suicidio carcere
Massimiliano Peggio per “la Stampa”
Di fronte al giudice, tre giorni fa, si è era dimostrato sereno, collaborativo: accusato di stalking dall'ex compagna, aveva spiegato di aver violato i divieti di avvicinamento per fare un regalo al figlio minorenne. «Ho sbagliato, lo so: volevo solo consegnare una busta di denaro a mio figlio per il suo compleanno, non volevo importunare la mia ex».
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Antonio, 56 anni, autotrasportatore torinese, era in carcere dall'agosto scorso, in una cella del padiglione C del Lorusso e Cutugno. Detenuto sottoposto a misura cautelare. Tra pochi giorni, grazie a quella buona impressione fatta in udienza, sarebbe sicuramente uscito. L'altra notte, dopo aver strappato le lenzuola a striscioline per ricavarne una corda, si è impiccato alla grata della porta. Un agente della polizia penitenziaria ha trovato il cadavere al mattino, durante il controllo di routine. Prima di togliesi la vita, Antonio ha lasciato sul tavolino una lettera-testamento. «Scusatemi».
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Ieri sera c'è stata una protesta dei carcerati torinesi poi rientrata. Dall'inizio dell'anno sono 77 i suicidi avvenuti nelle carceri italiane, il numero più alto di sempre. Nel 2009 erano stati 72. «I suicidi - afferma Stefano Anastasìa, portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà - costituiscono il 51% dei casi di morte registrati in carcere nel corso dell'anno, anche questa percentuale mai così alta da inizio secolo ».
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Pochi giorni fa un detenuto, di 22 anni, originario della Repubblica Dominicana, si era tolto la vita nel carcere di Udine, in attesa di giudizio per tentato di omicidio, dopo una rissa a Trieste. A Torino, dall'inizio dell'anno si sono registrati quattro casi: il precedente, meno di un mese fa. Un giovane di origine africana, Tecca Gambe, si era tolto la vita nello steso modo, annodando strisce di tessuto strappate dalle lenzuola. Era in cella per un piccolo furto.
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Antonio era accusato di atti persecutori. «A luglio era stato arrestato una prima volta, su ordine di custodia cautelare, a seguito della denuncia della sua ex compagna - spiega il suo legale, Margherita Pessione - Dopo tre settimane trascorse dietro le sbarre era uscito ma aveva l'obbligo di non avvicinarsi alla donna. Ad agosto aveva violato il divieto presentandosi sotto casa della madre di lei: così era scattato un secondo provvedimento cautelare.
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«Ormai eravamo in dirittura d'arrivo, sarebbe stato scarcerato a breve: in sede di udienza preliminare avevano definito la situazione, chiarendo i motivi di quel comportamento. Il mio assistito poteva sembrare assillante ma, a detta della stessa donna, non si è mai dimostrato violento, testualmente non le ha mai torto un capello».
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Nelle carceri, stando alle continue denunce dei sindacati della polizia penitenziaria, la mancanza di personale è cronica: non solo per tenere a bada la violenza dei detenuti, ma anche per proteggere le loro vite in preda alla disperazione.
«Salvo poche, ammirevoli, esperienze di sostegno e accompagnamento al reinserimento sociale la grande maggioranza dei detenuti e delle detenute vive la carcerazione come un periodo più o meno lungo di abbandono e di disperazione - aggiunge Anastasìa - Il numero di suicidi ne è una drammatica testimonianza».