Pierpaolo Lio per il "Corriere della Sera - Edizione Milano"
antonio di fazio
La ragazza si sveglia all'improvviso, nel cuore della notte. È ancora inebetita, fatica a muoversi. Vede quell'uomo con cui ha iniziato una relazione, sopra di lei: «Mi stava versando delle gocce in bocca», racconta agli investigatori. Non può opporsi.
È solo un attimo, un flash nella nebbia di intere giornate passate in un infinito dormiveglia. Su come rendere impotenti le sue vittime, Antonio Di Fazio, il manager 50enne della Global Farma arrestato a maggio per aver drogato e abusato una studentessa di 21 anni e che ora è accusato di aver fatto altrettanto con almeno altre cinque vittime, s'era preparato a lungo.
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Le ricerche sul web erano frequenti, e antiche. Almeno dal 2016 alimentava virtualmente le sue fantasie predatorie. Digitava: «Ragazze addormentate/narcotizzate con il cloroformio». E affinava le sue tecniche sadiche.
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Le benzodiazepine le somministrava di nascosto, camuffate in un drink, un caffè, una tisana, o a seconda dell'occasione spacciate per integratori, sciroppo, fermenti lattici. Oppure, come medicinali contro il Covid.
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E quando riteneva servisse un «rinforzo», le lasciava cadere a gocce da una siringa nella bocca delle vittime che iniziavano a risvegliarsi. Negli ultimi 13 anni l'ha fatto spesso, come hanno ricostruito i carabinieri del Nucleo operativo della compagnia di Porta Monforte e del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dal pm Alessia Menegazzo e dall'aggiunto Letizia Mannella. Con almeno nove donne.
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Oltre alla studentessa 21enne, il «moderno Barbablù», come è stato soprannominato dagli investigatori, è da lunedì accusato di aver abusato di altre quattro ragazze (tutte sotto protezione, tre di origine straniera e un'italiana, che oggi hanno dai 27 ai 35 anni) e dell'ex moglie, che avrebbe anche cercato di uccidere.
A quest'elenco vanno poi aggiunte almeno altre tre vittime, che non si sono fatte avanti autonomamente e ancora in fase di identificazione. Di tutte loro conservava alcuni souvenir: indumenti intimi, e foto raccapriccianti, scattate mentre le donne erano in stato d'incoscienza.
«Il comportamento del Di Fazio, costante almeno a partire dal 2008, pare anzi progressivamente sempre più spregiudicato, pervasivo e violento, ma al contempo anche più subdolo ed affinato», scrive il gip Chiara Valori nella nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere.
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Per le ragazze la trappola scattava con offerte lavorative (stage in azienda, proposte di accompagnarlo come ragazze immagine in cene di lavoro), fatte anche via social attraverso un suo contatto nel mondo dello spettacolo.
Poi le soggiogava approfittando di un loro momento di debolezza. Il resto lo facevano le benzodiazepine. Somministrate in dosi «abnormi», pericolose. Una delle giovani s'è risvegliata dopo due giorni, ancora sdraiata seminuda sul letto a casa di Di Fazio.
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La scorta non gli mancava. In casa i carabinieri gli hanno trovato una cinquantina di flaconi di medicinali vari e una confezione vuota di Diazepam. Per rifornirsi non doveva che compilare un blocchetto di ricette in bianco, che custodiva nel suo appartamento con la firma della sorella medico.
Dopo gli abusi erano le minacce e i comportamenti persecutori a garantirgli il silenzio delle vittime. «Lasciava appositamente i suoi sigari fumati nel mio parcheggio privato», ricorda una ragazza, pedinata anche mentre era in visita al cimitero.
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«Io volevo denunciarlo ma non l'ho mai fatto perché ho sempre avuto molta paura di lui, che mi diceva di avere conoscenze molto importanti e potenti», ha riferito un'altra.
C'erano poi la pistola (finta) sempre ostentata e le amicizie «pericolose» a far desistere le giovani: «Diceva di essere una persona con conoscenze importanti, anche nell'ambito dei servizi segreti e della criminalità organizzata».
Come quel Nicola La Valle, pluripregiudicato considerato «contiguo» alla 'ndrangheta, amico di Di Fazio, che dopo l'arresto a maggio del manager s'è appostato fuori da Palazzo di giustizia per avvicinare una vittima che doveva deporre e seguendola «con lo sguardo con fare minaccioso, incutendo timore».
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Per l'ex moglie aveva invece assoldato un investigatore, a cui aveva ordinato di screditarla, mescolando di nascosto cocaina nelle bevande della donna, in modo da far cadere le accuse contro di lui e strapparle l'affidamento del figlio.
Nel 2014, i vicini se la vedono arrivare all'improvviso, sconvolta, scalza, ferita. È appena riuscita a scappare da Di Fazio, che l'aveva attirata nella vecchia casa coniugale con una scusa.
stupro 3
Là, l'aveva accecata con spray al peperoncino, immobilizzata con scotch e fascette da elettricista, colpita in testa con una chiave inglese e le aveva avvolto al collo una corda: «Da questo appartamento non uscirai più». Solo un attimo di disattenzione dell'uomo le aveva permesso di fuggire.