia del consolato francese a Istanbul e tre turchi, tutti accusati d'essere spie a libro paga di Parigi dentro il mondo degli islamisti. C'era una volta la Nato. La stessa che nove anni fa cacciava Gheddafi, a suon di bombardieri francesi, e oggi si ritrova due Paesi membri l'un contro l'altro armato. «È la morte cerebrale dell'Alleanza atlantica», riconosce l'Eliseo:
«Ma bisogna dire ai turchi: è ora di fermarsi. Non tollereremo il vostro ruolo. Avete raggiunto l'obbiettivo di capovolgere la situazione militare: basta così». Il concetto è stato ripetuto da Macron in una telefonata a Donald Trump, uno che finora si preoccupava della Libia solo per il petrolio o per il terrorismo, e invece lunedì ha mandato il capo del Pentagono in Africa, Townsend, a negoziare una tregua militare.
Recep Tayyip Erdogan
È in parte anche la posizione dell'Italia, che gioca sui due tavoli: Luigi Di Maio è stato in Turchia, ora va a Tripoli e tiene aperto il canale Haftar, perché la crisi «riguarda la nostra sicurezza nazionale» e «non possiamo permettere nessuna partizione» (leggasi: sirianizzazione). L'ultima cosa di cui ha bisogno la Libia sono nuovi interventi dall'estero, ha detto ieri mattina un portavoce Onu.
E invece troppi si stanno agitando: con la Francia, al fianco di Haftar, ecco schierarsi l'Egitto. «C'è una linea rossa» che i turchi non possono superare, avverte il presidente Al Sisi: questa linea va da Sirte, la simbolica città natale di Gheddafi già liberata dall'Isis, e arriva alla base aerea d'Al Jufra, 250 km a sud, dove i russi hanno piazzato i Mig-29, i Su-24 e le migliaia di mercenari dell'esercito privato Wagner, tutti in appoggio della Cirenaica. Se Sirte cadrà, come sembra, la marcia dei turchi verso Est potrebbe arrivare fino a Bengasi e ai grandi pozzi petroliferi di Ras Lanuf.
BOMBE SU MISURATA LIBIA
«Inaccettabile»: parlando ai suoi soldati, Al Sisi non ha escluso un intervento armato in nome della sicurezza nazionale - «tenetevi pronti» -, e ha ricevuto l'applauso di sauditi, emiratini, della Lega araba tutta, perché «l'Egitto ha il diritto di difendere i suoi confini».
Di mezzo ci sono naturalmente le vecchie ruggini con Erdogan, che nel 2013 finanziava i Fratelli musulmani al Cairo come ora dà soldi agli islamici di Tripoli. Ma c'è soprattutto l'alleanza francese ed egiziana con Putin. Quello che dice di volere un cessate il fuoco e sul fuoco, finora, ha spesso soffiato. Come in Siria.
L'ITALIA: NO ALLA SPARTIZIONE DELLA LIBIA
FRANCESCA SFORZA per la Stampa
KHALIFA HAFTAR SI AUTOPROCLAMA LEADER DELLA LIBIA 1
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio vola a Tripoli, una visita lampo con un forte significato politico: esserci. Dopo la vittoria sul campo ottenuta dal governo di Al Sarraj grazie al sostegno militare della Turchia, dopo la minaccia egiziana di ricorrere alle armi per tutelare il Parlamento di Tobruk e il generale Haftar, dopo il messaggio del ministro degli Esteri russo Lavrov sull'urgenza di un cessate il fuoco, la Libia rischia di diventare terra di appetiti per ciascuno di questi Paesi.
petrolio libia 1
E l'Italia non può permettersi di stare a guardare: «Evitare qualsiasi partizione della Libia - dicono fonti vicine al ministro italiano - Questa per noi è una priorità, investe direttamente la nostra sicurezza nazionale». È importante che la linea italiana - sostenere il governo di Tripoli e contribuire a tenere aperto l'ombrello delle Nazioni Unite - trovi un suo spazio nella attuale congiuntura, quando cioè ci sono tutti gli estremi perché la crisi libica si trasformi in una crisi globale. I segnali vengono anche dalle frizioni registrate tra Turchia e Francia.
eni in libia
«Ritengo oggi che la Turchia conduca in Libia un gioco pericoloso e contravvenga a tutti gli impegni assunti in occasione della conferenza di Berlino», ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron due giorni fa al termine di un colloquio con l'omologo tunisino Kais Saied all'Eliseo.
Pronta la risposta di Ankara, che attraverso il portavoce del ministero degli Esteri turco, Hami Aksoy, ha fatto sapere di ritenere le affermazioni di Macron un'«abdicazione della ragione» e ha accusato senza mezzi termini Parigi di essere complice del caos in Libia, di ignorare i legittimi diritti della Turchia nel Mediterraneo orientale e di sostenere «ambizioni massimaliste», e di mettere a rischio, così facendo, la sicurezza e il futuro della Libia, della Siria e del Mediterraneo orientale.
DONALD TRUMP VLADIMIR PUTIN
Nella partita sono infine entrati con decisione gli americani, che due giorni fa - nelle persone dell'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Richard Norland, e del generale del comando degli Stati Uniti in Africa (AFRICOM), Stephen Townsend - hanno incontrato il primo ministro libico Fayez Al Sarraj e il ministro degli Interni, Ftahi Pashaga a Zuwara, nella Libia occidentale. «L'ambasciatore Norland - si legge in una nota ufficiale - ha delineato il sostegno degli Stati Uniti alla diplomazia in corso attraverso gli auspici delle Nazioni Unite per promuovere un cessate il fuoco e un dialogo politico».
gli affari di eni e total in libia
Il direttore delle operazioni di Africom generale Gering ha parlato di «Nuove evidenze sulla presenza di forze aeree russe sullo spazio libico», confermando quindi che la percezione di rischio degli americani si è alzata a tal punto da spezzare le resistenze e le ambiguità che fino ad oggi li avevano contraddistinti.
Washington tuttavia ha interesse anche a non scontentare troppo l'Egitto, ragion per cui subito dopo aver incontrato Al Sarraj la delegazione Usa è andata a Bengasi per vedere Haftar, cercando una mediazione su Sirte (il cui confine è considerato dagli egiziani «non valicabile» dall'esercito di Tripoli).
di maio
Non è chiaro in tutto questo il ruolo che dovrebbe avere Haftar, che comunque resta un interlocutore-ombra dell'intera partita. «Noi questa volta non andremo a Bengasi - dicono ancora le fonti vicine a Di Maio - anche se il dialogo con il generale resta aperto, in modo che nessun canale di contatto venga interrotto».
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