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    È FINITA L’EPOCA DELLE SANTANCHÉ - LA NOTORIETÀ DEL MARITO NON È UNA BUONA RAGIONE PER MANTENERE IL SUO COGNOME DOPO IL DIVORZIO. NEPPURE SE CON IL NOME DELL’EX LA SIGNORA È NOTA NEI SALOTTI BUONI. LA CORTE DI CASSAZIONE RESPINGE IL RICORSO DI UNA DONNA CHE, DOPO IL DIVORZIO, NON VOLEVA A RIPRENDERE IL SUO NOME DA “SIGNORINA” - PER CONSERVARE IL COGNOME DEL MARITO È NECESSARIO ESSERE VEDOVE, SALVO POI PERDERLO SE SI CONVOLA A NUOVE NOZZE…


     
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    Patrizia Maciocchi per https://www.ilsole24ore.com/

     

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    La notorietà del marito non è una buona ragione per mantenere il suo cognome dopo il divorzio. Neppure se con il nome dell’ex la signora è nota nei salotti buoni. La Corte di cassazione (3454) respinge il ricorso della donna che, dopo il divorzio, non si poteva rassegnare a riprendere il suo nome da “signorina”, mandato in soffitta, ancora prima del fatidico sì, per barattarlo con quello del suo più famoso consorte, che rifiutava però di lasciarglielo come trattamento di fine rapporto.

     

    La luce riflessa

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    Inutilmente la ricorrente cerca di convincere i giudici dell’importanza di continuare a chiamarsi con il nome acquisito dopo le nozze. Un diritto che considerava anche nell’interesse della figlia, per il disagio che avrebbe provato nell’ambiente scolastico se la madre fosse stata costretta a presentarsi come la signora tal dei tali. Ma, pregiudizi per la figlia a parte, gli argomenti usati dalla ricorrente sono essenzialmente ”mondani”. Utilizzando il suo nome avrebbe perso certamente la luce “riflessa” che le derivava dalla notorietà del marito, nelle frequentazioni sociali. In più ai giudici la ricorrente chiedeva di tenere conto, sapendo di non poter contare su un matrimonio lunghissimo, anche del periodo di fidanzamento durante il quale si presentava già come la signora X.

     

    Solo la vedova può

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    La Cassazione non è sensibile al tema. I giudici della prima sezione civile, ricordano che per conservare, di regola, il cognome del marito è necessario essere vedove, salvo poi perderlo se si convola a nuove nozze. Negli altri casi servono delle ragioni eccezionali che sta al giudice valutare. E nel caso esaminato i giudici non trovano proprio nulla di eccezionale. La figlia si troverà in una situazione analoga a quella vissuta da tutti i figli di divorziati. E la signora, che si era sposata a 38 anni, potrà tornare al nome che utilizzava prima di incontrare il brillante marito e con il quale, vista l’età delle nozze, avrà acquisito, anche se lei per prima sembra non crederci, una sua identità. Dunque nessun diritto di ”usucapione” del nome.

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    Il pregiudizio per l’ex marito

    Mentre l’uso, anche dopo lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, malgrado l’opposizione dell’uomo, si può tradurre in un pregiudizio per l’ex marito che intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale, un nuovo nucleo familiare rendendolo riconoscibile come attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente. Quanto alle frequentazioni mondane, certamente sapranno già tutto sulle vicende della coppia.

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