Estratti dell'articolo di Roberto Gressi per corriere.it
ABASCAL MELONI
Tu quoque Abascal. Che fosse Viktor Orbán a prendersi il ruolo di Casca, quello che vibra la prima coltellata, in fondo non aveva stupito nessuno. Ma Santiago poi! Lui, 48 anni, da Bilbao, lei da Roma. Fratelli, amici, gemelli. Giorgia non lo aveva certo abbandonato quando appena un anno fa aveva lasciato sul campo ben 19 seggi nella sfida persa con Pedro Sánchez.
Proprio il primo ministro spagnolo che pochi giorni prima Abascal si era augurato di veder appeso a testa in giù. La premier aveva preso il telefono per consolarlo, per dirgli di non abbattersi, che il futuro della Spagna e del continente è a destra, che la sua frenata non era altro che un incidente di percorso, l’occasione per ripartire. E prima del voto sempre lei, Meloni, si era prestata a dare man forte alla convention di Vox.
Dal palco la voce tonante dello speaker, quasi sommersa dagli applausi, la aveva presentata così: «Eccola! È la donna che ha trasformato la politica in Italia. Una speranza per tutti i patrioti, un’amica di Vox: Giorgia Meloni!». E lei non era stata da meno: «Buenos dias patriotas, voi siete il futuro dell’Europa!», convinta che la frase che Giulio Andreotti si dilettava a ripetere spesso, «La gratitudine è il sentimento del giorno prima», fosse solo un retaggio da prima Repubblica, sconosciuto alla Destra che avanza.
giorgia meloni santiago abascal - atreju
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Poi, quando si tratta di fare il discorso della vita, quello che sarà amato, criticato, trasformato in un tormentone, quello che aprirà tutte le porte, dove si va? A casa degli amici ovviamente, dal fratello di mille battaglie, Santiago Abascal. Eccola la frase lì pronunciata gridando per sopraffare gli applausi: «Tutta la nostra identità è sotto attacco, ma noi non lo permetteremo! Yo soy Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana: non me lo toglierete!».
giorgia meloni bacia santiago abascal 2
Il sostegno di Abascal era entusiasta, senza remore né pensieri nascosti: «La vittoria di Giorgia Meloni ci riempie di speranza, la sentiamo sempre vicina. Ti auguriamo ogni successo nella difesa di un’Italia sovrana, prospera e libera. Non vediamo l’ora di essere insieme nelle istituzioni europee. Lei difende la libertà, ci accompagna una persona a cui vogliamo bene e che ci vuole bene, l’abbiamo appoggiata molto e lei ha appoggiato noi».
Meloni d’altra parte mai aveva concesso spazio a chi le ricordava le iperboli di Santiago. La mancanza di remore nel definirsi reazionario. La convinzione che il riscaldamento globale sia la più grande truffa della storia. Il femminismo definito femminazi. La rivendicazione dell’Ispanosfera. Il programma di espulsione di tutti i migranti e la costruzione di muri invalicabili a Ceuta e Melilla. Le critiche a Bergoglio quando parla del dovere di accoglienza.
GIORGIA MELONI E SANTIAGO ABASCAL AD ATREJU 2023
L’idea comune insomma era anche quella di fare quadrato contro chi esagera e strumentalizza delle frasi per mantenere le cose come stanno, in mano ad elite e alla sinistra restie ad abbandonare il potere.
Certo, c’era Orbán che faceva cantare le sirene dei suoi, di Patrioti. C’era Matteo Salvini che le ascoltava, nella ricerca continua di qualcosa da tirarle sui piedi. E soprattutto c’era un gran frastuono, a destra, che rendeva più complicata la partita delle nomine. Ma appena pochi giorni fa un esponente di Vox era stato eletto vicepresidente del gruppo dei Conservatori, perché proprio questo è il momento in cui bisogna serrare i ranghi. E invece proprio lui, Abascal, le porta via i suoi sei deputati e li trasferisce, armi e bagagli, ai nuovi patrioti.
Ora Santiago saluta e promette che con Giorgia resterà una relazione strettissima. Che è come dire: ti lascio, ma ti amerò sempre come una sorella.
GIORGIA MELONI E SANTIAGO ABASCAL AD ATREJU 2023